CLAUDIO (KATHMANDU, 30/11/2007)
Ciao Gente, siamo in un internet cafe a Thamel, il centro di
Kathmandu.
22/11/2007. Abbiamo impiegato 7 giorni ad arrivare qui da
Varanasi.
Siamo usciti lentamente dai vicoli della citta' sacra
spingendo le biciclette a mano. Ci ha rallentato ancora di
piu' un toro che passeggiava tranquillo ed era difficile da
sorpassare visto la sua stazza! Alle mucche solitamente
tirano la coda per farle spostare ma per i tori c'e' piu'
rispetto...se si incazzano guai!
Per uscire dal traffico della citta' abbiamo chiesto molte
volte le indicazioni, ovviamente per molti suonava strano
pensare di raggiungere il Nepal in bici.
La strada per il Nepal non e' certo bella come da Varanasi a
Calcutta. Quella non e' cambiata, una strada ad una sola
careggiata dove i mezzi procedono a zig zag per evitare le
buche.
Raggiunti i villaggi e le citta' lungo la strada e' il
delirio del traffico, clacson, bici, mezzi contro mano,
motorette che si infilano ovunque, gente che sbraita e
mucche che con tutta tranquillita' pascolano in mezzo alla
strada. I trasporti piu' poveri li fanno coi carri trainati
dai buoi, alle volte tanto carichi da ribaltarsi. Quando
succede il loro sfogo di rabbia va contro il bue che povera
bestia non ha nessuna colpa.
Nella prima citta' che abbiamo attraversato il traffico era
paralizzato da un corteo in mezzo ad un incrocio. Le code di
camion e bus erano chilometriche ma nessuno si osava ad
attraversare l'incrocio. Grazie ad un ragazzo siamo riusciti
ad oltrepassare la manifestazione. Lo abbiamo seguito e
mentre pedalavamo ci diceva "indian road". Infatti... la
stradina alternativa attraversava i binari e bisognava
caricare le bici in spalla per oltrepassarli ma in pochi
minuti eravano sulla nostra strada.
Moltissimi indiani sono davvero cortesi, l'approccio e'
sempre strano, cominciano a rompere i maroni ma poi
risultano davvero molto operativi.
La prima sera abbiamo raggiunto Moa, una citta' a 120 km a
nord di Varanasi. Siamo arrivati col buio e dei ragazzi ci
hanno aiutato a trovare una sistemazione per la notte
scortandoci con le loro biciclette. L'albergo era sporco e
inquietante ma per passare la notte andava bene.
Il giorno dopo abbiamo pedalato per 100 chilometri e
raggiunto Gorakpur.
La strada era una continua salitina verso le montagne, pian
piano ci avvicinavamo all' Himalaya.
Lungo la strada abbiamo visto le prime due scimmie di razza
diversa da quelle che avevamo incrociato fino a quel
momento. Scimmie piu' grosse, un po' piu' belle e con la
coda lunga. Erano in periferia di un villaggio,
probabilmente vivevano di sciacallaggio.
Il pranzo della giornata era stato migliore della giornata
precedente. Solitamente a pranzo siamo stati sempre
sfortunati mangiando somosa troppo piccanti mentre quel
giorno avevamo delle pakora di patate (tipo patate impanate
fritte).
La periferia di Gorakpur era il solito traffico indecente e
incasinato. In un incrocio Patrizia ha fatto una bella
caduta fortunatamente senza nessun danno a lei e alla bici.
Per schivare una bici che le stava venendo addosso e' finita
a terra. Il corteo di gente attorno a godersi la scena non
e' mancato, nessuno ha mosso un dito ma qui funziona cosi'.
Non per cattiveria ma ognuno pensa per se, si vive meglio
cosi'.
Per la notte abbiamo trovato una sistemazione in centro, una
bella guest house con un cortile dove sugli alberi vivevano
molte scimmie. Nel cortile c'erano anche dei tipi loschi,
malavitosi all'apparenza. Continuavano a chiamarci e visto
che noi non li consideravamo loro sono venuti da noi. Uno
aveva una fotocopia di una banconota della Jugoslavia e mi
chiedeva se era valida o no. Io ho risposto col sorriso che
la Jugoslavia non esiste piu' ma la risposta non li
convinceva. Mi continuavano a dire se era valida la
banconota dai numeri di serie e visto che non ci mollavano
ho detto a loro di stare tranquilli che la banconota era
valida! Dopo erano contenti e se ne sono andati... Gli
avevano troppo bidonati!
A Gorakpur e in molte citta' sulle rive dei fiumi svolgono
sempre le cerimonie funebri Hindu. E' molto piu' economico
farsi bruciare in una piccola citta' piuttosto che a
Varanasi anche se molti preferiscono ovviamente la citta'
sacra.
24/11/2007, ultimo giorno in India.
Lungo la strada per il confine abbiamo attraversato
chilometri di foresta popolata da molte scimmie. Erano della
stessa razza di quelle che vivono a Varanasi ma non erano
molto amichevoli quelle. Bastava passarci vicino con la bici
che mostravano i denti e facevano cenno di attaccarci. Le
scimmie se fossero appena piu' intelligenti e formassero una
banda conquisterebbero l'India scacciando l'uomo. Se si
incazzano fanno paura.
L'ultimo pranzo in India e' stato peggio del solito, impasto
delle somosa e due the. Il proprietrio ha pure cercato di
fregarci con l'aiuto del socio tanto arguto che alla fine
noi abbiamo fregato lui.
Alla frontiera e' stato piu' rapido di quello che ci
immaginavamo. La parte indiana era un piccolo ufficio con
una scrivania e un'ufficiale simpaticissimo che ci ha
timbrato i passaporti e scherzato sul fatto che non avevamo
figli. Per lui non aveva senso stare insieme e non averne.
La parte nepalese e' un po' piu' carina, un edificio non
molto accogliente ma molto meglio di quello indiano.
Timbrati i passaporti e NAMASTE (ciao).
E' sempre bello tornare in Nepal!
Ci siamo fermati nella prima citta' a soli 4 chilometri dal
confine, dovevamo prelevare dei soldi ed era troppo tardi
per proseguire.
All'orrizzonte c'erano le montagne da scavalcare, poco
dietro l'imponente Himalaya che questa volta mi limito a
guardare da vicino ma non si scavalca a questo giro. La
sera abbiamo comprato un paio di calzini per Patrizia, io ho
recuperato quelli che usavo per fasciare le borracce. Ho
dovuto solo cucirne uno che era bucato. Cominciava a fare
freddino la sera.
25/11/2007, primo giorno di pedalata in Nepal dopo una
colazione di roba scaduta... Bell'inizio!
Ci siamo avvicinati alle montagne, sulla strada per Pokara e
poi abbiamo deviato verso est in una strada che non avevo
mai fatto, la via piu' corta per Kathmandu.
Il Nepal e' molto piu' pulito dell'India, non servono tanti
chilometri per accorgersene, le vacche brucano l'erba e i
bufali d'aqua sguazzano nei laghetti e non nei pantani.
Abbiamo percorso una strada a sali e scendi in mezzo alla
foresta ai piedi delle montagne, attraversato piccoli
villaggi dove la gente vive con il poco che ha ma non le
manca nulla. I sorrisi e i saluti non mancano mai, quanto
adoro questo paese.
Nei negozietti lungo la strada si trova l'acqua in
bottiglia, privilegio raro in India.
La maggior parte dei nepalesi ha gli occhi a mandorla, solo
alcuni assomigliano agli indiani. In molti indossano un
capellino colorato per tradizione e all'evenienza per il
sole e per il freddo. Salutano con il loro Namaste giungendo
le mani e sorridendo, anche bambini molte volte dicono
Namaste ma purtroppo sta prendendo troppo piede il
penosissimo "hello".
Prima di raggiungere la citta' dove avremmo trascorso la
notte abbiamo attraversato un passo non molto alto. In
salita abbiamo incrociato molti camion in panne e dei
mucchui di fieno che andavano a fuoco che dopo alcuni
chilometri abbiamo capito chi li aveva persi. C'erano dei
militari che spegnevano un camion che andava a fuoco, il
padrone del fieno...
Sugli alberi lungo il passo vivevano molte scimmie
indisturbate che passavano la giornata sui rami al bordo
della strada guardando le macchine passare.
Forse la foresta era troppo monotona per loro.
Per affrontare la discesa abbiamo indossato il pile e lo
abbiamo tenuto fino a Kathmandu, il freddo si faceva sentire
sempre di piu' man mano che salivamo verso nord.
In serata abbiamo raggiunto Arunkhola, una piccola citta'
lungo la strada dove ci siamo alloggiati. C'era scritto
hotel ma... Una stanza da due euro con un lettino
matrimoniale stretto e corto (taglia nepalese) e le coperte
mai lavate. Come riparo per la notte non era male pero'. Il
padrone parlava inglese, ci ha preparato una cena che era
giusto per nutrirsi e dei the dove abbiamo pucciato i nostri
biscotti per non morire di fame. Erano incuriositi a vederci
mangiare i biscotti a quella maniera, per loro era una
novita'.
Avevano delle galline che razzolavano in mezzo ai tavoli,
alle volte entravano in cucina e il padrone le scacciava. Un
cane faceva da lavapiatti, si leccava gli avanzi e poi le
donne lavavano i piatti sotto le pompe dell'acqua.
La parte piu' difficile della serata e' toccata a Patrizia,
io ero stato aclappiato da un tizio che voleva parlare un
po' in inglese e non mi mollava piu' mentre lei era alle
prese coi conti assieme al proprietrio. Aveva un calcolatore
ma non era certo un matematico, per fare i conti della cena
ha impiegato piu' di 10 minuti. Fortuna che avevamo preso
solo due cose!
La mattina e' stato meno disastroso fare i conti, avevamo
solo due omelette, non era difficile ma c'e' voluto il suo
tempo.
La strada ha continuato con un sali e scendi tra le foreste
e un venticello contrario fastidioso. I pasti sono sempre
stati scarsi e ben poco energetici, ci salvava la cioccolata
che compravamo nei negozietti che fortunatamente non mancano
mai.
Negli ultimi chilometri prima di raggiungere la citta' sulla
strada principale per Kathmandu abbiamo incontrato due
neozelandesi in viaggio in bici. Erano partiti da Singapore
e si dirigevano verso India, Pakistan e poi su verso il
Centro Asia.
Gli ultimi chilometri abbiamo costeggiato un fiume, molti
villaggi li avevano costruiti dalla parte opposta e per
raggiungerli bisognava attraversare un ponticello pedonale
sospeso coi cavi. Per trasportare la merce hanno costruito
delle teleferiche con dei cavi robusti ancorate alla roccia.
L'incrocio di due fiumi e' considerato sacro per i
buddhisti, anche se scomodo e pericoloso per le piene,
costruiscono villaggi e ponti sospesi per raggiungerlo.
E' divertente chiedere ai nepalesi "quanto manca per il
prossimo paese?"... Sparano chilometri a vanvera, non ne
hanno la piu' pallida idea, viaggiano in bus o in bici,
alcuni sanno a sai quanto sia un chilometro ma alle volte
sparano cifre che piu' o meno si ci avvicinano.
Ai bordi delle strade molta gente raccoglie legna da ardere
e erba per le bestie. Molte volte viene esposta per
venderla.
In molti portano sulla strada dei sassi che recuperano dal
fiume e le spaccano con la mazzetta per farne della ghiaia
da vendere. La concorrenza e' spietata, in molti fanno
mucchietti di ghiaia, fasci d'erba e legna, decorazioni
all'uncinetto per i camion ed espongono tutto in attesa di
clienti.
Pochi chilometri piu' avanti c'erano alcune cave dove i
macchinari producevano quintali di ghiaia ma i piccoli
fabbricatori di ghiaia non si lasciavano intimidire dalla
concorrenza e continuavano con le loro mazzette a dare colpi
ai sassi.
In serata abbiamo raggiunto la citta' al bivio per
Kathmandu, ci siamo alloggiati in una guest house da 2 euro
(200 rupie) e mangiato roba abominevole. Grazie di esistere
cioccolata!
27/11/2007, partiamo col freddo e con la nebbia, il nostro
abbigliamento e' penoso, un solo pile e pantaloncini corti.
La sera e al mattino si muore di freddo.
Lungo la strada abbiamo incontrato un viaggiatore in bici.
Era il suo secondo giorno di pedalata, era in una salita che
spingeva la sua bici a mano. Un signore di una sessantina
d'anni che vuole raggiungere lo Srilanka in bici.
Buon viaggio!
Abbiamo costeggiato il fiume per molti chilometri, molti
stranieri fanno rafting o scendono con le canoe, ne abbiamo
visti alcuni scendere il fiume.
La strada era tutta in salita, mancava un solo passo, quello
per la valle di Kathmandu a pochi chilometri dalla citta'.
Lungo la salita delle bimbe si sono attaccate al portapacchi
di Patrizia formando una catena umana con la pretesa di
essere trainate! Povera Patrizia...
Finalmente un pranzo coi fiocchi, c'era un ristorante lungo
la strada, caro ma molto buono. Dopo tanto digiuno non
abbiamo badato a spese.
Prima di raggiungere il passo abbiamo incrociato un'altro
viaggiatore che pedlava verso l'India, aveva caricato sul
portapacchi 4 gomme di scorte. Va bene essere previdenti ma
cosi' mi sembra un po' eccessivo...
Per non raggiungere Kathamndu troppo tardi ci siamo
alloggiati in un'altra guest house lungo la strada poco
sotto al passo. Questa volta 150 rupie, era troppo maffa!
Senza un vetro, un topo come inquilino e le coperte troppo
zozze anche per un maiale. Non e' stata una scelta per
risparmiare ma lo stndard delle guest house lungo la strada
e' quello.
Il 28 novembre abbiamo raggiunto Kathmandu, e' stato bello
rivedere questa citta', niente di splendido ma dei gran bei
ricordi. Siamo andati nell'hotel dove ero stato 4 anni fa,
stesso hotel e stessa stanza. La piu' economica, 250 rupie
(2,5 euro) e un piccolo letto matrimoniale che lascia lo
spazio sufficente per tenere le bici in camera.
Appena arrivati in citta' abbiamo comprato un maglione per
uno, faceva troppo freddo per il nostro abbigliamento da
India!
Abbiamo trascorso qualche giorno tra negozi di bici e pian
piano le stiamo sistemando. Abbiamo gia' speso una barcata
di soldi e mancano ancora le gomme da cambiare. Abbiamo
tempo per fare una buona scelta.
Abbiamo da fare ancora un po' di spese per rimetterci in
marcia, il materiale che abbiamo e' un po' usurato e
qualcosa va cambiato.
Ora le bici resteranno ferme un mese, si va in vacanza.
Arrivano i nostri genitori e visiteremo il Nepal assieme a
loro con i bus.
Sara' una nuova esperienza... faro' sapere.
Ciao a tutti!!!
Claudio
30.11.07
PATRIZIA (VARANASI - KATHMANDU, 22/11/2007 - 30/11/2007)
Ciao ragazzi...e 2! (scrivo "e 2" perche' avevo gia' scritto
una 40ina di righe ma non so come ho fatto ed ho cancellato
tutto...cosi' ora ricomincio!! :-))
Vi scrivo da Kathmandu, la capitale del Nepal. Siamo a quasi
1400 metri e l'inverno si inizia a sentire anche qui. E'
strano indossare calzettoni, pantaloni lunghi e pile dopo
mesi in calzoncini e maglietta!
