17.11.07

CLAUDIO (CALCUTTA-VARANASI, 14/11/2007)

Ciao Gente, siamo in un internet cafe' nei vicoli di
Varanasi, la citta' sacra sulle rive del fiume Gange.

Abbiamo impiegato una decina di giorni per raggiungere la
citta' fermandoci un paio di giorni lungo la strada. Uscire
da Calcutta non e' stato poi cosi' traumatico, solo 14
chilometri di periferia incasinata. Una volta imbroccata la
strada giusta e schivata qualche vacca che pascolava in
mezzo alla spazzatura ci siamo trovati fuori dalla citta'
sulla strada per Varanasi.

Negli anni le cose sono cambiate, nel 2003 c'era una misera
strada piena di buche mentre ora hanno costruito una strada
a due careggiate. Stanno costruendo dei caselli, alcuni sono
gia' in funzione mentre altri lo saranno a breve. La nuova
strada dovrebbe arrivare fino a New Delhi.
Dopo pochi chilometri che pedalavamo la bicicletta di
Patrizia ha avuto un problema alla gomma davanti. Si era
formata una bugna e la ruota saltellava. Ho risolto il
problema sgonfiando un po' la gomma, dopo saltellava un po'
meno... E' impensabile trovare una gomma decente in India,
dovrebbe reggere fino in Nepal dove sistemeremo un po' le
bici per proseguire il viaggio.

Lungo la strada abbiamo spesso incrociato degli hotel dove
si fermano molti camionisti a riposare. Sono delle piccole
costruzioni di cemento che fanno da ristornatino, hanno dei
letti costruiti con telai di legno e corda intrecciata dove
alcuni trascorrono la notte. Molte volte il locale e'
talmente piccolo che i letti li mettono fuori nel piazzale
sterrato.

Non molti chilometri dopo Calcutta comincia la vera India,
quella caotica, quella piena di spazzatura e vacche che
pascolano tranquillamente in mezzo alla strada. Intralciano
il traffico e rischiano di causare incidenti ma sanno di
essere sacre e se ne approfittano. Circolano tranquillamente
anche le capre e galline, non sono sacre ma rompono le balle
anche loro.
Le gare in bicicletta sono una costante di questo paese,
ogni volta che incrociavamo qualcuno era la stessa storia,
ci sorpassava e risorpassava finche' con uno sprint finale
ci bruciava e girava nella via di casa sua guardandoci come
due sconfitti. Morire che qualcuno capisse che noi non
gareggiavamo ma semplicemente pedalavamo al nostro passo.
Per loro le nostre bici sono una novita'. Costruiscono
ancora biciclette coi freni a bacchetta e tubi incastonati
come 40 anni fa in Italia, si chiamano Hero Jet, un nome
piu' azzeccato non lo hanno trovato.
Ogni volta che ci fermavamo a mangiare le nostre bici erano
torturate dalla curiosita' indiana. Abbiamo preso il vizio
di fasciare le leve del cambio con dei sacchetti di nylon,
facendo cosi' non hanno la tentazione di toccarlo.
E' una cosa incredibile, vogliono toccare tutto quello che
vedono, nonostante gli dicessi di non toccare il cambio lo
schiacciavano comunque. Non ho mai capito se era per
dispetto o se proprio non resistevano alla tentazione.

Sulle facciate delle case costruite vicino alla strada o sui
muretti dipingono le pubblicita' e insegne. Facendo
cosi' risparmiano sui cartelli e sulla carta dei manifesti.
Nei villaggi o lungo la strada il pranzo e' quasi sempre
misero. Troppe volte piccante e speziato oppure riso e Dal,
una salsina di ceci ben poco calorica. Quando possiamo nelle
citta' mangiamo pasta fritta e butter roti (pane non
lievitato e burro), non sara' la fine del mondo ma almeno ci
riempiamo la pancia. Con la dieta indiana abbiamo gia' perso
qualche chilo.

La prima notte l'abbiamo trascorsa in un'hotel di "lusso"
lungo la strada. Abbiamo rotto tanto le balle con lo sconto
e siamo riusiti a strapparlo per 6 euro. Un po' caro ma era
ormai buio e non sapevamo dove trascorrere la notte.
La mattina sia la guardia che il ragazzo dell'albergo
volevano qualche soldo. La storia e' sempre la stessa, ci
raccontavano di difficolta' famigliari o che non avevano
soldi per mangiare. Se avessimo dato una moneta ad ogni
persona che ce l'ha chiesta saremmo gia' senza un soldo.

