1.11.07

PATRIZIA (NAYPYITAW - RANGOON (YANGON), 18/10/2007 - 26/10/2007)

18 ottobre. Il risveglio a Mektila e' prima delle 6 del
mattino. La prima citta' segnata sulla cartina dove pensiamo
gli stranieri possano sostare per la notte dista piu' di 150
chilometri. Dopo aver fatto una bella colazione a base di
pane e marmellata, saliamo in sella alla bicicletta. Ci
fermiamo a Takton a pranzo dopo 100 km percorsi. Mangiamo
del pane inzuppato nello zucchero con una frittata sopra.
Riso bollito o pasta fritta non c'e'! Mentre Claudio sta
mangiando la terza porzione di pane e frittata si siedono a
tavola con noi tre uomini birmani. Sono ufficiali che
vogliono controllare i documenti. Gli consegnamo i
passsaporti e mentre uno va a farne delle fotocopie, un
altro ufficiale ci dice che li' non possiamo sostare per la
notte e nemmeno a Piynmana (dove avevamo progettato di
dormire la sera). Ripresi i passaporti e pagato il pranzo
ricominciamo a pedalare sperando che di poter dormire in
quella citta'. Piynmana penso sia la nuova capitale
rinominata in Naypyitaw, da marzo del 2006. Sono un po'
cotta e faccio fatica ad arrivare a Piynmana. Arriviamo che
e' praticamente buio. Chiediamo indicazioni per una
guesthouse. Arrivati nella guesthouse il padrone brutto,
grasso e antipatico non ci considera e ridendo ci dice di
ritornare a Mektila. Un ragazzo ospite dell'albergo ci dice
che c'e' una zona di hotel della citta', a 15 km, dove
possono stare gli stranieri. Ha un libro con una mappa ma
non riesce ad indicarci la zona, cosi' ci accompagna da un
gruppo di motorette, dove uno si offre di accompagnarci per
4.000 Kyat (piu' o meno 2 euro e mezzo). E' tardi, buio,
abbiamo gia' fatto 154 km e siamo cotti cosi' decidiamo di
seguirlo. Ringraziamo il ragazzo, che ci lascia il libro con
le mappe della zona. Seguiamo il motorino che ci illumina la
strada. Dopo qualche chilometro percorso su una strada senza
pali della luce ed un po' dissestata imbocchiamo una strada
a quattro corsie per carreggiata tutta illuminata. Superiamo
una rotonda che Claudio definisce come la piu' "bella" del
sud-est asiatico. Intorno a noi solo costruzioni nuove. Dopo
qualche altro chilometro sul motorino del nostro
accompagnatore lampeggia la freccia destra. Arriviamo
all'ingresso di un hotel-resort allucinante. Non vediamo
ancora l'hotel ma la strada per arrivarci ci fa venire un
coccolone. Tutta illuminata di luci soffuse dentro delle
anfore. Pedaliamo a passo d'uomo come se le nostre gambe si
rifiutassero di entrare in quel posto! Arrivati all'ingresso
abbiamo paura a chiedere il prezzo. Non abbiamo "troppe"
alternative. E' gia' qualche ora che pedaliamo con il buio e
non c'e' altro posto per dormire nel raggio di 100 km.
Abbiamo gia' pedalato per 168 km e con le condizioni delle
strade birmane non sono pochi.
Probabilmente prendere un taxi (comunque non semplice da
trovare) per la citta' dopo ci costerebbe la stessa cifra.
Dopo una contrattazione non facile (ma siamo riusciti ad
averla un po' a meno) sul prezzo della stanza, ringraziamo
e paghiamo il signore che ci ha accompagnato e portiamo i
nostri bagagli in stanza. La piu' grande che abbia mai
visto. Per fortuna per cena abbiamo pane e marmellata! Non
osiamo chiedere i prezzi del ristorante dell'albergo,
altrimenti la giornata ci sarebbe costata davvero troppo.
Buonanotte!