22 Novembre. Di mattina presto facciamo l'ultima passeggiata
lungo i ghat in riva al Gange a Varanasi. Le attivita'
mattutine sono iniziate da qualche ora. I bufali sono stati
messi a mollo nel fiume, gli uomini si lavano nel fiume con
una specie di perizoma di stoffa e le donne vestite. Le
scimmie lungo le scalinate incutono un po' di timore. Gli
indiani ci passano in mezzo con una pietra in mano e noi
seguiamo l'esempio. Serve giusto per fargli paura in caso di
"attacco"; sono cosi' carine ma non poi cosi' docili.
Ripartiamo da Varanasi. Dopo il traffico caotico della
citta' e l'incrocio ancora con qualche mucca iniziamo a
pedalare su una strada piu' rilassante. A pranzo ci fermiamo
in un ristorantino all'aperto lungo la strada. Scegliamo
dalle pentole due cose da mangiare che ci sembrano poco
piccanti e prendiamo anche del chapati. Dopo poco si fermano
a mangiare al ristorantino due occidentali in macchina.
Strano vedere due visi non indiani fuori dai centri
turistici. La sera ci fermiamo in un hotel lungo la strada.
Inizia a fare freschino e pesa un po' lavarsi con l'acqua
fredda. Poi stasera non c'e' la doccia cosi' lavaggio con
brocche di plastica e secchi!
23 Novembre. Ripartiti lungo la strada vediamo due scimmie
diverse da tutte quelle viste fino ad ora. Hanno la coda
lunghissima ed il muso nero. Lungo i fiumi che affluiscono
al sacro Gange ci sono sempre cerimoni funebri con corpi
bruciati. Il traffico in India e' sfrenato ed a volte
pericoloso. Tutti passano senza il minimo riguardo per
l'altro! Prima di arrivare a Gorakhpur un tizio in
bicicletta mi sta per entrare nella ruota cosi' allargo un
po' e freno, peccato che sotto di me c'era della
sabbia...cosi' mi sono cappottata in mezzo all'incrocio! Per
fortuna alla bici non si e' rotto niente ed io mi sono
sbucciata solo una mano ed un gomito.
24 novembre. Ripartiamo da Gorakhpur abbastanza presto. Oggi
passeremo il confine ed entreremo in Nepal. Lungo la strada
vediamo una marea di scimmie e qualcun'altra sugli alberi in
mezzo alla giungla. Piccole ma con il muso rosso che sembra
quasi arrabbiato. Se gli fai dei versi strani si alzano in
piedi sulla difensiva ed aprono la bocca con gli occhi
spalancati verso di te. A pranzo ci fermiamo lungo la strada
in un posticino che fa delle somosa e altre cose fritte.
Sembra gentile ma alla fine ci chiede il triplo del prezzo
reale. Gli diamo il prezzo giusto e ce ne andiamo. Arriviamo
alla frontiera alle tre del pomeriggio. Nepalesi ed indiani
la passano liberamente senza bisogno di nessun permesso. Per
immigrazione indiana c'e' un tavolo sotto un portico con un
cartello in inglese che se non lo cerchi non lo trovi. Ed un
ufficiale che in tre minuti ci timbra il passaporto. La
frontiera e' aperta 24 ore ma se passi durante la notte devi
andare a cercare l'ufficiale per farti timbrare il
passaporto. Alla frontiera nepalese impieghiamo qualche
minuto in piu' ma sempre tutto molto veloce. La sera ci
fermiamo a dormire in una citta' a 4 km dal confine. E'
molto meno caotica delle citta' indiane e meno sporca. In un
negozio compro un paio di calze...inzia l'inverno!
25 novembre. Ripartiamo da Bhairahawa dopo una bella
colazione. Percorriamo una strada che costeggia l'India. La
strada e' abbastanza pianeggiante. Costeggiamo le montagne
nepalesi e l'infinita pianura indiano ma in un tratto la
strada sale un po' per poi riscendere. Anche con l'infinita
pianura la strada poteva passare solo li'..piu' in basso e'
India. Lungo la salita vediamo delle scimmie appollaiate
suglia lberi, alcune di quelle con il muso nero e coda lunga
ed altre "normali". Ci fermiamo in un paesino, Arunkhola,
lungo la strada verso Kathmandu. Troviamo una stanza per 200
rupie (2 euro). Con il cemento per terra ed un letto "taglia
cinese" (lungo come Claudio e stretto) con delle coperte
calde ma che lasciano solo all'aria e non lavano da tempo!
Per cena mangiamo del Chapati con delle verdure un po'
piccanti e del pollo abbastanza abominevole. Riusciamo a
farci fare un omelette che ci da un po' di energia. I pranzi
indiani e nepalesi lungo la strada sono un po' troppo poco
per due che pedalano, ma poi nelle citta' piu' grosse si
mangia bene!
26 Novembre. Per colazione ci facciamo preparare due
bicchieri di "CIAI" (te' e latte) in cui "puciamo" (e'
italiano??) dei biscotti ed un omelette (una "botta di
vita") ma almeno ci riempe un po' lo stomaco. Dopo una 50ina
di km prendiamo il bivio per Kathmandu e costeggiamo un
fiume per 35 km (e' incredibile le salite e le discese
assurde che ci possono essere costeggiando un fiume!).
Incontriamo due ragazzi neozelandesi in bici che vanno nella
direzione opposta alla nostra. Ci scambiamo un po' di parole
e poi proseguiamo, ognuno nella propria direzione. Come
faccio fatica a capire i neozelandesi (come americani ed
australiani) quando parlano inglese! Ci fermiamo per la
notte a Mugling. Il fiume si divide...girando a sinistra si
va verso Pokhara ed a destra verso Kathmandu. Troviamo una
stanza per 200 rupie, tipo quella di ieri ma con un bagno
piu' decente. Dovrebbe esserci un boilerino elettrico per
l'acqua calda. Peccato che va via la corrente...anche per
oggi niente doccia. Anche stasera per cenare e' un po' una
desolazione. Chapati piccanti e patate ancora piu' piccanti.
Troviamo della pasta cinese ma anch'essa piccante! E va beh!
27 novembre. Ripartiamo presto...fa freddino e c'e' un po'
di nebbia. La strada costeggia sempre il fiume, ma sale piu'
che scendere. Dopo un'oretta incontriamo un uomo che spinge
la bicicletta su una salita. Ci fermiamo e parliamo un po'
con lui. E' partito ieri da Kathmandu ed e' diretto in Sri
Lanka. E' il suo secondo giorno di pedalata. Le nostre bici
ed il nostro equipaggiamento fanno tenerezza rispetto ai
suoi. Non gli chiediamo l'eta' ma dal viso si direbbe una
60ina! UN MITO!!
I camion ed i pullman che ci sorpassano vanno come dei
matti. Mentre pedalo su una salita sorpasse delle bambine di
6 o 7 anni che stanno camminando per andare a scuola. Dopo
un attimo sento pesare di piu' la bici. una bambina mi si e'
attaccata al portapacchi ed a dato la mano ad altre due
amichette. Accellero un po' e mollano la presa! A pranzo con
nostra sorpresa troviamo un ottimo ristorante lungo la
strada dove si fermano i pullman di turisti provenienti da
Pokhara. Un po' caro ma con delle cose sostanziose da
metterre nel pancino. La sera ci fermiamo a Naubise. Un
paesino a 25 km da Kathmandu. E' gia' un po' di km che la
strada sale, fra un po' divenmta buio e piu' freddo e ci
sono ancora una 15 di km di salita. Troviamo una stanza per
150 rupie con un vetro rotto e delle coperte che credo da
quando le hanno comprate non le hannomai lavate. Il bagno e'
qualcosa di abominevole ma come riparo per la notte puo'
andare. E nemmeno stasera doccia...domani saremoa Kathmandu!
Per cena troviamo del "fantastico" (e' strano come in certi
momenti si possano considerare delle cose fantastiche che in
altri non ci piacerebbero!)riso con latte e zucchero. Buono,
caldo e soprattutto dolce!!
28 novembre. Ripartiamo in salita e dopo 15 km siamo in
cima, ci fermiamo a mangiare del cioccolato prima di
scendere nella valle di Kathmandu. Dopo un po' di caos
arriviamo a Thamel. Il centro turistico di Kathmandu.
Troviamo un hotel economico e abbastanza carino...il bagno
e' un po' minuscolo e scuro ma c'e' l'acqua calda. Hanno
delle cisterne e pannelli solari sul tetto. Di giorno c'e'
l'acqua super calda! Dopo la doccia (finalmente!), compriamo
un maglione per me ed uno per Claudio e delle calze di lana.
Inizia a fare freddo la sera! E' incredibile come vendano di
tutto. Ci sono un sacco di maglioni, cappelli, calze e
ponchi di lana di yak. Pashmina e Cashmir. Pile e giacche
(identiche ma copiate) north face. E di tutto per la
montagna. Incensi, te' e tisane. Cerchiamo dei negozi di
bici. Ne troviamo due con dei buoni pezzi. La mia ha tanti
pezzi da cambiare e Claudio ha bisogno dei pezzi di ricambio
per la sua.
29 novembre. Giriamo ancora per negozi di bici e ne troviamo
alri due. In uno c'e' un uomo che e' troppo un mito. Nel
negozio ha un sacco di pezzi usati e lui e' vestito da
ciclista con capelli lunghi e cappello al contrario. E'
forte.
30 novembre. Facciamo un po' di commissioni e giriamo un po'
per il centro. La mia macchina fotografica ha l'obiettivo
rovinato all'interno: lascia un punto nero abbastanza grosso
in tutte le foto chiare. La portiamo in un negozio che vende
videocamere e macchine fotografiche...si puo' riparare il
danno. Costa un po' caro ma meno che comprarne un'altra!
Qui a Kathmandu abbiamo conosciuto un ragazzo tedesco che e'
arrivato qui in bici dalla Germania. Ha percorso 11000 km ed
e' arrivato in questi giorni dal Tibet. Abbiamo conoscuto
piu' viaggiatori qui che in tutto il rest del viaggio! Sara'
che e' un posto magico.
Sono passati 7 mesi da quando siamo partiti da Pechino con
le biciclette ed abbiamo percorso sino ad ora 12063 km.
Ciao a tutti, ci sentiremo fra un po',
Patrizia
Ciao ragazzi...e 2! (scrivo "e 2" perche' avevo gia' scritto
una 40ina di righe ma non so come ho fatto ed ho cancellato
tutto...cosi' ora ricomincio!! :-))
Vi scrivo da Kathmandu, la capitale del Nepal. Siamo a quasi
1400 metri e l'inverno si inizia a sentire anche qui. E'
strano indossare calzettoni, pantaloni lunghi e pile dopo
mesi in calzoncini e maglietta!
22 Novembre. Di mattina presto facciamo l'ultima passeggiata
lungo i ghat in riva al Gange a Varanasi. Le attivita'
mattutine sono iniziate da qualche ora. I bufali sono stati
messi a mollo nel fiume, gli uomini si lavano nel fiume con
una specie di perizoma di stoffa e le donne vestite. Le
scimmie lungo le scalinate incutono un po' di timore. Gli
indiani ci passano in mezzo con una pietra in mano e noi
seguiamo l'esempio. Serve giusto per fargli paura in caso di
"attacco"; sono cosi' carine ma non poi cosi' docili.
Ripartiamo da Varanasi. Dopo il traffico caotico della
citta' e l'incrocio ancora con qualche mucca iniziamo a
pedalare su una strada piu' rilassante. A pranzo ci fermiamo
in un ristorantino all'aperto lungo la strada. Scegliamo
dalle pentole due cose da mangiare che ci sembrano poco
piccanti e prendiamo anche del chapati. Dopo poco si fermano
a mangiare al ristorantino due occidentali in macchina.
Strano vedere due visi non indiani fuori dai centri
turistici. La sera ci fermiamo in un hotel lungo la strada.
Inizia a fare freschino e pesa un po' lavarsi con l'acqua
fredda. Poi stasera non c'e' la doccia cosi' lavaggio con
brocche di plastica e secchi!
23 Novembre. Ripartiti lungo la strada vediamo due scimmie
diverse da tutte quelle viste fino ad ora. Hanno la coda
lunghissima ed il muso nero. Lungo i fiumi che affluiscono
al sacro Gange ci sono sempre cerimoni funebri con corpi
bruciati. Il traffico in India e' sfrenato ed a volte
pericoloso. Tutti passano senza il minimo riguardo per
l'altro! Prima di arrivare a Gorakhpur un tizio in
bicicletta mi sta per entrare nella ruota cosi' allargo un
po' e freno, peccato che sotto di me c'era della
sabbia...cosi' mi sono cappottata in mezzo all'incrocio! Per
fortuna alla bici non si e' rotto niente ed io mi sono
sbucciata solo una mano ed un gomito.
24 novembre. Ripartiamo da Gorakhpur abbastanza presto. Oggi
passeremo il confine ed entreremo in Nepal. Lungo la strada
vediamo una marea di scimmie e qualcun'altra sugli alberi in
mezzo alla giungla. Piccole ma con il muso rosso che sembra
quasi arrabbiato. Se gli fai dei versi strani si alzano in
piedi sulla difensiva ed aprono la bocca con gli occhi
spalancati verso di te. A pranzo ci fermiamo lungo la strada
in un posticino che fa delle somosa e altre cose fritte.
Sembra gentile ma alla fine ci chiede il triplo del prezzo
reale. Gli diamo il prezzo giusto e ce ne andiamo. Arriviamo
alla frontiera alle tre del pomeriggio. Nepalesi ed indiani
la passano liberamente senza bisogno di nessun permesso. Per
immigrazione indiana c'e' un tavolo sotto un portico con un
cartello in inglese che se non lo cerchi non lo trovi. Ed un
ufficiale che in tre minuti ci timbra il passaporto. La
frontiera e' aperta 24 ore ma se passi durante la notte devi
andare a cercare l'ufficiale per farti timbrare il
passaporto. Alla frontiera nepalese impieghiamo qualche
minuto in piu' ma sempre tutto molto veloce. La sera ci
fermiamo a dormire in una citta' a 4 km dal confine. E'
molto meno caotica delle citta' indiane e meno sporca. In un
negozio compro un paio di calze...inzia l'inverno!
25 novembre. Ripartiamo da Bhairahawa dopo una bella
colazione. Percorriamo una strada che costeggia l'India. La
strada e' abbastanza pianeggiante. Costeggiamo le montagne
nepalesi e l'infinita pianura indiano ma in un tratto la
strada sale un po' per poi riscendere. Anche con l'infinita
pianura la strada poteva passare solo li'..piu' in basso e'
India. Lungo la salita vediamo delle scimmie appollaiate
suglia lberi, alcune di quelle con il muso nero e coda lunga
ed altre "normali". Ci fermiamo in un paesino, Arunkhola,
lungo la strada verso Kathmandu. Troviamo una stanza per 200
rupie (2 euro). Con il cemento per terra ed un letto "taglia
cinese" (lungo come Claudio e stretto) con delle coperte
calde ma che lasciano solo all'aria e non lavano da tempo!
Per cena mangiamo del Chapati con delle verdure un po'
piccanti e del pollo abbastanza abominevole. Riusciamo a
farci fare un omelette che ci da un po' di energia. I pranzi
indiani e nepalesi lungo la strada sono un po' troppo poco
per due che pedalano, ma poi nelle citta' piu' grosse si
mangia bene!
