CLAUDIO (BIRMANIA 1, 10/10/2007)
Ciao Gente, siamo arrivati da una settimana a Calcutta con
un volo da Yangon. Avrei voluto scrivere prima ma c'era
troppo da raccontare e ci sono voluti un po' di giorni per
mettere giu' il resoconto. Abbiamo trascorso quasi un mese
in Birmania senza poter comunicare con internet, ora vi
racconto un po' di cose...
Il 3 ottobre abbiamo definitivamente deciso di andare in
Birmania, avevamo il volo il 4 ottobre. Le notizie su
internet erano confuse, notizie dal paese non se ne avevano
in quanto il governo aveva bloccato le connessioni a
internet in tutto il paese ma io avevo una gran voglia di
andare in Birmania, avevo gia' rinunciato 4 anni fa per le
frontiere chiuse e rinunciare una seconda volta era pesante.
Patrizia era un po' meno convinta ma abbiamo deciso comunque
insieme di andare lo stesso.
L'ultima notte in Thailandia e' stata drammatica, Patrizia
non riusciva a dormire, all'ultimo le e' venuta paura della
Birmania. Ci siamo ritrovati a l'una di notte a passeggiare
per Chiang Mai per farle passare un po' l'ansia e abbiamo
deciso di non partire piu', a malincuore rinunciavo la
seconda volta alla Birmania ma non potevo insistere.
Il giorno dopo siamo andati alla compagnia aerea per avere
il rimborso del biglietto in quanto non avremmo volato in
Birmania. Il rimborso lo avremmo avuto del 50% e dopo un
mese, voli da Chiang Mai per Calcutta non c'erano, tornare a
Bangkok e volare a Calcutta era troppo caro quindi....
Mancavano due ore al nostro volo per la Birmania e Patrizia
si e' fatta coraggio per andare. Via di corsa in albergo,
fatte le valige e siamo andati in aeroporto.
In aeroporto e' stato meraviglioso, abbiamo dovuto solo
sgonfiare le gomme alle bici e le avrebbero caricate senza
doverle impacchettare. Facendo cosi' non avevamo il
problema del bagaglio troppo pesante, le bici non sono
neppure passate dal check in, le hanno portate a mano
direttamente sul nostro aereo.
Non c'erano molti stranieri in coda per la Birmania, i piu'
tanti avevano cambiato le loro destinazioni per paesi piu'
sicuri.
L'aereo era da panico, uno di quegli aeroplanini da film
comici con le ruote mezze sgonfie e due eliche sulle ali.
Siamo atterrati a Mandalay dopo un'ora di volo. L'aeroporto
era semiabbandonato, e' usato solo per linee domestiche e
due voli a settimana per la Thailandia. All'immigrazione e
la dogana sono bastati pochi minuti, dentro l'aeroporto non
c'era assolutamente niente, tutto lasciato all'abbandono.
Abbiamo preso un taxi per raggiungere Mandalay, era troppo
tardi per percorrere 45 km per raggiungere la citta'. Al di
fuori dell'aeroporto c'era un consorzio di tassisti, uno
gestiva i prezzi e poi assegnava il taxi piu' addatto... Con
17 dollari ci hanno caricato a noi e le bici in un taxi
marcio e abbiamo raggiunto la citta' in un ora. Eravamo
tutti e due seduti sul sedile davanti, il resto era occupato
dalle
bici e dai bagagli.
Sono bastati pochi chilometri per notare la differenza dello
standar di vita tra Thailandia e Birmania. Il salto di
qualita' verso il basso e' notevole.
Raggiunta Mandalay ne abbiamo avuto la conferma. I mezzi che
circolano per strada sono vecchie macchine degli anni '80,
la maggior parte con la guida a destra anche se il senso di
marcia e' uguale a quello italiano. Le macchine sono state
importate
dall'India e dalla Thailandia. Alcuni usano carretti
trainati da cavalli in molti usano trasporti pubblici che
sono in maggioranza furgoni allestiti per trasporto persona
o pick up dove la gente si ammucchia come puo'.
La citta' e' sporca e non offere niente di che', alcuni
vivono sul marciapiede e per lavarsi usano delle vasche in
cemento piene d'acqua posizionate in alcuni angoli della
citta'.
La gente veste in maniera tradizionale, gli uomini indossano
delle lunghe gonne che gli arrivano alle caviglie, solo in
pochi indossano pantaloni. Come in India masticano degli
impasti di foglie che sputano continuamente macchiando di
rosso marciapiedi e strade. Abbiamo rischiato piu' di una
volta di essere presi da uno sputo. Lo fanno tanto
spontaneamente che non badano a chi passa.