19 ottobre. La sveglia arriva al telefono dell'albergo con
"good morning Sir" a Claudio. La colazione a buffet e'
davvero bella. Frutta, succhi, latte, muesli, marmellata,
pane, uova. Ci sono anche pasta e riso fritto, patatine
fritte e pomodori secchi di cui gli ospiti birmani e cinesi
si abbuffano. Povero stomaco! Carichiamo le bici e partiamo.
La strada fino a Toungoo e' abbastanza pianeggiante ed a
parte un tratto di strada di cemento e' come al solito,
asfaltata ma un po' dissestata ed in mezzo ai villaggi.
Siamo un po' cotti e senza energia. E' due giorni che
mangiamo come dei canarini. Dopo 120 km arriviamo a Toungoo.
Troviamo alloggio in una guesthouse molto carina, fatta
tutta di legno in mezzo ai campi. I topi la abitano! Di
notte sentiamo che "si danno di quelle cartelle" correndo
sopra il soffito!

20 ottobre. Appena alzati usciamo sul terrazzo, dove ci
viene offerta una colazione particolare ma abbondante.
Frutti locali: banane, il frutto della passione, ed altri di
cui non ricordo il nome. Pezzi di torta e frittelle fatte in
casa. Non riusciamo a commentare cio' che ci viene servito
(alcune cose squisite altre un po' meno) perche' la
proprietaria sta con noi, un po' a parlarci ed un po' a
fissarci, tutto il tempo della colazione. Mentre assaggio il
frutto della passione i muscoli del mio viso non riescono a
trattenersi e si contraggono tutti assieme senza lasciare
spazio a dubbi! E' troppo acido, come mangiare un limone!
Dobbiamo decidere cosa fare domani. Partiti da qui, possiamo
essere accettati in alberghi solo a Bago, piu' di 200
chilometri da qui. In qualche guesthouse nei posti non
permessi agli stranieri magari vorrebbbero anche ospitarci
ma non possono assolutamente, e' vietato. In un giorno
potrebbero essere anche fattibili, ma dovremmo pedalare
delle ore con il buio e non e' sicuro. Decidiamo di prendere
un pullman fino a Bago.

21 ottobre. Siamo un po' in ritardo cosi' ci impacchettano
la colazione per il pullman. Alle 7 e un quarto siamo seduti
sui sedili dell'autobus. Impieghiamo piu' di sei ore a
percorrere 200 km, ogni 10 minuti siamo fermi per caricare
qualcuno. Le nostre bici prima messe nel portabagalgli sotto
l'autobus vengono poi legate dietro. Devono caricare altre
cose sotto. Per fortuna arrivano a destinazione intatte.
Ogni sedile ha un sacchettino di plastica dove i birmani
sputano delle foglie ripiene di spezie che masticano. Sono
rossi. Se non sono in pullman sputano per terra. La strada
e' cosi' piena di chiazze rosse che se uno non sa che sono
sputi pensa sia sangue. Claudio patisce troppo l'autobus. Il
sacchettino lo usa per rigettare la colazione. Ad una delle
tante fermte un uomo sale sull'autobus e ci regala una
bottiglia d'acqua. Scesi a Bago andiamo dietro l'autobus per
slegare le bici. Due tizi con i trishaw (biciclette con due
sedili a fianco per trasportare le persone) si catapulatano
dietro l'autobus per caricare noi e bagagli. Quando si
accorgono che abbiamo le bici ci rimangono un po' male e
ritornano sotto l'albero dove riposavano. Pedaliamo solo
qualche chilometro per trovare un albergo.