26 Novembre. Per colazione ci facciamo preparare due
bicchieri di "CIAI" (te' e latte) in cui "puciamo" (e'
italiano??) dei biscotti ed un omelette (una "botta di
vita") ma almeno ci riempe un po' lo stomaco. Dopo una 50ina
di km prendiamo il bivio per Kathmandu e costeggiamo un
fiume per 35 km (e' incredibile le salite e le discese
assurde che ci possono essere costeggiando un fiume!).
Incontriamo due ragazzi neozelandesi in bici che vanno nella
direzione opposta alla nostra. Ci scambiamo un po' di parole
e poi proseguiamo, ognuno nella propria direzione. Come
faccio fatica a capire i neozelandesi (come americani ed
australiani) quando parlano inglese! Ci fermiamo per la
notte a Mugling. Il fiume si divide...girando a sinistra si
va verso Pokhara ed a destra verso Kathmandu. Troviamo una
stanza per 200 rupie, tipo quella di ieri ma con un bagno
piu' decente. Dovrebbe esserci un boilerino elettrico per
l'acqua calda. Peccato che va via la corrente...anche per
oggi niente doccia. Anche stasera per cenare e' un po' una
desolazione. Chapati piccanti e patate ancora piu' piccanti.
Troviamo della pasta cinese ma anch'essa piccante! E va beh!
27 novembre. Ripartiamo presto...fa freddino e c'e' un po'
di nebbia. La strada costeggia sempre il fiume, ma sale piu'
che scendere. Dopo un'oretta incontriamo un uomo che spinge
la bicicletta su una salita. Ci fermiamo e parliamo un po'
con lui. E' partito ieri da Kathmandu ed e' diretto in Sri
Lanka. E' il suo secondo giorno di pedalata. Le nostre bici
ed il nostro equipaggiamento fanno tenerezza rispetto ai
suoi. Non gli chiediamo l'eta' ma dal viso si direbbe una
60ina! UN MITO!!
I camion ed i pullman che ci sorpassano vanno come dei
matti. Mentre pedalo su una salita sorpasse delle bambine di
6 o 7 anni che stanno camminando per andare a scuola. Dopo
un attimo sento pesare di piu' la bici. una bambina mi si e'
attaccata al portapacchi ed a dato la mano ad altre due
amichette. Accellero un po' e mollano la presa! A pranzo con
nostra sorpresa troviamo un ottimo ristorante lungo la
strada dove si fermano i pullman di turisti provenienti da
Pokhara. Un po' caro ma con delle cose sostanziose da
metterre nel pancino. La sera ci fermiamo a Naubise. Un
paesino a 25 km da Kathmandu. E' gia' un po' di km che la
strada sale, fra un po' divenmta buio e piu' freddo e ci
sono ancora una 15 di km di salita. Troviamo una stanza per
150 rupie con un vetro rotto e delle coperte che credo da
quando le hanno comprate non le hannomai lavate. Il bagno e'
qualcosa di abominevole ma come riparo per la notte puo'
andare. E nemmeno stasera doccia...domani saremoa Kathmandu!
Per cena troviamo del "fantastico" (e' strano come in certi
momenti si possano considerare delle cose fantastiche che in
altri non ci piacerebbero!)riso con latte e zucchero. Buono,
caldo e soprattutto dolce!!
28 novembre. Ripartiamo in salita e dopo 15 km siamo in
cima, ci fermiamo a mangiare del cioccolato prima di
scendere nella valle di Kathmandu. Dopo un po' di caos
arriviamo a Thamel. Il centro turistico di Kathmandu.
Troviamo un hotel economico e abbastanza carino...il bagno
e' un po' minuscolo e scuro ma c'e' l'acqua calda. Hanno
delle cisterne e pannelli solari sul tetto. Di giorno c'e'
l'acqua super calda! Dopo la doccia (finalmente!), compriamo
un maglione per me ed uno per Claudio e delle calze di lana.
Inizia a fare freddo la sera! E' incredibile come vendano di
tutto. Ci sono un sacco di maglioni, cappelli, calze e
ponchi di lana di yak. Pashmina e Cashmir. Pile e giacche
(identiche ma copiate) north face. E di tutto per la
montagna. Incensi, te' e tisane. Cerchiamo dei negozi di
bici. Ne troviamo due con dei buoni pezzi. La mia ha tanti
pezzi da cambiare e Claudio ha bisogno dei pezzi di ricambio
per la sua.
29 novembre. Giriamo ancora per negozi di bici e ne troviamo
alri due. In uno c'e' un uomo che e' troppo un mito. Nel
negozio ha un sacco di pezzi usati e lui e' vestito da
ciclista con capelli lunghi e cappello al contrario. E'
forte.
30 novembre. Facciamo un po' di commissioni e giriamo un po'
per il centro. La mia macchina fotografica ha l'obiettivo
rovinato all'interno: lascia un punto nero abbastanza grosso
in tutte le foto chiare. La portiamo in un negozio che vende
videocamere e macchine fotografiche...si puo' riparare il
danno. Costa un po' caro ma meno che comprarne un'altra!
Qui a Kathmandu abbiamo conosciuto un ragazzo tedesco che e'
arrivato qui in bici dalla Germania. Ha percorso 11000 km ed
e' arrivato in questi giorni dal Tibet. Abbiamo conoscuto
piu' viaggiatori qui che in tutto il rest del viaggio! Sara'
che e' un posto magico.
Sono passati 7 mesi da quando siamo partiti da Pechino con
le biciclette ed abbiamo percorso sino ad ora 12063 km.
Ciao a tutti, ci sentiremo fra un po',
Patrizia
21.11.07
CLAUDIO (VARANASI, 21/11/2007)
Ciao Gente, siamo a Varanasi da oltre una settimana.
Avevamo trascorso due giorni in un albergo vicino alla
stazione per riprendermi dalla febbre e poi ci siamo
spostati nella citta' vecchia.
Il cuore di Varanasi e' un labirinto di vicoli che formano
una ragnatela sulla riva del fiume Gange. Nei vicoli non e'
permesso pedalare, non sono permessi rickshaw e auto (anche
perche' fisicamente non ci passano).
Ci siamo alloggiati in una guest house vicino al gath dove
cremano i morti.
Ci ha accompagnato un indiano anche perche' da soli non
l'avremmo mai trovata.
I vicoli sono pavimentati con dei blocchi di pietra,
transitano avanti e indietro centinaia di persone, vacche,
capre e cani. Le mucche sono considerate sacre, mangiano
nella spazzatura ammucchiata nei vicoli e cagano ovunque.
Anche le loro cacche sono sacre. Molti le raccolgono e le
usano per bruciare o per decorazioni.
Le scimmie regnano sui cornicioni delle case sempre in cerca
di qualcosa da mangiare. Ogni finestra e' protetta dalle
grate, non per i ladri ma per le scimmie che cercano
qualcosa da mangiare.
Camminando lungo i vicoli non e' difficile scorgere qualche
scimmia sui tetti delle case. Solitamnte lo sguardo e'
sempre verso il basso per evitare di pestare le cacche delle
mucche o per evitare di schiacciare qualche cane che dorme
in mezzo al vicolo. Molte volte le vacche e i tori si
sdraiano nei vicoli per un pisolino e bloccano il passaggio
alla gente.
Lungo i vicoli ci sono negozietti di ogni genere,
alimentari, vestiti, sale da the e ristorantini allestiti in
piccoli garage e cantine. Ogni negozietto e' rialzato di
mezzo metro per evitare che con la stagione delle piogge si
allaghi. Ognuno si fa il suo negozietto dove puo', un tizio
vicino alla nostra guest house ripara motori elettrici in un
sottoscala, ha l'aria di essere una catacomba ma e' la sua
officina.
Il Gange ora e' in secca e si puo' passeggiare sul
camminatoio di cemento che lo costeggia per molti
chilometri. Quando ero a Varanasi nello scorso viaggio era
la stagione delle piogge e il Gange saliva di oltre 10 metri
allagando gran parte della citta'. Ora e' molto piu'
vivibile.
Sulle rive del fiume si notano i segni del Gange che lascia
durante la stagione delle piogge. Se non lo avessi visto in
piena non ci avrei mai creduto.
Varanasi, la citta' di Shiva, e' considerata la citta' sacra
dagli Hindu. Prima era chiamata Benares e Kashi che
significa citta' della vita. A darle vita e' il Gange,
chiamato Madre Gange, il fiume della salvezza.
Oltre 60000 persone ogni giorno a Varanasi si lavano nelle
sue acque e lavano i vestiti. Alcuni lo fanno anche perche'
non hanno la doccia e la lavatrice a casa. Lungo una costa
di 7 km sono posizionati dei gath, ognuno e' specifico per
qualcosa, il piu' importante e' il Manikarnica dove svolgono
le cerimonie funebri. Lungo i vicoli della citta'
trasportano i cadaveri su delle barelle di bamboo, tutti
decorati con seta e stoffe colorate. Raggiunto il gath sul
fiume il corpo viene immerso nell'acqua e purificato, i
parenti stretti delle vittime si lavano nel Gange e rasano i
capelli lasciandoo un solo ciuffo dietro la nuca (solo i
maschi). Preparata la catasta di legna (che viene pesata e
pagata in base al corpo da bruciare) ci posizionano il
cadavere sopra. Il corpo viene cosparso di essenze per
profumarlo e poi il figlio maggiore accende il fuoco. Il
cadavere viene lasciato bruciare per circa tre ore e poi le
sue ceneri vengono gettate nel fiume.
Il Gange e' il passaggio diretto alla reincarnazione.
Il processo di reincarnazione delle anime รจ detto Samsara.
La profonda convinzione che esista un'altra vita dopo la
morte li rasserena e infatti non si vedono scene di pianto o
disperazione durante la cerimonia.
La tradizione impone regole ben precise per la cremazione:
le donne in gravidanza, i bambini e gli uomini mai stati
sposati non verranno mai bruciati, ma i loro corpi saranno
abbandonati al largo, legati a un sasso e gettati nelle
acque del fiume.
La gente morsa dai cobra invece verra' distesa dentro una
canoa e lasciata trasportare via dalla corrente. I
famigliari sperano che un giorno il loro caro possa tornare
in vita.
I delinquenti e gli assassini saranno reincarnati in persone
povere o in forma di animale. I cani sono considerati la
reincarnazione dei ladri.
Arrivano cadaveri da molte citta' dell'India per essere
bruciati a Varanasi ma devono raggiungere la citta' entro 24
ore. Chi ovviamente abita troppo lontano verra' bruciato
nella sua citta' in dei forni elettrici.
Varanasi e' il posto piu' ambito dagli hindu per morire e
per questo motivo molti anziani raggiungono la citta' e
attendono la morte.
Il Gange non e' solo la via per l'aldila' ma e' anche un
divertimento per i bambini che ci nuotano dentro e per la
gente che si sposta con le barche per raggiungere il
villaggio piu' vicino.
Il livello di inquinamento del fiume e' alle stelle, lungo i
7 chilometri che scorre a Varanasi gettano morti, spazzatura
e 30 grosse fognature ci scaricno dentro. Per ripulire la
citta' dalla spazzatura caricano le barche di immondizia e
la scaricano al largo del fiume. Il risultato e' di avere i
vicoli un po' piu' puliti ma un fiume marcio di immondizia.
Usano delle pompe dell'acqua ad alta pressione per
allontanare l'immondizia dalle coste del fiume spingendola
nuovamamente al largo. Il pattume piu' pesante va a fondo ma
la maggior parte galleggia nelle insenature della citta'.
Sulle rive del fiume molta gente, sopratutto ragazzi, gioca
a cricket, lo sport nazionale. Lo spazio e' ridotto quindi
solitamnte la pallina finisce in acqua e qualcuno si tuffa a
riprenderla.
Altri acclappiano gli stranieri per un massaggio, altri
bambini vendono candeline da immergere nel fiume che se non
le compri ti chiamano "cattivo"!
Non mancano i Guru che leggono nelle mani passato presente e
futuro e poi le decine di spacciatori che ogni giorno
cercano di vendere del fumo.
Un paio di giorni fa abbiamo visitato il Golden Temple, il
tempio dedicato a Shiva ornato con una cupola d'oro sul
tetto. Potevamo girare solo nel cortile, all'interno era
solo permesso agli hindu entrare. I Padroni del templio sono
le scimmie che lo popolano. Mentre camminavamo una scimmia
ha cercato di rubare la bottiglia dell'acqua a Patrizia, non
essendoci riuscita ci mostrava i denti e cercava di
spaventarci. Non lo faceva per fame ma solo per il gusto di
rubare.
Se non fossero sacre avrebbero gia' preso dei bei calci nel
culo!
Domani mattina ripartiremo, verrebbe la voglia di fermarsi
ancora qualche giorno ma e' ora di andare. Pedaleremo verso
nord e tra qualche giorno raggiungeremo il Nepal, uno dei
miei paesi preferiti.
Ciao Gente, a presto!
Claudio
Ciao Gente, siamo a Varanasi da oltre una settimana.
Avevamo trascorso due giorni in un albergo vicino alla
stazione per riprendermi dalla febbre e poi ci siamo
spostati nella citta' vecchia.
Il cuore di Varanasi e' un labirinto di vicoli che formano
una ragnatela sulla riva del fiume Gange. Nei vicoli non e'
permesso pedalare, non sono permessi rickshaw e auto (anche
perche' fisicamente non ci passano).
Ci siamo alloggiati in una guest house vicino al gath dove
cremano i morti.
Ci ha accompagnato un indiano anche perche' da soli non
l'avremmo mai trovata.
I vicoli sono pavimentati con dei blocchi di pietra,
transitano avanti e indietro centinaia di persone, vacche,
capre e cani. Le mucche sono considerate sacre, mangiano
nella spazzatura ammucchiata nei vicoli e cagano ovunque.
Anche le loro cacche sono sacre. Molti le raccolgono e le
usano per bruciare o per decorazioni.
Le scimmie regnano sui cornicioni delle case sempre in cerca
di qualcosa da mangiare. Ogni finestra e' protetta dalle
grate, non per i ladri ma per le scimmie che cercano
qualcosa da mangiare.
Camminando lungo i vicoli non e' difficile scorgere qualche
scimmia sui tetti delle case. Solitamnte lo sguardo e'
sempre verso il basso per evitare di pestare le cacche delle
mucche o per evitare di schiacciare qualche cane che dorme
in mezzo al vicolo. Molte volte le vacche e i tori si
sdraiano nei vicoli per un pisolino e bloccano il passaggio
alla gente.
Lungo i vicoli ci sono negozietti di ogni genere,
alimentari, vestiti, sale da the e ristorantini allestiti in
piccoli garage e cantine. Ogni negozietto e' rialzato di
mezzo metro per evitare che con la stagione delle piogge si
allaghi. Ognuno si fa il suo negozietto dove puo', un tizio
vicino alla nostra guest house ripara motori elettrici in un
sottoscala, ha l'aria di essere una catacomba ma e' la sua
officina.
Il Gange ora e' in secca e si puo' passeggiare sul
camminatoio di cemento che lo costeggia per molti
chilometri. Quando ero a Varanasi nello scorso viaggio era
la stagione delle piogge e il Gange saliva di oltre 10 metri
allagando gran parte della citta'. Ora e' molto piu'
vivibile.