Lungo la strada e' sempre la stessa storia, non ci sono
regole, non c'e' un codice della strada, si va a istinto.
Sulle motorette viaggiano in tre o quattro, dipende dalla
loro stazza, piu' ce ne stanno e meglio e'! Transitano
carretti, carri trainati dai cavalli, bus carichi di gente
anche sul tetto col clacson perennemente schiacciato in
cerca di clienti, ognuno pensa a se, circolano
tranquillamente contro mano e ogni tanto ci scappa un
frontale. Molti non hanno ancora capito l'utilita' della
strada a due carreggiate. Qualcuno dovrebbe spiegare a cosa
serve lo spartitraffico. Nelle citta' lo spartitraffico e'
la casa di molti poveri, montano delle tende con degli
stracci recuperati nella spazzatura. Altri allestisono un
negozietto ambulante, molti barbieri allestiscono il loro
negozio, una sedia e un paio di forbici...non serve di piu'.
Alcune vacche si stendono a riposare in mezzo al delirio di
clacson e caos indiano. Lo spartitraffico e' anche usato per
stenderci le cacche delle vacche a secare. Una volta secco
viene usato al posto del carbone per cucinare sulle stufe a
legna.
I poliziotti che cercano di dirigere
il traffico, o meglio, dare un senso al traffico, fanno
tenerezza. In pochi li considerano, ogni incrocio puo'
diventare un'odissea uscirne vivi. Le piu' tante volte e'
divertente, si ci incastra come un puzzle e per fare 50
metri ci vogliono 10 minuti. Non si riesce neppure a passare
con la bici.

Le officine lungo la strada sono divise per categoria di
mezzi di trasporto. Alcune riparano le Api Piaggio (in India
c'e' pieno e le usano da taxi), altri le moto, i camion e le
macchine. Le officine in se sono solo dei ripostigli per gli
attrzzi, i mezzi li riparano per strada. I laghi d'olio sono
le insegne delle officine!
I camion sono solitamente motrici Tata appesantite dalle
decorazioni che ci attacano. Costruiscono delle ringhiere
sui paraurti, delle terrazze di legno sul tetto usate per
trasportare persone o capre all'evenienza. Sui parabrezza
attaccano molti adesivi e stendardi riducendo del 50 per
cento la visiblita'.
Camion conciati peggio che in Pakistan pero' non ne ho
ancora visti.

Gli indiani sono un po' spacca maroni ma non mi
dispiacciono, molte volte cercano di aiutarci e gli piace
parlare con gli stranieri.
Si vestono normalmente, pantaloni e maglietta o camicia
mentre le donne usano delle lunghe tuniche colorate, oppure
vestiti piu' particolari sempre molto colorati. Molti
indiani ci tengono ad essere vestiti bene, sempre curati e
indossare annelli d'oro e catenine ed e' paradossale vederli
camminare in mezzo a tanta spazzatura.
Ogni tanto passa qualche ruspa che raccoglie la spazzatura e
la carica sui camion. Solitamente i mucchi di spazzatura
prima vengono setacciati dalla gente povera che cerca
qualcosa di ancora utilizzabile.

7/11/2007, uno dei pasti peggiori in India, 3 somosa (tipo
panzerotti ripieni)per uno mangiate in piedi sotto una
baraca. Erano troppo piccanti ma non c'era altro da
mangiare. Ricominciare a pedalare e' stato drammatico. La
sera abbiamo raggiunto una citta' caotica (come tutte le
citta') e ci siamo alloggiati in un albergo dopo la solita
trattativa.
Solitamente prima delle citta' finisce la Super strada e poi
riprende pochi chilometri dopo. In mezzo alle citta' si
forma sempre il solito deilirio.
Tra qualche anno faranno delle circonvallazioni e le citta'
diventeranno un po' piu' vivibili.

Lungo la strada per Varanasi abbiamo fatto una sosta a
Bodhgaya, il piu' grande centro di pellegrinaggio buddhista
al mondo. Alcuni mesi all'anno il Dalai Lama risiede in
quella citta'. La sua casa non era molto lontana dalla
nostra guest house. Nel mese di ottobre e novembre molti
monaci tibetani visitano la citta', e' il periodo di un
grande festival e i monaci da tutto il mondo raggiungono
Bodhgaya. Nella citta' hanno costruito molti templi,
thailandese, cinese, giapponese, birmano, tibetano, del
butthan, laotiano vietnamita e molti altri ancora.
Nella citta' ci sono centri di meditazione, in molti vanno
nella citta' per imparare la meditazione di Vipassana. Ci
sono molte teorie che anche Gesu' sia venuto in India ad
imparare Vipassana ma queste sono altre storie.

Durante il festival i negozi facevano affari d'oro vendendo
i petardi. Anche durante le notte non smettevano un'attimo
di farli scoppiare.

Eravamo in una guest house appena ristrutturata ma alcune
cose erano gia' in decadenza. Ero sceso di notte a fare
pipi' e quando sono uscito dal bagno mi e' quasi passato sui
piedi un ratto. Alle tre di notte far uscire un topo dalla
stanza non e' stato proprio divertente. Lo avrei lasciato in
camera ma mentre cercavo di riaddormentarmi l'ho sentito che
si arrampicava sul letto.
Fosse stato piccino lo avrei lasciato in camera ma era
troppo grosso e
si sentiva quando galoppava dentro la stanza. Sara' stato di
fogna...boh?