La maggior parte delle della gente, uomini, donne e bambini
dipingono la loro faccia con degli impasti bianchi.
Disegnano le guancie, il naso e a volte la fronte. Lo fanno
principalmente per il sole ma lo usano anche come ornamento.
I birmani sono persone squisite, sono molto gentili e
amichevoli. Per porgere la roba verso qualcuno fanno un
inchino in segno di rispetto, piu' o meno come i nepalesi.
La
religione piu' diffusa e' il buddismo, seguita dai
mussulmani, indu e una piccola percentuale di cristiani.
Molti di loro sono arrivati da alcune generazioni dai paesi
confinanti cosi' ci sono persone con gli occhi a mandorla e
altri che assomigliano molto agli indiani.
Ci alloggiamo in una guest house dove non facciamo neppure
in tempo a chiedere il prezzo che appena siamo scesi dal
taxi ci hanno assaltato prendendo le bici e i bagagli e
portate in reception. La caccia allo straniero in quel
periodo era di vitale importanza. E' l'unica fonte di
sostentamento per una guest house.
Il pomeriggio abbiamo girato per la citta' e dopo pochi
minuti che camminavamo abbiamo conosciuto un tipo, Moris, un
tizio che aveva un negozietto di marionette e gioielli.
Cambiamo i soldi da lui, non ci sono bancomat nel paese da
quando il governo ha fatto chiudere tutte le banche
straniere in Birmania. Moris ci ha fatto il cambio migliore
per i nostri dollari. Ci ha raccontato qualcosa della
situazione attuale del pese, tutti gli internet sono
bloccati e non c'e' uno straniero a pagarlo. Ci ha portato
nel suo negozietto a cambiare i dollari e cercava di
venderci qualcosa e diceva: "capite, prima passavano piu'
stranieri ed era facile prendere qualche pesce, ora non ci
sono pesci, ci siete solo voi due..." .
Siamo rimasti due giorni a Mandalay giusto per "capire" il
paese e organizzarci un po' prima di pedalare verso sud. Nel
pomeriggio del giorno seguente abbiamo conosciuto un
tassista, ha fatto il possibile per portarci in giro col suo
taxi.
Abbiamo fatto un giretto di un paio d'ore tra laboratori di
artigiani che costruiscono marionette, il mercato dei
gioielli
dove lavoravano le pietre con dei macchinari dell'antiguerra
e una pagoda non lontano dal centro.
Girando col taxi abbiamo visto dei militari che dormivano
all'ombra sotto il loro camion, altri in infradito sotto gli
alberi e delle barricate di filo spinato pronte all'uso al
bordo della strada.
Non avevamo granche' voglia di fare il giro col taxi ma non
sapevo dire di no al tassista. Sono in una condizione
disperata, ad agosto la giunta ha avuto la bella trovata di
aumentare il carburante del 200% mandando alla rovina molte
persone e sopratutto chi faceva il tassista che si e'
ritrovato da un giorno all'altro senza nessun cliente.
Aumentando di cosi' tanto il carburante per forza di cose
hanno dovuto aumentare il prezzo della corsa rimanendo pero'
senza clienti.
Ci chiedeva per piacere di fare un giro sul suo taxi, "non
vi chiedo l'elemosina, vi chiedo solo di fare un giro almeno
compro da mangiare per la mia famiglia", era da tanto che
non aveva un cliente quel poveretto.
Sul taxi ci ha raccontato un po' delle proteste, del fatto
che tanta gente come lui non ha partecipato per paura,
perche' se non fosse piu' tornato a casa suo figlio e sua
moglie avrebbero avuto una vita troppo difficile. Tanta
gente avrebbe voluto manifestare e tanta gente lo ha fatto
ma alcuni sono morti e la gente aveva paura di perdere quel
poco che gli era rimasto.
Interessante veder costruire le marionette, la Birmania
e' il paese delle marionette, gli artigiani le costruiscono
e poi le appendono per il collo per esporle nei loro negozi.
In questo periodo le marionette sono piene di polvere, tutte
appese per il collo come degli impiccati.... alle volte la
Birmania mi e' sembrato il paese della tristezza, c'e' tanta
ingiustizia chiusa li dentro, chiusa tra due frontiere che
non apriranno ancora per molti anni e a nessuna potenza
occidentale frega una sega di quello che sta succedendo. Ci
fosse stato il petrolio come in Iraq la democrazia
l'avrebbero gia' importata da anni ma con le poche risorse
che ha la Birmania non ne vale pena....