Sulle rive del fiume si notano i segni del Gange che lascia
durante la stagione delle piogge. Se non lo avessi visto in
piena non ci avrei mai creduto.
Varanasi, la citta' di Shiva, e' considerata la citta' sacra
dagli Hindu. Prima era chiamata Benares e Kashi che
significa citta' della vita. A darle vita e' il Gange,
chiamato Madre Gange, il fiume della salvezza.
Oltre 60000 persone ogni giorno a Varanasi si lavano nelle
sue acque e lavano i vestiti. Alcuni lo fanno anche perche'
non hanno la doccia e la lavatrice a casa. Lungo una costa
di 7 km sono posizionati dei gath, ognuno e' specifico per
qualcosa, il piu' importante e' il Manikarnica dove svolgono
le cerimonie funebri. Lungo i vicoli della citta'
trasportano i cadaveri su delle barelle di bamboo, tutti
decorati con seta e stoffe colorate. Raggiunto il gath sul
fiume il corpo viene immerso nell'acqua e purificato, i
parenti stretti delle vittime si lavano nel Gange e rasano i
capelli lasciandoo un solo ciuffo dietro la nuca (solo i
maschi). Preparata la catasta di legna (che viene pesata e
pagata in base al corpo da bruciare) ci posizionano il
cadavere sopra. Il corpo viene cosparso di essenze per
profumarlo e poi il figlio maggiore accende il fuoco. Il
cadavere viene lasciato bruciare per circa tre ore e poi le
sue ceneri vengono gettate nel fiume.
Il Gange e' il passaggio diretto alla reincarnazione.
Il processo di reincarnazione delle anime รจ detto Samsara.
La profonda convinzione che esista un'altra vita dopo la
morte li rasserena e infatti non si vedono scene di pianto o
disperazione durante la cerimonia.
La tradizione impone regole ben precise per la cremazione:
le donne in gravidanza, i bambini e gli uomini mai stati
sposati non verranno mai bruciati, ma i loro corpi saranno
abbandonati al largo, legati a un sasso e gettati nelle
acque del fiume.
La gente morsa dai cobra invece verra' distesa dentro una
canoa e lasciata trasportare via dalla corrente. I
famigliari sperano che un giorno il loro caro possa tornare
in vita.
I delinquenti e gli assassini saranno reincarnati in persone
povere o in forma di animale. I cani sono considerati la
reincarnazione dei ladri.
Arrivano cadaveri da molte citta' dell'India per essere
bruciati a Varanasi ma devono raggiungere la citta' entro 24
ore. Chi ovviamente abita troppo lontano verra' bruciato
nella sua citta' in dei forni elettrici.
Varanasi e' il posto piu' ambito dagli hindu per morire e
per questo motivo molti anziani raggiungono la citta' e
attendono la morte.
Il Gange non e' solo la via per l'aldila' ma e' anche un
divertimento per i bambini che ci nuotano dentro e per la
gente che si sposta con le barche per raggiungere il
villaggio piu' vicino.
Il livello di inquinamento del fiume e' alle stelle, lungo i
7 chilometri che scorre a Varanasi gettano morti, spazzatura
e 30 grosse fognature ci scaricno dentro. Per ripulire la
citta' dalla spazzatura caricano le barche di immondizia e
la scaricano al largo del fiume. Il risultato e' di avere i
vicoli un po' piu' puliti ma un fiume marcio di immondizia.
Usano delle pompe dell'acqua ad alta pressione per
allontanare l'immondizia dalle coste del fiume spingendola
nuovamamente al largo. Il pattume piu' pesante va a fondo ma
la maggior parte galleggia nelle insenature della citta'.
Sulle rive del fiume molta gente, sopratutto ragazzi, gioca
a cricket, lo sport nazionale. Lo spazio e' ridotto quindi
solitamnte la pallina finisce in acqua e qualcuno si tuffa a
riprenderla.
Altri acclappiano gli stranieri per un massaggio, altri
bambini vendono candeline da immergere nel fiume che se non
le compri ti chiamano "cattivo"!
Non mancano i Guru che leggono nelle mani passato presente e
futuro e poi le decine di spacciatori che ogni giorno
cercano di vendere del fumo.
Un paio di giorni fa abbiamo visitato il Golden Temple, il
tempio dedicato a Shiva ornato con una cupola d'oro sul
tetto. Potevamo girare solo nel cortile, all'interno era
solo permesso agli hindu entrare. I Padroni del templio sono
le scimmie che lo popolano. Mentre camminavamo una scimmia
ha cercato di rubare la bottiglia dell'acqua a Patrizia, non
essendoci riuscita ci mostrava i denti e cercava di
spaventarci. Non lo faceva per fame ma solo per il gusto di
rubare.
Se non fossero sacre avrebbero gia' preso dei bei calci nel
culo!
Domani mattina ripartiremo, verrebbe la voglia di fermarsi
ancora qualche giorno ma e' ora di andare. Pedaleremo verso
nord e tra qualche giorno raggiungeremo il Nepal, uno dei
miei paesi preferiti.
Ciao Gente, a presto!
Claudio
PATRIZIA (VARANASI, 15/11/2007 - 21/11/2007)
Ciao a tutti,
Siamo a Varanasi, da piu' di una settimana oramai. Per
arrivare nel cuore della citta' vecchia, dove non e' piu'
permesso (o piu' che altro non ci passano) a ciclo-rishaw e
auto la circolazione, clacson, moto e bici si spingono quasi
per farsi largo e passare. Cercando di evitare le mucche per
strada manca poco che non investono le persone a piedi.
Inizia un intreccio di vicoli che si fanno spazio tra le
case. Per trovare un posto, un ristorante, un albergo ci
sono le insegne dipinte sui muri. Tutti ci vogliono aiutare
a trovare un albergo. Diciamo di no, vogliamo trovarlo da
soli, ma ci seguono tutti! Passando in mezzo ai vicoli con
le bici a mano in qualche punto non riusciamo a passare
perche' c'e' qualche toro o qualche mucca sdraiata nel
mezzo. Cosi' qualche indiano la fa alzare e poi riusciamo a
passare strusciandoci addosso alla mucca. Troviamo una
stanza in un albergo con un pochino di vista sulla citta' e
sul Gange. Ci facciamo aiutare da un ragazzo (non ci
molla!!) ma dicendogli chiaramente che non avra' un soldo!
In cima all'abergo c'e' una terrazza da dove si ha una vista
spettacolare sul Gange e la citta'.
Girando per i vicoli e le viuzze alzando lo sguardo, quasi
sempre si vede qualche scimmia che cammina su un cornicione
o qualche altra ferma a mangiare un pezzo di chapati o un
frutto rubato da qualche parte. Ogni stradina in discesa ti
fa sbucare sui ghat in riva al sacro Gange (Ganga).
In uno di questi ghat (scalinate che scendono nel
Gange),Manikarnika Ghat, vengono bruciati i corpi dei
defunti. Per arrivarci seguiamo dei parenti di un defunto
che trasportano sulle spalle, disteso su una barella di
bambu' e coperto da veli colorati, il corpo del morto. Pile
enormi di legna sono posate intorno al ghat. La legna arriva
su barche di legno a remi in riva al Gange e poi trasportata
a mano sulla terra ferma. Il corpo viene pesato per
calcolare la quantita' di legna esatta che serve per
bruciare l'intero corpo. Ai parenti uomini del defunto
vengono rasati i capelli e la barba, vengono lasciati solo i
baffi e un ciuffetto di capelli sulla nuca. Si lavano nel
Gange per purificarsi e dopo aver posato il corpo del
defunto su una catasta di legna ci girano attorno. Viene
coperto poi con altra legna e un parente accende il fuoco
alla catasta. Ogni cadavere brucia piu' o meno per tre ore e
poi le sue ceneri sono buttate nel Gange. La legna ha un
costo ed i parenti devono pagare per la quantita' di legna
usata. Non c'e' cattivo odore, i corpi vengono coperti di
incenso e profumi prima di essere bruciati.Vengono bruciati
piu' di 200 corpi al giorno ed il ghat lavora 24 ore, con
una sola pausa al mattino per pulire dalla cenere.
Vengono bruciati solo i corpi degli uomini e le donne
sposati. Quelli di bambini, donne incinta o non sposati
vengono legati con un sasso e buttati nel fiume Gange. I
corpi delle persone morte da puntura di cobra vengono posati
in una barca di legno e lasciati andare nel Gange. I corpi
provenienti da altre zone dell'India devono arrivare qui
entro 24 ore dalla morte altrimenti non possono essere
bruciati. Altrimenti saranno bruciati nei forni crematori
delle loro citta'. Varanasi e' un posto molto ambito, dalla
popolazione hindu, per morire. Cosi' molti anziani si
trasferiscono qui.
C'e' un altro ghat dove bruciano i corpi, Harishchandra
Ghat, ma molto piu' piccolo. Per la gente piu' povera.
In mezzo ai corpi, la legna ed i parenti girano liberamente
caprette, bufali e mucche. Mangiano le ghirlande di fiori
messe ai corpi prima di bruciare.
E' vietatissimo fare le foto. Se ti vedono con una macchina
fotografica o telecamera ti gridano subito "NO FOTO,
RISPETTO PER LE FAMIGLIE". Ma alcuni indiani ti avvicinano
e...SE PAGHI TUTTO E' PERMESSO (purtroppo). Cosi' il
rispetto che gli devi lo fanno svanir ein un attimo e ti
vedi alcuni con dei teleobiettivi della madonna che fanno un
centinaio di foto. Daccordissimo con il rispetto ma se poi
c'e' il SE PAGHI non alcun senso (ovvio non e' cosi' solo
qui!).
Il fiume Gange e' molto inquinato, 30 grosse fogne di
Varanasi scaricano nel fiume e la popolazione butta la
spazzatura per terra o nel fiume. La quotidianita' si svolge
lungo le rive del Gange. Le persone si lavano e lavano gli
indumenti quotidianamente nel fiume. E' acqua sacra. Un po'
come la cacca di mucca...molte persone camminano a piedi
nudi e si spalmano la cacca sotto i piedi per protezione.
Oltre mucche (a volte mettono la testa dentro qualche
negozio e mandarle via non e' semplice) e alle scimmie ogni
dove, ci sono caprette che rovistano nella spazzatura e cani
che dormono in qualche angolo. Molti si creano la cuccia per
partorire strappando qualche pezzo di cartone con i denti.
C'e' una coppia di cani di fianco ad una porta in un vicolo
che ha sei cuccioli. Stranamente non c'e' solo la mamma ad
accudirli ma anche il papa' pensa a pulirli e dormono tutti
assieme. I cani non sono sacri e a volte vengono presi a
calci. I bambini si divertono a tirargli dell'acqua addosso
e gli adulti non ci fanno molto caso, anche se li lasciano
abbastanza in pace. I gatti sono rari, ma se ne vede
qualcuno passeggiare sui cornicioni.
Nei vicoli bisogna stare sempre attenti a non farsi
investire dalle moto ed a non pestare qualche cacca. Quando
si incontra qualche toro nello stesso vicolo si spera che
non faccia la pipi o cacca in quel momento. La pipi c'e'
capitato! O se sono piu' di uno diventa difficoltoso
passare. Un giorno un vitellino a cui era scappata la mamma
mi ha quasi incornato per riuscire a passare.
Passeggiare la sera in riva al Gange e' molto piacevole.
C'e' meno caos che di giorno e fa un freschetto piacevole.
Sui ghat principali le persone piu' povere dormono con una
coperta. Le scimmie si divertono a passare nel mezzo. vicino
alla gente che dorme cercano se c'e' qualcosa da mangiare.
Sono carine a vederle, con le manine molto simile alle
nostre, ma e' meglio non avvicinarsi troppo rischiano di
correrti dietro e mostrarti i denti! C'e' qualcuno che passa
fra le mucche ed i tori a dargli qualcosa da mangiare ed
anche alle scimmie.
Passeggiando in riva al Gange di giorno si vede la loro vita
quotidiana, qualche bufalo a mollo nell'acqua, i barbieri
all'aperto, massaggiatori che per dieci rupie ti massaggino
collo e testa, i ragazzini che ti vendono delle candele
posate in una ciotolina fatta di foglie secche e contornata
di fiori arancioni, ti dicono che sono per portarti un buon
kharma. Se gli dici di no, per ripicca, ti dicono che non
sei una buona persona. Altre ragazzine vogliono dipingerti
le mani per qualche rupia. Un uomo, vicino al fiume, ha
della pasta fresca in mano e intorno a se' una trentina di
scimmie. Qualcuno gli e' appoggiata alle gambe con le manine
per prendersi piu' pasta. Quelle piu' grosse hanno la meglio
su quelle piccole. Finita la pasta le scimmie si allontanano
e l'uomo insieme alla folla ridunatasi intorno se ne vanno.
Il Golden Temple, un tempio nel mezzo dei vicoli e delle
case, e' caratteristico per la sua cupola rifinita d'oro.
All'interno del tempio sono permessi solo gli hindu. Le
altre persone possono ammirarlo dall'esterno. Ci sono
scimmie ovunque e ti passano anche molto vicino senza paura.
Una infastidita da Claudio senza motivo gli mostra i denti!
Un'altra mentre camminavo tranquillamente mi si e' appesa
alla bottiglia d'acqua che avevo in una mano, ma non e'
riuscita a portarmela via! Che simpatiche!
L'altra mattina mentre eravamo in camera, una scimmia si e'
posata di fianco al nostro balconcino a mangiarsi un frutto,
non gli interessava che la stessimo guardando. Su tutti i
balconcini del nostro albergo ci sono delle reti di ferro.
I clienti si lamentavano che entravano in stanza le scimmie
e gli rubavano le cose. Dalla terrazza in alto dell'albergo
si vedono la quantita' di scimmie che camminano e saltano
liberamente da un cornicione all'altro e quando possono
rubano qualche frutto da mangiare.
E' molto particolare e magica questa citta', viene voglia di
restare per un sacco di tempo, perdersi nei suoi vicoli ed
osservare il Gange. Gli indiani sono un po' rompiballe ma il
posto molto affascinante.
Domani si riparte (forse!). Ci dirigiamo verso il Nepal.
Prima di fine novembre dovremmo raggiungere Kathmandu.
a presto,
Patrizia
Ciao a tutti,
Siamo a Varanasi, da piu' di una settimana oramai. Per
arrivare nel cuore della citta' vecchia, dove non e' piu'
permesso (o piu' che altro non ci passano) a ciclo-rishaw e
auto la circolazione, clacson, moto e bici si spingono quasi
per farsi largo e passare. Cercando di evitare le mucche per
strada manca poco che non investono le persone a piedi.
Inizia un intreccio di vicoli che si fanno spazio tra le
case. Per trovare un posto, un ristorante, un albergo ci
sono le insegne dipinte sui muri. Tutti ci vogliono aiutare
a trovare un albergo. Diciamo di no, vogliamo trovarlo da
soli, ma ci seguono tutti! Passando in mezzo ai vicoli con
le bici a mano in qualche punto non riusciamo a passare
perche' c'e' qualche toro o qualche mucca sdraiata nel
mezzo. Cosi' qualche indiano la fa alzare e poi riusciamo a
passare strusciandoci addosso alla mucca. Troviamo una
stanza in un albergo con un pochino di vista sulla citta' e
sul Gange. Ci facciamo aiutare da un ragazzo (non ci
molla!!) ma dicendogli chiaramente che non avra' un soldo!