Dopo un giorno di sosta ci siamo spostati a Gaya, solo 12
chilometri di pedalata. E' stato un ritorno in India,
Bodhgaya era una citta' ricostruita per il turismo mentre
Gaya e' India al cento per cento.
Non c'era molto da vedere, un solo tempio Hindu dove solo
loro potevano entrare. Nel fiume, una scalinata sotto al
tempio, svolgono le cerimonie funebri hindu. Trasportano i
cadaveri con dei trattori decorati e poi portati con delle
barelle di bamboo vengono stesi sulle cataste di legna e
bruciati per ore. Una volta spento il fuoco le ceneri
vengono gettate nel fiume, un affluente del sacro Gange. I
cadaveri sono decorati con delle sete colorate e ghirlande
di fiori, i corpi delle donne invece hanno solo una seta
bianca. Prima di bruciarli i parenti fanno un rito attorno
al corpo, si lavano nel fiume e si rasano a zero lasciando
un solo ciuffo dietro la nuca.

Nessuno piange perche' credono fortemente nella loro
religione, mica come noi...

Molti bambini lavoravano in quella piattaforma di cemento a
bruciare morti, alimentavano il fuoco quando stava per
spegnersi e spostavano legna per preparare una nuova
cerimonia. In un'oretta che siamo rimasti sono arrivati tre
morti.

A Gaya la corrente elettrica e' un vero disastro. Chiunque
si attacca abusivamente ai pali della luce fregando corrente
col risultato che la citta' e' perennemente in black out. I
generatori sono accesi almeno 15 ore al giorno, il trambusto
nelle vie del centro e' assordante.
La citta' e' invasa dagli insetti attirati dalla spazzatura.
Attorno ai lampioni e' uno sciame enorme di zanzare e
moscerini.

12/11/2007, siamo ripartiti da Gaya, alla bicicletta di
Patrizia ha cominciato a muovere il movimento centrale ma
dovrebbe reggere senza problemi fino in Nepal. Mi sa che in
Nepal spendiamo un patrimonio a risistemarle!
Nei due giorni per raggiungere Varanasi le gare non sono mai
mancate. Un ragazzo per far vedere che ci sorpassava senza
problemi andava addirittura senza mani.... Cercava di fare
il disinvolto ma sulle salite soffriva come una bestia. Nel
pomeriggio mi sono preso una piccola rivincita con un
indiano, ho cominciato a fare le gare anch'io e quando
cercava di superarmi acceleravo e non riusciva a starmi
dietro. Non per altro, ma almeno uno che sappia che non
siamo delle mezze seghe.
Lungo la strada abbiamo incrociato dei pastori che
rientravano a casa con una carovana di dromedari. Patrizia
ha fatto una foto e il proprietario ci ha perseguitato per
avere dei soldi che non gli abbiamo dato. Ogni motivo e'
buono per chiedere soldi agli stranieri.

La sera Abbiamo attraversato il ponte piu' lungo in India,
tre chilometri e mezzo su un fiume in secca. Al di la del
ponte ci siamo alloggiati in un albergo, uno dei pochi della
citta'. I proprietari ci hanno prima mandato alla polizia a
registrarci che abbiamo trovato grazie all'aiuto di un
ragazzo che ci ha accompagnati. Gli ufficiali erano gentili,
ci hanno fatto un po' di domande e poi offerto il the. Il
ragazzino che ci ha portato il the era in dubbio se darlo a
Patrizia, poi con un cenno dell'ufficiale le ha dato il the.
Non sono abituati a condividere certe cose con le donne,
quelle sono cose da uomini! Il the lo servono in dei
bichieri
di terracotta e una volta bevuto lo tirano da qualche parte,
tipo usa e getta.

13/11/2007, convinti di fare 120 chilometri ne abbiamo fatti
160 e raggiunta Varanasi di notte. A pranzo e' stato un
trauma, io ho mangiato una sola somosa, troppo piccante per
il mio palato. Avevo le lacrime agli occhi a mandare giu' il
boccone. Eravamo seduti in una panca al centro della citta'
e attorno a noi c'erano una trentina di persone inebetite a
fissarci mangiare. Le bici erano sommerse dalle persone che
dovevano toccarle e capire come funzionavano. Il traffico
era paralizzato dalla gente che doveva fissarci. Ho spostato
le bici e messe il piu' vicino possibile a noi per poterle
vedere ma gli indiani ormai c'erano entrati anche nelle
orecchie. Pazienza la privacy ma almeno ci lasciassero
respirare!!!
A gomitate siamo riusiti a oltrepassare la folla e tornare
sulla strada.
Pochi chilometri dopo ci siamo fermati a mangiare due
biscotti e siamo poi ripartiti per Varanasi.
Gli ultimi chilometri ero cotto con la febbre a 38 ma non
c'era un buco di paese dove trascorrere la notte, l'unico
segnato sulla mappa era inesitente. Abbiamo raggiunto
Varanasi e trascorso due notti per ripigliarmi in un albergo
vicino alla stazione.
Una volta ripreso ci siamo spostati in centro nei vicoli di
Varanasi.

Trascorreremo una settimana nella citta' sacra, ci sentiamo
tra qualche giorno!!

Ciao a Tutti!

Claudio

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