Prima di partire da Mandalay abbiamo incontrato Moris per
cambiare altri dollari, questa volta ci ha portati da un suo
amico, da un suo amico ricco diceva... arrivati alla sua
porta si e' messo a gridare " hey amico ricco due stranieri
vogliono cambiare 300 dollari!!!". Probabilmente ci ha
sentito chiunque in citta'... Abbiamo cambiato i soldi
seduti nel suo garage come quattro contrabbandieri. L'amico
ricco esportava delle gomme dell'acqua in Malesia, quando e'
arrivata la moglie aveva in mano 10 mazzette di soldi che
abbiamo dovuto imboscare anche nelle mutande per tornare in
albergo.
Il 6 ottobre si comincia a pedalare, partiamo abbastanza
presto ma prima di uscire dalla citta' siamo obbligati a
fermarci al bordo della strada. La polizia bloccava il
traffico per lasciare libero spazio ai militari che dovevano
transitare. Sono passati diversi camion con i militari in
tenuta d'assalto. Non era una cosa rassicurante visto che
andavamo entrambi nella stessa direzione.
Nella periferia della citta' era un via vai di biciclette,
tutti lavoratori che si recavano nelle fabbriche o nelle
officine fuori dalla citta'. Tutti trasportavano la loro
gavetta con riso e altri condiomenti. Per alcuni di loro noi
eravamo un'insulto al loro orgoglio quando li sorpassavamo e
cosi' cominciavano le gare che finivano con un loro sorpasso
prima di fermarsi e guardarci come due sconfitti...
Le nostre bici sono due mezzi inesistenti nel paese, molta
gente era allibita a guardarle e sorpassare due mostri del
genere era un emozione troppo grossa per essere sorvolata.
La strada ha costeggiato per molti chilometri la ferrovia
dove transita raramente un treno a gasolio con pochi
vagoni. Lungo la strada circolano sopratutto camion e
autobus anche se la maggior parte di quelli e' stata
soppressa per l'aumento del carburante. Stazioni di servizio
in Birmania saranno 5 o 6, il resto del rifornimento e' in
taniche e bottiglie esposte lungo la strada in qualche
baracca di legno.
Dopo 50 km abbiamo raggiunto Kyaukse, una piccola citta'
dove abbiamo mangiato e deciso di passare la notte perche'
la citta' successiva era troppo distante da raggiungere in
giornata. Alla prima guest house che abbiamo chiesto la
risposta e' stata un secco NO. Ne abbiamo girate altre due
ma la risposta non e' cambiata, anzi, uno ci ha detto
"nessun straniero puo' dormire qui, non abbiamo il permesso
per accettarvi". Siamo andati alla stazione di polizia dove
abbiamo chiesto aiuto ed era meglio non andare. Ci hanno
accompagnato alla stessa guest house che eravamo stati a
chiedere pochi minuti prima ma la risposta non e' cambiata.
Ci hanno riportato in caserma e fatto attendere mezz'ora per
poi dirci "tornate indietro a Mandaly che qui non potete
stare, e' un ordine". Lo avrei mandato a cagare anche se
tutto sommato loro non avevano nessun potere.
E' stato frustrante fare 100 chilometri e ritrovarsi
un'altra volta a Mandalay. I piu' felici erano quelli della
guest house che ci hanno ringraziato per essere tornati a
dormire da loro...
Per consolazione ci siamo mangiati un doppio gelato al Nylon
Ice Cream di Mandalay, l'unica cosa di decente in quella
grigia citta'.
Il 7 ottobre ci siamo alzati ancora prima per poter
percorrere 160 km e raggiungere Mingyan, una citta' dove ci
avrebbero accettati a dormire.
Ripassando per la stessa strada abbiamo oltrepassato
un'altra volta Kyaukse e raggiunto il bivio per Mingyan dove
abbiamo pranzato. Il pasto e' stato molto misero, una
ciotola di riso bollito e altre ciotoline, ognuna contenente
una salsa, carne e verdure. Tutto solitamente troppo
piccante per il nostro palato.
Dalla strada bella siamo finiti in una stradina asfaltata
che abbiamo percorso per altri 90 km. Una misera striscia di
asfalto dove ogni volta che incrociavamo un camion dovevamo
uscire fuori strada perche' in due non passavamo.
Il paesaggio era monotono, risaie e paludi che la stagione
delle piogge regala. In quelle paludi la gente fa il bagno,
lava le pentole, le macchine e i vestiti.
Non sempre la stagione delle piogge e' una cosa fastidiosa.
Hanno molto rispetto per l'acqua, e' un dono dal cielo anche
se gli allaga la casa o gli crea disagi notevoli. Ad esempio
per noi e' una maledizione, pedalare sotto l'acqua e' troppo
fastidioso, viene male al sedere che sfrega nei
pantaloni...sorvoliamo il discorso dei maroni che patiscono
notevolmente bagnati...