In cima all'abergo c'e' una terrazza da dove si ha una vista
spettacolare sul Gange e la citta'.
Girando per i vicoli e le viuzze alzando lo sguardo, quasi
sempre si vede qualche scimmia che cammina su un cornicione
o qualche altra ferma a mangiare un pezzo di chapati o un
frutto rubato da qualche parte. Ogni stradina in discesa ti
fa sbucare sui ghat in riva al sacro Gange (Ganga).
In uno di questi ghat (scalinate che scendono nel
Gange),Manikarnika Ghat, vengono bruciati i corpi dei
defunti. Per arrivarci seguiamo dei parenti di un defunto
che trasportano sulle spalle, disteso su una barella di
bambu' e coperto da veli colorati, il corpo del morto. Pile
enormi di legna sono posate intorno al ghat. La legna arriva
su barche di legno a remi in riva al Gange e poi trasportata
a mano sulla terra ferma. Il corpo viene pesato per
calcolare la quantita' di legna esatta che serve per
bruciare l'intero corpo. Ai parenti uomini del defunto
vengono rasati i capelli e la barba, vengono lasciati solo i
baffi e un ciuffetto di capelli sulla nuca. Si lavano nel
Gange per purificarsi e dopo aver posato il corpo del
defunto su una catasta di legna ci girano attorno. Viene
coperto poi con altra legna e un parente accende il fuoco
alla catasta. Ogni cadavere brucia piu' o meno per tre ore e
poi le sue ceneri sono buttate nel Gange. La legna ha un
costo ed i parenti devono pagare per la quantita' di legna
usata. Non c'e' cattivo odore, i corpi vengono coperti di
incenso e profumi prima di essere bruciati.Vengono bruciati
piu' di 200 corpi al giorno ed il ghat lavora 24 ore, con
una sola pausa al mattino per pulire dalla cenere.
Vengono bruciati solo i corpi degli uomini e le donne
sposati. Quelli di bambini, donne incinta o non sposati
vengono legati con un sasso e buttati nel fiume Gange. I
corpi delle persone morte da puntura di cobra vengono posati
in una barca di legno e lasciati andare nel Gange. I corpi
provenienti da altre zone dell'India devono arrivare qui
entro 24 ore dalla morte altrimenti non possono essere
bruciati. Altrimenti saranno bruciati nei forni crematori
delle loro citta'. Varanasi e' un posto molto ambito, dalla
popolazione hindu, per morire. Cosi' molti anziani si
trasferiscono qui.
C'e' un altro ghat dove bruciano i corpi, Harishchandra
Ghat, ma molto piu' piccolo. Per la gente piu' povera.
In mezzo ai corpi, la legna ed i parenti girano liberamente
caprette, bufali e mucche. Mangiano le ghirlande di fiori
messe ai corpi prima di bruciare.
E' vietatissimo fare le foto. Se ti vedono con una macchina
fotografica o telecamera ti gridano subito "NO FOTO,
RISPETTO PER LE FAMIGLIE". Ma alcuni indiani ti avvicinano
e...SE PAGHI TUTTO E' PERMESSO (purtroppo). Cosi' il
rispetto che gli devi lo fanno svanir ein un attimo e ti
vedi alcuni con dei teleobiettivi della madonna che fanno un
centinaio di foto. Daccordissimo con il rispetto ma se poi
c'e' il SE PAGHI non alcun senso (ovvio non e' cosi' solo
qui!).
Il fiume Gange e' molto inquinato, 30 grosse fogne di
Varanasi scaricano nel fiume e la popolazione butta la
spazzatura per terra o nel fiume. La quotidianita' si svolge
lungo le rive del Gange. Le persone si lavano e lavano gli
indumenti quotidianamente nel fiume. E' acqua sacra. Un po'
come la cacca di mucca...molte persone camminano a piedi
nudi e si spalmano la cacca sotto i piedi per protezione.
Oltre mucche (a volte mettono la testa dentro qualche
negozio e mandarle via non e' semplice) e alle scimmie ogni
dove, ci sono caprette che rovistano nella spazzatura e cani
che dormono in qualche angolo. Molti si creano la cuccia per
partorire strappando qualche pezzo di cartone con i denti.
C'e' una coppia di cani di fianco ad una porta in un vicolo
che ha sei cuccioli. Stranamente non c'e' solo la mamma ad
accudirli ma anche il papa' pensa a pulirli e dormono tutti
assieme. I cani non sono sacri e a volte vengono presi a
calci. I bambini si divertono a tirargli dell'acqua addosso
e gli adulti non ci fanno molto caso, anche se li lasciano
abbastanza in pace. I gatti sono rari, ma se ne vede
qualcuno passeggiare sui cornicioni.
Nei vicoli bisogna stare sempre attenti a non farsi
investire dalle moto ed a non pestare qualche cacca. Quando
si incontra qualche toro nello stesso vicolo si spera che
non faccia la pipi o cacca in quel momento. La pipi c'e'
capitato! O se sono piu' di uno diventa difficoltoso
passare. Un giorno un vitellino a cui era scappata la mamma
mi ha quasi incornato per riuscire a passare.
Passeggiare la sera in riva al Gange e' molto piacevole.
C'e' meno caos che di giorno e fa un freschetto piacevole.
Sui ghat principali le persone piu' povere dormono con una
coperta. Le scimmie si divertono a passare nel mezzo. vicino
alla gente che dorme cercano se c'e' qualcosa da mangiare.
Sono carine a vederle, con le manine molto simile alle
nostre, ma e' meglio non avvicinarsi troppo rischiano di
correrti dietro e mostrarti i denti! C'e' qualcuno che passa
fra le mucche ed i tori a dargli qualcosa da mangiare ed
anche alle scimmie.
Passeggiando in riva al Gange di giorno si vede la loro vita
quotidiana, qualche bufalo a mollo nell'acqua, i barbieri
all'aperto, massaggiatori che per dieci rupie ti massaggino
collo e testa, i ragazzini che ti vendono delle candele
posate in una ciotolina fatta di foglie secche e contornata
di fiori arancioni, ti dicono che sono per portarti un buon
kharma. Se gli dici di no, per ripicca, ti dicono che non
sei una buona persona. Altre ragazzine vogliono dipingerti
le mani per qualche rupia. Un uomo, vicino al fiume, ha
della pasta fresca in mano e intorno a se' una trentina di
scimmie. Qualcuno gli e' appoggiata alle gambe con le manine
per prendersi piu' pasta. Quelle piu' grosse hanno la meglio
su quelle piccole. Finita la pasta le scimmie si allontanano
e l'uomo insieme alla folla ridunatasi intorno se ne vanno.
Il Golden Temple, un tempio nel mezzo dei vicoli e delle
case, e' caratteristico per la sua cupola rifinita d'oro.
All'interno del tempio sono permessi solo gli hindu. Le
altre persone possono ammirarlo dall'esterno. Ci sono
scimmie ovunque e ti passano anche molto vicino senza paura.
Una infastidita da Claudio senza motivo gli mostra i denti!
Un'altra mentre camminavo tranquillamente mi si e' appesa
alla bottiglia d'acqua che avevo in una mano, ma non e'
riuscita a portarmela via! Che simpatiche!
L'altra mattina mentre eravamo in camera, una scimmia si e'
posata di fianco al nostro balconcino a mangiarsi un frutto,
non gli interessava che la stessimo guardando. Su tutti i
balconcini del nostro albergo ci sono delle reti di ferro.
I clienti si lamentavano che entravano in stanza le scimmie
e gli rubavano le cose. Dalla terrazza in alto dell'albergo
si vedono la quantita' di scimmie che camminano e saltano
liberamente da un cornicione all'altro e quando possono
rubano qualche frutto da mangiare.
E' molto particolare e magica questa citta', viene voglia di
restare per un sacco di tempo, perdersi nei suoi vicoli ed
osservare il Gange. Gli indiani sono un po' rompiballe ma il
posto molto affascinante.
Domani si riparte (forse!). Ci dirigiamo verso il Nepal.
Prima di fine novembre dovremmo raggiungere Kathmandu.
a presto,
Patrizia
17.11.07
CLAUDIO (CALCUTTA-VARANASI, 14/11/2007)
Ciao Gente, siamo in un internet cafe' nei vicoli di
Varanasi, la citta' sacra sulle rive del fiume Gange.
Abbiamo impiegato una decina di giorni per raggiungere la
citta' fermandoci un paio di giorni lungo la strada. Uscire
da Calcutta non e' stato poi cosi' traumatico, solo 14
chilometri di periferia incasinata. Una volta imbroccata la
strada giusta e schivata qualche vacca che pascolava in
mezzo alla spazzatura ci siamo trovati fuori dalla citta'
sulla strada per Varanasi.
Negli anni le cose sono cambiate, nel 2003 c'era una misera
strada piena di buche mentre ora hanno costruito una strada
a due careggiate. Stanno costruendo dei caselli, alcuni sono
gia' in funzione mentre altri lo saranno a breve. La nuova
strada dovrebbe arrivare fino a New Delhi.
Dopo pochi chilometri che pedalavamo la bicicletta di
Patrizia ha avuto un problema alla gomma davanti. Si era
formata una bugna e la ruota saltellava. Ho risolto il
problema sgonfiando un po' la gomma, dopo saltellava un po'
meno... E' impensabile trovare una gomma decente in India,
dovrebbe reggere fino in Nepal dove sistemeremo un po' le
bici per proseguire il viaggio.
Lungo la strada abbiamo spesso incrociato degli hotel dove
si fermano molti camionisti a riposare. Sono delle piccole
costruzioni di cemento che fanno da ristornatino, hanno dei
letti costruiti con telai di legno e corda intrecciata dove
alcuni trascorrono la notte. Molte volte il locale e'
talmente piccolo che i letti li mettono fuori nel piazzale
sterrato.
Non molti chilometri dopo Calcutta comincia la vera India,
quella caotica, quella piena di spazzatura e vacche che
pascolano tranquillamente in mezzo alla strada. Intralciano
il traffico e rischiano di causare incidenti ma sanno di
essere sacre e se ne approfittano. Circolano tranquillamente
anche le capre e galline, non sono sacre ma rompono le balle
anche loro.
Le gare in bicicletta sono una costante di questo paese,
ogni volta che incrociavamo qualcuno era la stessa storia,
ci sorpassava e risorpassava finche' con uno sprint finale
ci bruciava e girava nella via di casa sua guardandoci come
due sconfitti. Morire che qualcuno capisse che noi non
gareggiavamo ma semplicemente pedalavamo al nostro passo.
Per loro le nostre bici sono una novita'. Costruiscono
ancora biciclette coi freni a bacchetta e tubi incastonati
come 40 anni fa in Italia, si chiamano Hero Jet, un nome
piu' azzeccato non lo hanno trovato.
Ogni volta che ci fermavamo a mangiare le nostre bici erano
torturate dalla curiosita' indiana. Abbiamo preso il vizio
di fasciare le leve del cambio con dei sacchetti di nylon,
facendo cosi' non hanno la tentazione di toccarlo.
E' una cosa incredibile, vogliono toccare tutto quello che
vedono, nonostante gli dicessi di non toccare il cambio lo
schiacciavano comunque. Non ho mai capito se era per
dispetto o se proprio non resistevano alla tentazione.
Sulle facciate delle case costruite vicino alla strada o sui
muretti dipingono le pubblicita' e insegne. Facendo
cosi' risparmiano sui cartelli e sulla carta dei manifesti.
Nei villaggi o lungo la strada il pranzo e' quasi sempre
misero. Troppe volte piccante e speziato oppure riso e Dal,
una salsina di ceci ben poco calorica. Quando possiamo nelle
citta' mangiamo pasta fritta e butter roti (pane non
lievitato e burro), non sara' la fine del mondo ma almeno ci
riempiamo la pancia. Con la dieta indiana abbiamo gia' perso
qualche chilo.
La prima notte l'abbiamo trascorsa in un'hotel di "lusso"
lungo la strada. Abbiamo rotto tanto le balle con lo sconto
e siamo riusiti a strapparlo per 6 euro. Un po' caro ma era
ormai buio e non sapevamo dove trascorrere la notte.
La mattina sia la guardia che il ragazzo dell'albergo
volevano qualche soldo. La storia e' sempre la stessa, ci
raccontavano di difficolta' famigliari o che non avevano
soldi per mangiare. Se avessimo dato una moneta ad ogni
persona che ce l'ha chiesta saremmo gia' senza un soldo.
Lungo la strada e' sempre la stessa storia, non ci sono
regole, non c'e' un codice della strada, si va a istinto.
Sulle motorette viaggiano in tre o quattro, dipende dalla
loro stazza, piu' ce ne stanno e meglio e'! Transitano
carretti, carri trainati dai cavalli, bus carichi di gente
anche sul tetto col clacson perennemente schiacciato in
cerca di clienti, ognuno pensa a se, circolano
tranquillamente contro mano e ogni tanto ci scappa un
frontale. Molti non hanno ancora capito l'utilita' della
strada a due carreggiate. Qualcuno dovrebbe spiegare a cosa
serve lo spartitraffico. Nelle citta' lo spartitraffico e'
la casa di molti poveri, montano delle tende con degli
stracci recuperati nella spazzatura. Altri allestisono un
negozietto ambulante, molti barbieri allestiscono il loro
negozio, una sedia e un paio di forbici...non serve di piu'.
Alcune vacche si stendono a riposare in mezzo al delirio di
clacson e caos indiano. Lo spartitraffico e' anche usato per
stenderci le cacche delle vacche a secare. Una volta secco
viene usato al posto del carbone per cucinare sulle stufe a
legna.
I poliziotti che cercano di dirigere
il traffico, o meglio, dare un senso al traffico, fanno
tenerezza. In pochi li considerano, ogni incrocio puo'
diventare un'odissea uscirne vivi. Le piu' tante volte e'
divertente, si ci incastra come un puzzle e per fare 50
metri ci vogliono 10 minuti. Non si riesce neppure a passare
con la bici.
Le officine lungo la strada sono divise per categoria di
mezzi di trasporto. Alcune riparano le Api Piaggio (in India
c'e' pieno e le usano da taxi), altri le moto, i camion e le
macchine. Le officine in se sono solo dei ripostigli per gli
attrzzi, i mezzi li riparano per strada. I laghi d'olio sono
le insegne delle officine!
I camion sono solitamente motrici Tata appesantite dalle
decorazioni che ci attacano. Costruiscono delle ringhiere
sui paraurti, delle terrazze di legno sul tetto usate per
trasportare persone o capre all'evenienza. Sui parabrezza
attaccano molti adesivi e stendardi riducendo del 50 per
cento la visiblita'.
Camion conciati peggio che in Pakistan pero' non ne ho
ancora visti.
Gli indiani sono un po' spacca maroni ma non mi
dispiacciono, molte volte cercano di aiutarci e gli piace
parlare con gli stranieri.
Si vestono normalmente, pantaloni e maglietta o camicia
mentre le donne usano delle lunghe tuniche colorate, oppure
vestiti piu' particolari sempre molto colorati. Molti
indiani ci tengono ad essere vestiti bene, sempre curati e
indossare annelli d'oro e catenine ed e' paradossale vederli
camminare in mezzo a tanta spazzatura.