22 ottobre. Veniamo svegliati il mattino alle 8 da un
ragazzo che bussa alla porta per chiederci a che ora
vogliamo la colazione e se vogliamo fare un giro con lui per
la citta' con le motorette. Claudio gli apre, e abbastanza
gentilmente (per uno che e' appena stato svegliato) gli dice
l'ora della colazione e che non vogliamo fare nessun giro.
Prima di pranzo, munito di spazzolino ed aiutato dal padrone
dell'albergo, Cla, lava le biciclette. Facciamo un giro per
la citta' in bicicletta, vediamo alcune pagode e poi ci
feriamo a fare merenda al Cafe' Hadaya. Fa delle buone torte
e paste. E' particolare, fine ma molto povero. Ricorda un
po' le osterie nei film degli anni '50. Usciamo dal cafe' e
la ruota anterioe della bici di Claudio e' sgonfia. ha
bucato. Cosi' ritorniamo in albergo in due su una sella, con
Claudio che pedala ed accompagna la bici. Chi ci vede si
mette a ridere!

23 ottobre. Pedaliamo per 90 km fino a Yangon. La strada e'
bella e pianeggiante. Giriamo piu' di due ore per trovare
una stanza. Sono abbastanza care rispetto al resto della
Birmania, per lo standard che offrono. Alla fine spendiamo
10 dollari per una stanza piccola con due lettini, senza
finestre e bagno in comune. Almeno e' pulita e silenziosa.
Questo albergo accetta solo dollari e non moneta locale
(Kyat). Yangon e' caotica, piena di gente ovunque, auto,
pullman e furgoncini, con gli autisti che gridano la
destinazione, che si fermano in ogni dove per caricare
gente, che spesso sale di corsa quando l'autobus e' gia'
partito. E' abbastanza sporca come citta'. Ci sono
bancarelle su ogni marciapiede che vednono di tutto (e
niente!). Alcune fanno da mangiare, carne e verdure al
curry, pasta fritta e delle cose indistinguibili.

24/25 ottobre. Finalmente riusciamo a collegarci ad
internet. Gli internet cafe' sono apeti. Internet e' molto
piu' economico che nelle altre parti del paese. Giriamo un
po' fra le bancarelle in cerca di alcune piccole cose che ci
servono. Yangon e' tranquilla in questi giorni. Chiediamo a
qualcuno della situazione ora e ci viene risposto cosi':
"per voi (turisti) ora e' tranquillo, per noi e' rimasto
tutto uguale". E' triste.

26 ottobre. Pedaliamo fino all'areoporto internazionale di
Yangon, dove arriviamo verso le 13.30. Passato il
metal-detector dobbiamo pagare una tassa di 10 dollari per
lasciare il paese. Al check-in ci viene chiesto di smontare
le bici. Proviamo a chiedere se possono caricarle cosi' ma
niente. Cla toglie le ruote, gira i manubri, toglie i pedali
e abbassa le selle. Leghiamo con nastri e scotch le ruote al
telaio. Passiamo lo scotch intorno ai freni, catene, pedali
e parti delicate. Speriamo le trattino bene. Decolliamo da
Yangon alle 15.50. Alle 16.30 (ora locale) atterriamo a
Calcutta. Tiriamo indietro di un'ora l'orologio.
Recuperiamo bagagli e bici e Cla le rimonta. Hanno dato un
colpo alla forcella della mia bici ma per fortuna e' solo
rigata, e hanno leggermente piegato qualche dente di una
corona davanti della bici di Cla. Chissa' con che
"delicatezza" le hanno lanciate. E' buio ma la strada
dall'areoporto al centro di Calcutta e' abbastanza
illuminata. E' abbastanza caotica, piena di gente
dappertutto ma mi sento bene. Da piu' senso di liberta'
essere in un paese dove puoi uscire senza prendere un aereo.
Arrivati in Sudder street, dove ci sono tutti gli alberghi
piu' economici e decenti allo stesso tempo, tutti cercano di
chiamarti per qualcosa da comprare o vedere. Dopo un'oretta
e visti una decina di alberghi ci fermiamo in uno in una via
piu' tranquilla. Il nome non ha a che vedere con l'albergo
(hotel Galaxi) ma ad un buon prezzo la stanza e' spaziosa,
abbastanza pulita ed ha il bagno e l'acqua calda.

Pechino - Calcutta: 10.650 km.

Siamo a Calcutta quasi da una settimana, fra qualche giorno
vi racconto un po' di questa citta'...

Patrizia

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