Le case al di fuori delle citta' sono di legno, solitamente
palafitte per il discorso dell'acqua. Sono davvero rare le
costruzioni di cemento fuori dai centri abitati.
Col fatto che hanno ridotto il transito di autobus e altri
trasporti pubblici moltissimi si spostano in bicicletta e
chi puo' da passaggi a qualcuno trasportandolo sul
portapacchi. Alcune volte ci e' capitato di essere fermati
da qualcuno con la speranza che lo portassimo a casa.
Sembrava maleducazione ma abbiamo ovviamente sempre
rifiutato, ne abbiamo abbastanza del nostro peso...
Col buio abbiamo raggiunto Mingyan, 168 km per Patrizia sono
stati davvero devastanti. Un tizio in bicicletta ci ha
aiutato a trovare una guest house per passare la notte e
nonostante fosse cara e' stata una benedizione poter avere
un letto per la notte.
La cena e' stata misera come il pranzo, forse peggio ma non
avevamo molte alternative. Fortuna abbiamo trovato delle
mele che ci hanno riempito un po' la pancia altrimenti era
drammatica.
Abbiamo condiviso la stanza con un topo che per fortuna non
ha assaltato la borsa coi biscotti e il latte. Probabilmente
era un topo raffinato o magari conosceva i biscotti e
sopratutto il latte... La colazione era uno schifo, latte
acido e biscotti abominevoli...bel modo di cominciare la
giornata.
Per raggingere Bagan abbiamo percorso 70 chilometri di cui
50 sterrati. Per arrivare a quella citta' gli autobus e i
camion percorrono un'altra strada asfaltata ma molto piu'
lunga. La strada sterrata costeggiava la ferrovia
attraverso un paesaggio stupendo. Alcuni ponti sui fiumi
erano in comune con la ferrovia, attraversavamo il ponte in
mezzo ai binari. Dove non c'era il ponte attraversavamo il
fiume in secca e molte volte siamo stati costretti a
spingere la bici a mano che affondavano nella sabbia.
Lungo quella strada incrociavamo villaggi di capanne, palme
e buoi presenti in ogni angolo della Birmania. I piu' poveri
si spostano con carri trainati dai buoi, quelli un po' piu'
ricchi hanno un cavallo e i capitalisti un motorino.
Per pranzo abbiamo trovato solamente 8 banane, e' stata
comunque una benedizione avere qualcosa da mangiare. Lungo
le strade in Birmania prima di raggiungere una citta' e'
posizionato un pedaggio ovviamente gratis per le biciclette.
Niente di futuristico, una sbarra con un birmano che la alza
e l'abbassa per far passare i mezzi.
Raggiunta Bagan abbiamo trovato una guest house con l'aiuto
di una signora che ci ha accompagati. La gente e' sempre
disponibile ad aiutare stranieri, alcuni lo fanno per
qualche moneta ma la maggior parte lo fa per piacere.
In citta' e' obbligatorio pagare 10 dollari che vanno nelle
tasche del governo, e' una zona sacra dove si trovano oltre
4000 templi
buddisti.
Rimaniamo fermi un giorno per visitare tutta la zona, un
percorso di 34 chilometri attorno ai templi. In ogni templio
togliamo le scarpe per visitarlo all'interno e in alcuni era
vietato fare foto e riprese. Alcuni templi in mezzo alla
steppa erano nidi di pipistrelli che avevano l'imbarazzo
della
scelta di dove abitare. In serata abbiamo raggiunto un
templio da dove c'era una vista incredibile di tutta la
zona. Templi a perdita d'occhio a 360 gradi. Abbiamo atteso
il tramonto con tutta la gente che cercava di venderci
dipinti, cartoline o altri souvenir. Altri cercavano di
barattare le nostre bici con il loro motorino o altre cose
che ci potessero interessare. Altri insistevano per farci un
giro ma sinceramente di farmcela spaccare in uno stato dove
parti di ricambio per biciclette non esistono sarebbe stato
da matti.
La sera abbiamo controllato la mappa e chiesto informazioni
in
guest house per organizzare bene o male la tappa per il
giorno dopo. In un paese normale non sarebbe necessario ma
in Birmania e' d'obbligo informarsi bene prima di ripetere
un'altro avanti e indietro come il primo giorno. La gente e'
comunque molto incerta di quello che possiamo trovare lungo
la strada, molti non sono a conoscenza che la maggior parte
degli alberghi non accetta stranieri.
La mattina prima di partire un ragazzo ci conferma che a
Kyaukpadang, una citta' a 50 chilometri da Bagan, si puo'
alloggiare senza problemi.
Il 10 ottobre ripartiamo verso sud.
Continua...
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