Ogni tanto passa qualche ruspa che raccoglie la spazzatura e
la carica sui camion. Solitamente i mucchi di spazzatura
prima vengono setacciati dalla gente povera che cerca
qualcosa di ancora utilizzabile.
7/11/2007, uno dei pasti peggiori in India, 3 somosa (tipo
panzerotti ripieni)per uno mangiate in piedi sotto una
baraca. Erano troppo piccanti ma non c'era altro da
mangiare. Ricominciare a pedalare e' stato drammatico. La
sera abbiamo raggiunto una citta' caotica (come tutte le
citta') e ci siamo alloggiati in un albergo dopo la solita
trattativa.
Solitamente prima delle citta' finisce la Super strada e poi
riprende pochi chilometri dopo. In mezzo alle citta' si
forma sempre il solito deilirio.
Tra qualche anno faranno delle circonvallazioni e le citta'
diventeranno un po' piu' vivibili.
Lungo la strada per Varanasi abbiamo fatto una sosta a
Bodhgaya, il piu' grande centro di pellegrinaggio buddhista
al mondo. Alcuni mesi all'anno il Dalai Lama risiede in
quella citta'. La sua casa non era molto lontana dalla
nostra guest house. Nel mese di ottobre e novembre molti
monaci tibetani visitano la citta', e' il periodo di un
grande festival e i monaci da tutto il mondo raggiungono
Bodhgaya. Nella citta' hanno costruito molti templi,
thailandese, cinese, giapponese, birmano, tibetano, del
butthan, laotiano vietnamita e molti altri ancora.
Nella citta' ci sono centri di meditazione, in molti vanno
nella citta' per imparare la meditazione di Vipassana. Ci
sono molte teorie che anche Gesu' sia venuto in India ad
imparare Vipassana ma queste sono altre storie.
Durante il festival i negozi facevano affari d'oro vendendo
i petardi. Anche durante le notte non smettevano un'attimo
di farli scoppiare.
Eravamo in una guest house appena ristrutturata ma alcune
cose erano gia' in decadenza. Ero sceso di notte a fare
pipi' e quando sono uscito dal bagno mi e' quasi passato sui
piedi un ratto. Alle tre di notte far uscire un topo dalla
stanza non e' stato proprio divertente. Lo avrei lasciato in
camera ma mentre cercavo di riaddormentarmi l'ho sentito che
si arrampicava sul letto.
Fosse stato piccino lo avrei lasciato in camera ma era
troppo grosso e
si sentiva quando galoppava dentro la stanza. Sara' stato di
fogna...boh?
Dopo un giorno di sosta ci siamo spostati a Gaya, solo 12
chilometri di pedalata. E' stato un ritorno in India,
Bodhgaya era una citta' ricostruita per il turismo mentre
Gaya e' India al cento per cento.
Non c'era molto da vedere, un solo tempio Hindu dove solo
loro potevano entrare. Nel fiume, una scalinata sotto al
tempio, svolgono le cerimonie funebri hindu. Trasportano i
cadaveri con dei trattori decorati e poi portati con delle
barelle di bamboo vengono stesi sulle cataste di legna e
bruciati per ore. Una volta spento il fuoco le ceneri
vengono gettate nel fiume, un affluente del sacro Gange. I
cadaveri sono decorati con delle sete colorate e ghirlande
di fiori, i corpi delle donne invece hanno solo una seta
bianca. Prima di bruciarli i parenti fanno un rito attorno
al corpo, si lavano nel fiume e si rasano a zero lasciando
un solo ciuffo dietro la nuca.
Nessuno piange perche' credono fortemente nella loro
religione, mica come noi...
Molti bambini lavoravano in quella piattaforma di cemento a
bruciare morti, alimentavano il fuoco quando stava per
spegnersi e spostavano legna per preparare una nuova
cerimonia. In un'oretta che siamo rimasti sono arrivati tre
morti.
A Gaya la corrente elettrica e' un vero disastro. Chiunque
si attacca abusivamente ai pali della luce fregando corrente
col risultato che la citta' e' perennemente in black out. I
generatori sono accesi almeno 15 ore al giorno, il trambusto
nelle vie del centro e' assordante.
La citta' e' invasa dagli insetti attirati dalla spazzatura.
Attorno ai lampioni e' uno sciame enorme di zanzare e
moscerini.
12/11/2007, siamo ripartiti da Gaya, alla bicicletta di
Patrizia ha cominciato a muovere il movimento centrale ma
dovrebbe reggere senza problemi fino in Nepal. Mi sa che in
Nepal spendiamo un patrimonio a risistemarle!
Nei due giorni per raggiungere Varanasi le gare non sono mai
mancate. Un ragazzo per far vedere che ci sorpassava senza
problemi andava addirittura senza mani.... Cercava di fare
il disinvolto ma sulle salite soffriva come una bestia. Nel
pomeriggio mi sono preso una piccola rivincita con un
indiano, ho cominciato a fare le gare anch'io e quando
cercava di superarmi acceleravo e non riusciva a starmi
dietro. Non per altro, ma almeno uno che sappia che non
siamo delle mezze seghe.
Lungo la strada abbiamo incrociato dei pastori che
rientravano a casa con una carovana di dromedari. Patrizia
ha fatto una foto e il proprietario ci ha perseguitato per
avere dei soldi che non gli abbiamo dato. Ogni motivo e'
buono per chiedere soldi agli stranieri.
La sera Abbiamo attraversato il ponte piu' lungo in India,
tre chilometri e mezzo su un fiume in secca. Al di la del
ponte ci siamo alloggiati in un albergo, uno dei pochi della
citta'. I proprietari ci hanno prima mandato alla polizia a
registrarci che abbiamo trovato grazie all'aiuto di un
ragazzo che ci ha accompagnati. Gli ufficiali erano gentili,
ci hanno fatto un po' di domande e poi offerto il the. Il
ragazzino che ci ha portato il the era in dubbio se darlo a
Patrizia, poi con un cenno dell'ufficiale le ha dato il the.
Non sono abituati a condividere certe cose con le donne,
quelle sono cose da uomini! Il the lo servono in dei
bichieri
di terracotta e una volta bevuto lo tirano da qualche parte,
tipo usa e getta.
13/11/2007, convinti di fare 120 chilometri ne abbiamo fatti
160 e raggiunta Varanasi di notte. A pranzo e' stato un
trauma, io ho mangiato una sola somosa, troppo piccante per
il mio palato. Avevo le lacrime agli occhi a mandare giu' il
boccone. Eravamo seduti in una panca al centro della citta'
e attorno a noi c'erano una trentina di persone inebetite a
fissarci mangiare. Le bici erano sommerse dalle persone che
dovevano toccarle e capire come funzionavano. Il traffico
era paralizzato dalla gente che doveva fissarci. Ho spostato
le bici e messe il piu' vicino possibile a noi per poterle
vedere ma gli indiani ormai c'erano entrati anche nelle
orecchie. Pazienza la privacy ma almeno ci lasciassero
respirare!!!
A gomitate siamo riusiti a oltrepassare la folla e tornare
sulla strada.
Pochi chilometri dopo ci siamo fermati a mangiare due
biscotti e siamo poi ripartiti per Varanasi.
Gli ultimi chilometri ero cotto con la febbre a 38 ma non
c'era un buco di paese dove trascorrere la notte, l'unico
segnato sulla mappa era inesitente. Abbiamo raggiunto
Varanasi e trascorso due notti per ripigliarmi in un albergo
vicino alla stazione.
Una volta ripreso ci siamo spostati in centro nei vicoli di
Varanasi.
Trascorreremo una settimana nella citta' sacra, ci sentiamo
tra qualche giorno!!
Ciao a Tutti!
Claudio
Ciao Gente, siamo in un internet cafe' nei vicoli di
Varanasi, la citta' sacra sulle rive del fiume Gange.
Abbiamo impiegato una decina di giorni per raggiungere la
citta' fermandoci un paio di giorni lungo la strada. Uscire
da Calcutta non e' stato poi cosi' traumatico, solo 14
chilometri di periferia incasinata. Una volta imbroccata la
strada giusta e schivata qualche vacca che pascolava in
mezzo alla spazzatura ci siamo trovati fuori dalla citta'
sulla strada per Varanasi.
Negli anni le cose sono cambiate, nel 2003 c'era una misera
strada piena di buche mentre ora hanno costruito una strada
a due careggiate. Stanno costruendo dei caselli, alcuni sono
gia' in funzione mentre altri lo saranno a breve. La nuova
strada dovrebbe arrivare fino a New Delhi.
Dopo pochi chilometri che pedalavamo la bicicletta di
Patrizia ha avuto un problema alla gomma davanti. Si era
formata una bugna e la ruota saltellava. Ho risolto il
problema sgonfiando un po' la gomma, dopo saltellava un po'
meno... E' impensabile trovare una gomma decente in India,
dovrebbe reggere fino in Nepal dove sistemeremo un po' le
bici per proseguire il viaggio.
Lungo la strada abbiamo spesso incrociato degli hotel dove
si fermano molti camionisti a riposare. Sono delle piccole
costruzioni di cemento che fanno da ristornatino, hanno dei
letti costruiti con telai di legno e corda intrecciata dove
alcuni trascorrono la notte. Molte volte il locale e'
talmente piccolo che i letti li mettono fuori nel piazzale
sterrato.
Non molti chilometri dopo Calcutta comincia la vera India,
quella caotica, quella piena di spazzatura e vacche che
pascolano tranquillamente in mezzo alla strada. Intralciano
il traffico e rischiano di causare incidenti ma sanno di
essere sacre e se ne approfittano. Circolano tranquillamente
anche le capre e galline, non sono sacre ma rompono le balle
anche loro.
Le gare in bicicletta sono una costante di questo paese,
ogni volta che incrociavamo qualcuno era la stessa storia,
ci sorpassava e risorpassava finche' con uno sprint finale
ci bruciava e girava nella via di casa sua guardandoci come
due sconfitti. Morire che qualcuno capisse che noi non
gareggiavamo ma semplicemente pedalavamo al nostro passo.
Per loro le nostre bici sono una novita'. Costruiscono
ancora biciclette coi freni a bacchetta e tubi incastonati
come 40 anni fa in Italia, si chiamano Hero Jet, un nome
piu' azzeccato non lo hanno trovato.
Ogni volta che ci fermavamo a mangiare le nostre bici erano
torturate dalla curiosita' indiana. Abbiamo preso il vizio
di fasciare le leve del cambio con dei sacchetti di nylon,
facendo cosi' non hanno la tentazione di toccarlo.
E' una cosa incredibile, vogliono toccare tutto quello che
vedono, nonostante gli dicessi di non toccare il cambio lo
schiacciavano comunque. Non ho mai capito se era per
dispetto o se proprio non resistevano alla tentazione.
Sulle facciate delle case costruite vicino alla strada o sui
muretti dipingono le pubblicita' e insegne. Facendo
cosi' risparmiano sui cartelli e sulla carta dei manifesti.
Nei villaggi o lungo la strada il pranzo e' quasi sempre
misero. Troppe volte piccante e speziato oppure riso e Dal,
una salsina di ceci ben poco calorica. Quando possiamo nelle
citta' mangiamo pasta fritta e butter roti (pane non
lievitato e burro), non sara' la fine del mondo ma almeno ci
riempiamo la pancia. Con la dieta indiana abbiamo gia' perso
qualche chilo.
La prima notte l'abbiamo trascorsa in un'hotel di "lusso"
lungo la strada. Abbiamo rotto tanto le balle con lo sconto
e siamo riusiti a strapparlo per 6 euro. Un po' caro ma era
ormai buio e non sapevamo dove trascorrere la notte.
La mattina sia la guardia che il ragazzo dell'albergo
volevano qualche soldo. La storia e' sempre la stessa, ci
raccontavano di difficolta' famigliari o che non avevano
soldi per mangiare. Se avessimo dato una moneta ad ogni
persona che ce l'ha chiesta saremmo gia' senza un soldo.
Lungo la strada e' sempre la stessa storia, non ci sono
regole, non c'e' un codice della strada, si va a istinto.
Sulle motorette viaggiano in tre o quattro, dipende dalla
loro stazza, piu' ce ne stanno e meglio e'! Transitano
carretti, carri trainati dai cavalli, bus carichi di gente
anche sul tetto col clacson perennemente schiacciato in
cerca di clienti, ognuno pensa a se, circolano
tranquillamente contro mano e ogni tanto ci scappa un
frontale. Molti non hanno ancora capito l'utilita' della
strada a due carreggiate. Qualcuno dovrebbe spiegare a cosa
serve lo spartitraffico. Nelle citta' lo spartitraffico e'
la casa di molti poveri, montano delle tende con degli
stracci recuperati nella spazzatura. Altri allestisono un
negozietto ambulante, molti barbieri allestiscono il loro
negozio, una sedia e un paio di forbici...non serve di piu'.
Alcune vacche si stendono a riposare in mezzo al delirio di
clacson e caos indiano. Lo spartitraffico e' anche usato per
stenderci le cacche delle vacche a secare. Una volta secco
viene usato al posto del carbone per cucinare sulle stufe a
legna.
I poliziotti che cercano di dirigere
il traffico, o meglio, dare un senso al traffico, fanno
tenerezza. In pochi li considerano, ogni incrocio puo'
diventare un'odissea uscirne vivi. Le piu' tante volte e'
divertente, si ci incastra come un puzzle e per fare 50
metri ci vogliono 10 minuti. Non si riesce neppure a passare
con la bici.
Le officine lungo la strada sono divise per categoria di
mezzi di trasporto. Alcune riparano le Api Piaggio (in India
c'e' pieno e le usano da taxi), altri le moto, i camion e le
macchine. Le officine in se sono solo dei ripostigli per gli
attrzzi, i mezzi li riparano per strada. I laghi d'olio sono
le insegne delle officine!
I camion sono solitamente motrici Tata appesantite dalle
decorazioni che ci attacano. Costruiscono delle ringhiere
sui paraurti, delle terrazze di legno sul tetto usate per
trasportare persone o capre all'evenienza. Sui parabrezza
attaccano molti adesivi e stendardi riducendo del 50 per
cento la visiblita'.
Camion conciati peggio che in Pakistan pero' non ne ho
ancora visti.
Gli indiani sono un po' spacca maroni ma non mi
dispiacciono, molte volte cercano di aiutarci e gli piace
parlare con gli stranieri.
Si vestono normalmente, pantaloni e maglietta o camicia
mentre le donne usano delle lunghe tuniche colorate, oppure
vestiti piu' particolari sempre molto colorati. Molti
indiani ci tengono ad essere vestiti bene, sempre curati e
indossare annelli d'oro e catenine ed e' paradossale vederli
camminare in mezzo a tanta spazzatura.
Ogni tanto passa qualche ruspa che raccoglie la spazzatura e
la carica sui camion. Solitamente i mucchi di spazzatura
prima vengono setacciati dalla gente povera che cerca
qualcosa di ancora utilizzabile.
7/11/2007, uno dei pasti peggiori in India, 3 somosa (tipo
panzerotti ripieni)per uno mangiate in piedi sotto una
baraca. Erano troppo piccanti ma non c'era altro da
mangiare. Ricominciare a pedalare e' stato drammatico. La
sera abbiamo raggiunto una citta' caotica (come tutte le
citta') e ci siamo alloggiati in un albergo dopo la solita
trattativa.
Solitamente prima delle citta' finisce la Super strada e poi
riprende pochi chilometri dopo. In mezzo alle citta' si
forma sempre il solito deilirio.
Tra qualche anno faranno delle circonvallazioni e le citta'
diventeranno un po' piu' vivibili.
Lungo la strada per Varanasi abbiamo fatto una sosta a
Bodhgaya, il piu' grande centro di pellegrinaggio buddhista
al mondo. Alcuni mesi all'anno il Dalai Lama risiede in
quella citta'. La sua casa non era molto lontana dalla
nostra guest house. Nel mese di ottobre e novembre molti
monaci tibetani visitano la citta', e' il periodo di un
grande festival e i monaci da tutto il mondo raggiungono
Bodhgaya. Nella citta' hanno costruito molti templi,
thailandese, cinese, giapponese, birmano, tibetano, del
butthan, laotiano vietnamita e molti altri ancora.
Nella citta' ci sono centri di meditazione, in molti vanno
nella citta' per imparare la meditazione di Vipassana. Ci
sono molte teorie che anche Gesu' sia venuto in India ad
imparare Vipassana ma queste sono altre storie.
Durante il festival i negozi facevano affari d'oro vendendo
i petardi. Anche durante le notte non smettevano un'attimo
di farli scoppiare.
Eravamo in una guest house appena ristrutturata ma alcune
cose erano gia' in decadenza. Ero sceso di notte a fare
pipi' e quando sono uscito dal bagno mi e' quasi passato sui
piedi un ratto. Alle tre di notte far uscire un topo dalla
stanza non e' stato proprio divertente. Lo avrei lasciato in
camera ma mentre cercavo di riaddormentarmi l'ho sentito che
si arrampicava sul letto.
Fosse stato piccino lo avrei lasciato in camera ma era
troppo grosso e
si sentiva quando galoppava dentro la stanza. Sara' stato di
fogna...boh?
Dopo un giorno di sosta ci siamo spostati a Gaya, solo 12
chilometri di pedalata. E' stato un ritorno in India,
Bodhgaya era una citta' ricostruita per il turismo mentre
Gaya e' India al cento per cento.
Non c'era molto da vedere, un solo tempio Hindu dove solo
loro potevano entrare. Nel fiume, una scalinata sotto al
tempio, svolgono le cerimonie funebri hindu. Trasportano i
cadaveri con dei trattori decorati e poi portati con delle
barelle di bamboo vengono stesi sulle cataste di legna e
bruciati per ore. Una volta spento il fuoco le ceneri
vengono gettate nel fiume, un affluente del sacro Gange. I
cadaveri sono decorati con delle sete colorate e ghirlande
di fiori, i corpi delle donne invece hanno solo una seta
bianca. Prima di bruciarli i parenti fanno un rito attorno
al corpo, si lavano nel fiume e si rasano a zero lasciando
un solo ciuffo dietro la nuca.
Nessuno piange perche' credono fortemente nella loro
religione, mica come noi...
Molti bambini lavoravano in quella piattaforma di cemento a
bruciare morti, alimentavano il fuoco quando stava per
spegnersi e spostavano legna per preparare una nuova
cerimonia. In un'oretta che siamo rimasti sono arrivati tre
morti.
A Gaya la corrente elettrica e' un vero disastro. Chiunque
si attacca abusivamente ai pali della luce fregando corrente
col risultato che la citta' e' perennemente in black out. I
generatori sono accesi almeno 15 ore al giorno, il trambusto
nelle vie del centro e' assordante.
La citta' e' invasa dagli insetti attirati dalla spazzatura.
Attorno ai lampioni e' uno sciame enorme di zanzare e
moscerini.
12/11/2007, siamo ripartiti da Gaya, alla bicicletta di
Patrizia ha cominciato a muovere il movimento centrale ma
dovrebbe reggere senza problemi fino in Nepal. Mi sa che in
Nepal spendiamo un patrimonio a risistemarle!
Nei due giorni per raggiungere Varanasi le gare non sono mai
mancate. Un ragazzo per far vedere che ci sorpassava senza
problemi andava addirittura senza mani.... Cercava di fare
il disinvolto ma sulle salite soffriva come una bestia. Nel
pomeriggio mi sono preso una piccola rivincita con un
indiano, ho cominciato a fare le gare anch'io e quando
cercava di superarmi acceleravo e non riusciva a starmi
dietro. Non per altro, ma almeno uno che sappia che non
siamo delle mezze seghe.
Lungo la strada abbiamo incrociato dei pastori che
rientravano a casa con una carovana di dromedari. Patrizia
ha fatto una foto e il proprietario ci ha perseguitato per
avere dei soldi che non gli abbiamo dato. Ogni motivo e'
buono per chiedere soldi agli stranieri.
La sera Abbiamo attraversato il ponte piu' lungo in India,
tre chilometri e mezzo su un fiume in secca. Al di la del
ponte ci siamo alloggiati in un albergo, uno dei pochi della
citta'. I proprietari ci hanno prima mandato alla polizia a
registrarci che abbiamo trovato grazie all'aiuto di un
ragazzo che ci ha accompagnati. Gli ufficiali erano gentili,
ci hanno fatto un po' di domande e poi offerto il the. Il
ragazzino che ci ha portato il the era in dubbio se darlo a
Patrizia, poi con un cenno dell'ufficiale le ha dato il the.
Non sono abituati a condividere certe cose con le donne,
quelle sono cose da uomini! Il the lo servono in dei
bichieri
di terracotta e una volta bevuto lo tirano da qualche parte,
tipo usa e getta.
13/11/2007, convinti di fare 120 chilometri ne abbiamo fatti
160 e raggiunta Varanasi di notte. A pranzo e' stato un
trauma, io ho mangiato una sola somosa, troppo piccante per
il mio palato. Avevo le lacrime agli occhi a mandare giu' il
boccone. Eravamo seduti in una panca al centro della citta'
e attorno a noi c'erano una trentina di persone inebetite a
fissarci mangiare. Le bici erano sommerse dalle persone che
dovevano toccarle e capire come funzionavano. Il traffico
era paralizzato dalla gente che doveva fissarci. Ho spostato
le bici e messe il piu' vicino possibile a noi per poterle
vedere ma gli indiani ormai c'erano entrati anche nelle
orecchie. Pazienza la privacy ma almeno ci lasciassero
respirare!!!
A gomitate siamo riusiti a oltrepassare la folla e tornare
sulla strada.
Pochi chilometri dopo ci siamo fermati a mangiare due
biscotti e siamo poi ripartiti per Varanasi.
Gli ultimi chilometri ero cotto con la febbre a 38 ma non
c'era un buco di paese dove trascorrere la notte, l'unico
segnato sulla mappa era inesitente. Abbiamo raggiunto
Varanasi e trascorso due notti per ripigliarmi in un albergo
vicino alla stazione.
Una volta ripreso ci siamo spostati in centro nei vicoli di
Varanasi.
Trascorreremo una settimana nella citta' sacra, ci sentiamo
tra qualche giorno!!
Ciao a Tutti!
Claudio
PATRIZIA (INDIA, 5/11/2007 - 14/11/2007)
Ciao gente,
vi scrivo da Varanasi, sorge sulle rive del Gange e forse e'
la citta' piu' affascinante e caratteristica che abbia mai
visto. Sono in uno dei tanti internet cafe' che si
incontrano camminando in mezzo agli stretti vicoli della
parte vecchia di questa citta'...ma di Varanasi ve ne
raccontero' un'altra volta!
5 novembre. Partiti dalla guesthouse dove alloggiamo a
Calcutta impieghiamo due ore ad uscire dal caos della
citta'. Attraversiamo un ponte dove e' incredibile la
quantita' di gente che ci passa a piedi. Fuori dal centro
clacson e spazzatura iniziano a darmi il primo assaggio di
India. Qualche mucca mangia la spazzatura e qualcun'altra e'
sdraiata da qualche parte. Sono sacre e nessuno le tocca.
Dopo i primi chilometri fuori da Calcutta sento che la bici
e' come se saltellasse: il copertone davanti ha mollato un
po' ed in un punto, invece che la gomma dritta ho una specie
di "S". Speriamo arrivi fino a Kathmandu. Mi accorgo di aver
perso una borraccia, probabilmente l'ho persa nel caos o
qualcuno me l'ha presa. A pranzo ci fermiamo in una
baracchetta lungo la strada che ha riso, patate e una
salsina piccante con i ceci (dal). Loro bevono l'acqua delle
pompe ma noi non possiamo cosi' ne prendiamo una bottiglia.
Le posate non ci sono, cosi' come la maggior parte degli
indiani, ci laviamo le mani soto una delle numerose pompe a
mano che forniscono acqua e mangiamo con le mani. Mi sento
cosi' "impedita" a mangiare con le mani, per loro invece e'
cosi' naturale. Prima di andare via e pagare il conto il
padrone del ristorantino ci offre dello yogurt (un po'
diverso dal nostro) con lo zucchero. Il conto e' di 43 rupie
(meno di 1 euro, ma i nostri pancini non sono cosi' pieni!),
di cui 20 e' il prezzo dell'acqua. Indicando le borraccie ci
chiede a cosa servono, all'inizio rimaniamo un po' stupiti e
non capiamo la domanda ma poi rispondiamo che servono per
contenere l'acqua. Capiscono e dalla folla radunatasi
intorno a noi si sente un "aaaa..." generale. A volte le
cose piu' ovvie per noi non sono poi cosi' ovvie...e
viceversa! Viene buio presto, cosi' verso le 5 del
pomeriggio ci fermiamo in un hotel decente sulla strada.
6 novembre. Il mattino usciti dall'albergo abbastanza
presto, sia il figlio del proprietario che la guardia
dell'albergo ci chiedono dei soldi. Gentilmente gli diciamo
di no e ripartiamo. Tutti ti chiedono dei soldi se ti
accompagnano in un hotel, ti spiegano quacosa del posto o
per qualsiasi altra cosa, anche se chiaramente prima gli
dici che non gli dai un soldo! Lungo la strada non e'
semplice trovare acqua potabile confezionata, gli indiani
bevono quella delle pompe. Sembra assurdo ma a volte e' piu'
semplice trovare della pepsi o della sprite.
Le donne hanno vestiti molto colorati, spesso hanno la
pancia scoperta ma e' difficile vedere qualche ragazza in
jeans o con le gambe un po' scoperte. In tanti tratti la
strada e' piena di pezzetti di vetri, strano che non abbiamo
ancora bucato! Buoi, bufali e capre sono al pascolo a lato
della strada ed a volte in mezzoallo spartitraffico, dove
c'e' un pochino d'erba. Ci sono molti cani randagi, non sono
trattati male ma non vengono nemmeno considerati. Al
contrario le mucche sono sacre e non vengono toccate, a
volte gli viene dato da mangiare, ma per lo piu' rovistano e
dormono nella miriade di spazzatura che c'e' nei paesi e
nelle citta'.
Nel primo pomeriggio arriviamo ad Asansol...che caos!
Autobus, bici, motorini, camion, api (piaggio), rickshaw e
persone a piedi si buttano in mezzo alla strada senza
rendere conto a nessun altro. Qualche mucca passeggia
tranquillamente in mezzo al traffico e motorini e biciclette
"rischiano la vita" per evitarle. Ne vediamo una enorme che
riposa tranquillamente in mezzo al caos sullo spartitraffico
in centro. Un poliziotto che cerca, senza troppi risultati,
di coordinare il traffico mi fa tenerezza. Usciti un po' dal
casino troviamo un alberghetto abbastanza pulito ed il
proprietario molte gentile.
7 novembre. Ripartiti su una strada non piu' tanto
pianeggiante ma con qualche sali e scendi ci fermiamo a
pranzo in una baracchetta all'aperto che fa dei dolci e
delle somosa (panzerotti ripieni di patate e ceci e
peperoncino). Prendiamo qualche somosa (peccato che sono
tanto piccanti) e due frittelle dolci. E' incredibile quanto
costa poco il cibo indiano lungo la strada: il conto e' di
18 rupie (meno di 50 centesimi di euro). Vedo dei bimbi che
si fanno dondolare per gioco: due appesi ad un cancello ed
un altro che li fa girare spingendoli. Vediamo anche qualche
partita di Cricket dei ragazzi a scuola.
Mentre pedaliamo tanti ci superano e fanno le gare con noi.
I ragazzi li capisco, ma degli adulti di 60 anni che si
mettono a pedalare come dei forsennati (come se quello fosse
il loro ritmo normale di pedalata) per superarti e poi
girano alla prima stradina dopo 100 metri, facendoti frenare
perche' altrimenti li investiresti mentre girano, "mi fanno
piegare"! A volte Claudio si mette a gareggiare facendoli
scoppiare ed io da dietro mi godo la scena. Un uomo l'altro
giorno ci ha superato e poi si e' messo a pedalare con le
mani dietro il collo (come se fosse seduto sul divano). Un
altro che portava la figlia dietro sul portapacchi si e'
messo a pedalare forte, ci ha superato e la figlia dietro si
teneva aggrappata per non cadere!
Ci fermiamo in un paesino nemmeno segnato sulla mappa, dove
troviamo un hotel con le stanze (dico con le stanze perche'
lungo la strada ci sono dei "cubi di cemento" che fanno da
hotel, ristorante, bar ma alla fine ti offrono una brande di
corda e del riso e dal per cena). Il bagno e' inquietante ma
le lenzuola sono pulite.
8 novembre. Alzati di buon'ora, dopo un 80ina di chilometri
ci fermiamo in una citta' a pranzo dove troviamo delle
somosa (1 rupia l'una) non troppo piccanti, ce ne facciamo
una scorpacciata. Gli indiani seduti di fianco a noi bevono
te' e masala con qualche biscottino. Un ragazzo ci fa di
nascosto le foto con il cellulare (magari dormono e mangiano
in posti poverissimi ma alcuni hanno il cellulare che fa le
foto), ci giriamo e gli sorridiamo. Accortosi che l'abbiamo
visto viene davanti a noi e ci scatta almeno cinque foto!
Dopo 160 chilometri, con il buio, arriviamo a Bodhgaya. Il
piu' grande centro al mondo di pellegrinaggio buddista. E'
un paese molto tranquillo, non troppo caotico. Caprette,
cani e buoi sono in giro per il paese. Tutti si avvicinano
per portarci in una guesthouse. Dopo avergli detto di no una
decina di volte si allontanano. Troviamo una stanza con
bagno in una guesthouse vicino alla residenza del Dalai Lama
per 200 rupie (4 euro).
9 novembre. Bodhgaya. Scoppiano sempre fuochi e petardi. E'
festa ed i bambini si divertono a scoppiare i petardi vicino
ai turisti per vederli "saltare in aria" per il botto!
Giriamo per Bodhgaya...ci sono monasteri buddisti di tutte
le "scuole": tibetano, cinese, thailandese, buthanese,
birmano, vietnamita, giapponese e molti altri. Un buddha
all'aperto alto 25 metri. Intorno al tempio Mahabodhi, il
piu' spettacolare, monaci e monache buddisti pregano verso
il tempio. Alcuni occidentali fanno meditazione ed altri
passeggiano intorno. Per entrare nel tempio bisogna pagare
20 rupie per utilizzare la macchina fotografica oppure 500
rupie (quasi 10 euro!!!) per fare dell riprese. Non e'
permesso entrare con le scarpe (solo a piedi nudi) ma fa
ridere che c'e' un cartello con scritto: "PROIBITO ENTRARE
CON LE SCARPE MA SE PAGHI 100 RUPIE LE PUOI TENERE". In
guesthouse conosciamo un ragazzo italiano che e' da qualche
anno che viene in India per un po' di mesi. Ci racconta un
po' di Bodhgaya, dei maestri indiani e di alcuni corsi di
meditazione. Ci sono corsi di 10/15 giorni per diversi tipi
di meditazione. E' molto interessante parlare con lui.
10 novembre. Ripartiamo da Bodhgaya e seguiamo la strada
lungo il fiume. 10 chilometri piu' a nord ci fermiamo a
Gaya. Rispetto a Bodhgaya e' molto piu' caotica e sporca.
Veniamo ricatapultati in India! Le mucche ed i tori
indisturbati mangiano la spazzatura e camminano per la
strada. Qui (come in molte altre parti dell'India) la
corrente va via molto spesso durante il giorno e la notte.
Tanti hanno un generatore a benzina per sostituire la
mancanza di corrente.
11 novembre. Saliamo su un rickshaw e ci facciamo
accompagnare al tempio Vishnu. I turisti non sono permessi
all'interno, cosi' lo apprezziamo da fuori. Sotto il tempio,
sulle rive del fiume ci sono le cerimonie funebri. I parenti
arrivano con il corpo del morto su una barella di bambu e
fasciato in dei teli bianchi o colorati. Lo appoggiano per
terra ed intanto le persone addette preparano della legna,
su cui poi verra' appoggiato il corpo e dopo altri riti
coperto con dell'altra legna. Intanto i parenti si lavano
nel fiume, pieno di spazzatura e muchhe, bufali e cani che
se la mangiano. Ai parenti stretti di sesso maschile vengono
rasati capelli e barba (non i baffi) escluso un ciuffetto
sulla nuca che viene lasciato. Poi viene acceso il fuoco sul
corpo avvolto dalla legna finche' non ne resta solo cenere.
Non e' permeso fare foto o filmati ai corpi. E' un po' come
se uno straniero si mettesse a filmare una cerimonia funebre
da noi.
12 novembre. Ripartiamo da Gaya. A pranzo mangiamo il solito
riso con le mani accompagnato da delle patate, stranamente
non piccanti. Vediamo delle carovane di dromedari camminare
lungo la strada. Camminano cosi' pacati, come mettono
tranquillita'. Gli faccio una foto ed arriva subito un
mandriano che mi chiede dei soldi. Insiste un po' e poi
visto che non c'e' 'trippa per gatti" se ne va.
Prima di arrivare a Derhi, dove ci fermeremo a dormire,
rimasti a secco, compriamo dell'acqua in uno di quei
hotel/ristorante/bar sulla strada. Le bottiglie d'acqua,
come qualsiasi altra cosa cnfezionata ha il prezzo stampato
sulla confezione. 1 litro d'acqua costa 12 rupie (a parte a
volte in posti turistici che te la possono vendere a 10
rupie), l'uomo nel hotel ci chiede 15 rupie. Dopo un po' di
proteste accettiamo comunque di prenderla, non abbiamo piu'
acqua. Alla cassa per pagare diamo 15 rupie ed il cassiere
con nostra sorpresa e quella dell'uomo ci da 3 rupie di
resto. Si era dimenticato di mettersi d'accordo con il
cassiere per fregarci! Prima di arrivare a Derhi,
percorriamo il ponte piu' lungo in India, 3,5 km. Sara'
anche il piu' lungo ma credo il piu' basso e con il fiume
quasi in secca! A Derhi troviamo un hotel, dove l'uomo alla
reception, prima di accettarci, ci manda alla polizia a
registrarci (probabilmente non aveva voglia di andarci
lui!). Alla stazione di polizia ci fanno sedere, ci chedono
i passaporti, ci fanno un po' di domande e ci offrono il te'
in dei bicchierini di terracotta che poi lanciano per terra.
Ritorniamo in hotel e c'e' un altro uomo alla reception che
ci chiede tutti i nostri dati possibili ed e' simpatico
come....!
13 novembre. ore 7.50: ci bussano alla porta. Claudio va ad
aprire. E' un tizio dell'albergo con una scopa in ano che
vuole pulire la stanza. Dopo avergli detto di passare dopo
un po' di volte se ne va. Qui si alzano tutti molto piu'
presto (alle 5 c'e' la luce). Dopo un'oretta ci bussano di
nuovo alla porta. E' un altro tizio che ci chiede se abbiamo
monete italiane, ne fa la collezione. Usciti dalla stanza
andiamo alla reception per pagare. C'e' un altro signore che
ci fa pagare meno la stanza e fa una foto con noi con il suo
cellulare. In ogni albergo o ristorantino e' impressionante
quanta gente spunta fuori che lavora o da una mano in quel
posto. A pranzo ci fermiamo in una citta'. In una specie di
pasticceria ci sono delle somosa, ne mangiamo solo due sono
troppo piccanti. Mentre mangiamo su una panca all'aperto in
5 minuti siamo circondati da almeno 20 persone. Dobbiamo
spostare le bici attaccate a noi altrimenti non le vediamo.
Un ragazzo tocca il cambio. Claudio gli da una manata. Gli
altri ridono.
Non ci sono bici con il cambio in India ed e' irresistibile
per loro il cambio. Non riescono a non toccarlo. Ogni volta
che lasciamo legate ed incustodite le biciclette qualcuno ci
ha toccato il cambio. E se lo chiedi ovviamente non sono
stati loro. Non capiscono che toccando il cambio senza far
girare i pedali si rovina. Cosi' ora quando le lasciamo da
qualche parte copriamo il cambio con deisacchettini di
plastica. SE NON VEDONO NON TOCCANO.
Pensiamo di fermarci a dormire in una citta' segnata sulla
mappa a venti chilometri da Varanasi. Non la vediamo,
probabilmente la passiamo, passiamo di 5 chilometri anche
Varanasi. Non ci sono cartelli! Ci feriamo a mangiare dei
biscottini, e' buio, Claudio ha la fronte calda come una
stufa. Verso le 8 e mezza di sera siamo nella periferia di
varanasi. Non abbiamo punti di riferimento. Finalmente
capiamo dove siamo sulla mappa, vicino alla stazione.
Chiediamo per un hotel segnato sulla guida e un poliziotto
ci da le indicazioni. Non lo troviamo. Si ferma un signore
in vespa che ci dice che non e' lontano e si offre di
accompagnarci. Non l'avremmo mai trovato da soli. Grazie! La
stanza e' confortevole, non troppo economica ma Claudio ha
la febbre, io sono cotta e staremo qui solo per una o due
notti, poi ci sposteremo nella citta' vecchia. Scendiamo per
mangiare, io ordino della pasta cinese e alla richiesta di
Claudio di latte e cornflex, il cameriere rimane un po'
stupito ma poi spiegatogli che sta male va in cucina
sorridendo!
14 novembre. Claudio sta meglio, ci riposiamo. Doani ci
sposteremo nella vera Varanasi.
Passeremo probabilmente ancora una settimana qui a Varanasi,
si sta bene, non viene la voglia i andare via da qui...
vi abbraccio,
Patrizia
Ciao gente,
vi scrivo da Varanasi, sorge sulle rive del Gange e forse e'
la citta' piu' affascinante e caratteristica che abbia mai
visto. Sono in uno dei tanti internet cafe' che si
incontrano camminando in mezzo agli stretti vicoli della
parte vecchia di questa citta'...ma di Varanasi ve ne
raccontero' un'altra volta!
5 novembre. Partiti dalla guesthouse dove alloggiamo a
Calcutta impieghiamo due ore ad uscire dal caos della
citta'. Attraversiamo un ponte dove e' incredibile la
quantita' di gente che ci passa a piedi. Fuori dal centro
clacson e spazzatura iniziano a darmi il primo assaggio di
India. Qualche mucca mangia la spazzatura e qualcun'altra e'
sdraiata da qualche parte. Sono sacre e nessuno le tocca.
Dopo i primi chilometri fuori da Calcutta sento che la bici
e' come se saltellasse: il copertone davanti ha mollato un
po' ed in un punto, invece che la gomma dritta ho una specie
di "S". Speriamo arrivi fino a Kathmandu. Mi accorgo di aver
perso una borraccia, probabilmente l'ho persa nel caos o
qualcuno me l'ha presa. A pranzo ci fermiamo in una
baracchetta lungo la strada che ha riso, patate e una
salsina piccante con i ceci (dal). Loro bevono l'acqua delle
pompe ma noi non possiamo cosi' ne prendiamo una bottiglia.
Le posate non ci sono, cosi' come la maggior parte degli
indiani, ci laviamo le mani soto una delle numerose pompe a
mano che forniscono acqua e mangiamo con le mani. Mi sento
cosi' "impedita" a mangiare con le mani, per loro invece e'
cosi' naturale. Prima di andare via e pagare il conto il
padrone del ristorantino ci offre dello yogurt (un po'
diverso dal nostro) con lo zucchero. Il conto e' di 43 rupie
(meno di 1 euro, ma i nostri pancini non sono cosi' pieni!),
di cui 20 e' il prezzo dell'acqua. Indicando le borraccie ci
chiede a cosa servono, all'inizio rimaniamo un po' stupiti e
non capiamo la domanda ma poi rispondiamo che servono per
contenere l'acqua. Capiscono e dalla folla radunatasi
intorno a noi si sente un "aaaa..." generale. A volte le
cose piu' ovvie per noi non sono poi cosi' ovvie...e
viceversa! Viene buio presto, cosi' verso le 5 del
pomeriggio ci fermiamo in un hotel decente sulla strada.
6 novembre. Il mattino usciti dall'albergo abbastanza
presto, sia il figlio del proprietario che la guardia
dell'albergo ci chiedono dei soldi. Gentilmente gli diciamo
di no e ripartiamo. Tutti ti chiedono dei soldi se ti
accompagnano in un hotel, ti spiegano quacosa del posto o
per qualsiasi altra cosa, anche se chiaramente prima gli
dici che non gli dai un soldo! Lungo la strada non e'
semplice trovare acqua potabile confezionata, gli indiani
bevono quella delle pompe. Sembra assurdo ma a volte e' piu'
semplice trovare della pepsi o della sprite.
Le donne hanno vestiti molto colorati, spesso hanno la
pancia scoperta ma e' difficile vedere qualche ragazza in
jeans o con le gambe un po' scoperte. In tanti tratti la
strada e' piena di pezzetti di vetri, strano che non abbiamo
ancora bucato! Buoi, bufali e capre sono al pascolo a lato
della strada ed a volte in mezzoallo spartitraffico, dove
c'e' un pochino d'erba. Ci sono molti cani randagi, non sono
trattati male ma non vengono nemmeno considerati. Al
contrario le mucche sono sacre e non vengono toccate, a
volte gli viene dato da mangiare, ma per lo piu' rovistano e
dormono nella miriade di spazzatura che c'e' nei paesi e
nelle citta'.
Nel primo pomeriggio arriviamo ad Asansol...che caos!
Autobus, bici, motorini, camion, api (piaggio), rickshaw e
persone a piedi si buttano in mezzo alla strada senza
rendere conto a nessun altro. Qualche mucca passeggia
tranquillamente in mezzo al traffico e motorini e biciclette
"rischiano la vita" per evitarle. Ne vediamo una enorme che
riposa tranquillamente in mezzo al caos sullo spartitraffico
in centro. Un poliziotto che cerca, senza troppi risultati,
di coordinare il traffico mi fa tenerezza. Usciti un po' dal
casino troviamo un alberghetto abbastanza pulito ed il
proprietario molte gentile.
7 novembre. Ripartiti su una strada non piu' tanto
pianeggiante ma con qualche sali e scendi ci fermiamo a
pranzo in una baracchetta all'aperto che fa dei dolci e
delle somosa (panzerotti ripieni di patate e ceci e
peperoncino). Prendiamo qualche somosa (peccato che sono
tanto piccanti) e due frittelle dolci. E' incredibile quanto
costa poco il cibo indiano lungo la strada: il conto e' di
18 rupie (meno di 50 centesimi di euro). Vedo dei bimbi che
si fanno dondolare per gioco: due appesi ad un cancello ed
un altro che li fa girare spingendoli. Vediamo anche qualche
partita di Cricket dei ragazzi a scuola.
Mentre pedaliamo tanti ci superano e fanno le gare con noi.
I ragazzi li capisco, ma degli adulti di 60 anni che si
mettono a pedalare come dei forsennati (come se quello fosse
il loro ritmo normale di pedalata) per superarti e poi
girano alla prima stradina dopo 100 metri, facendoti frenare
perche' altrimenti li investiresti mentre girano, "mi fanno
piegare"! A volte Claudio si mette a gareggiare facendoli
scoppiare ed io da dietro mi godo la scena. Un uomo l'altro
giorno ci ha superato e poi si e' messo a pedalare con le
mani dietro il collo (come se fosse seduto sul divano). Un
altro che portava la figlia dietro sul portapacchi si e'
messo a pedalare forte, ci ha superato e la figlia dietro si
teneva aggrappata per non cadere!
Ci fermiamo in un paesino nemmeno segnato sulla mappa, dove
troviamo un hotel con le stanze (dico con le stanze perche'
lungo la strada ci sono dei "cubi di cemento" che fanno da
hotel, ristorante, bar ma alla fine ti offrono una brande di
corda e del riso e dal per cena). Il bagno e' inquietante ma
le lenzuola sono pulite.
8 novembre. Alzati di buon'ora, dopo un 80ina di chilometri
ci fermiamo in una citta' a pranzo dove troviamo delle
somosa (1 rupia l'una) non troppo piccanti, ce ne facciamo
una scorpacciata. Gli indiani seduti di fianco a noi bevono
te' e masala con qualche biscottino. Un ragazzo ci fa di
nascosto le foto con il cellulare (magari dormono e mangiano
in posti poverissimi ma alcuni hanno il cellulare che fa le
foto), ci giriamo e gli sorridiamo. Accortosi che l'abbiamo
visto viene davanti a noi e ci scatta almeno cinque foto!
Dopo 160 chilometri, con il buio, arriviamo a Bodhgaya. Il
piu' grande centro al mondo di pellegrinaggio buddista. E'
un paese molto tranquillo, non troppo caotico. Caprette,
cani e buoi sono in giro per il paese. Tutti si avvicinano
per portarci in una guesthouse. Dopo avergli detto di no una
decina di volte si allontanano. Troviamo una stanza con
bagno in una guesthouse vicino alla residenza del Dalai Lama
per 200 rupie (4 euro).
9 novembre. Bodhgaya. Scoppiano sempre fuochi e petardi. E'
festa ed i bambini si divertono a scoppiare i petardi vicino
ai turisti per vederli "saltare in aria" per il botto!
Giriamo per Bodhgaya...ci sono monasteri buddisti di tutte
le "scuole": tibetano, cinese, thailandese, buthanese,
birmano, vietnamita, giapponese e molti altri. Un buddha
all'aperto alto 25 metri. Intorno al tempio Mahabodhi, il
piu' spettacolare, monaci e monache buddisti pregano verso
il tempio. Alcuni occidentali fanno meditazione ed altri
passeggiano intorno. Per entrare nel tempio bisogna pagare
20 rupie per utilizzare la macchina fotografica oppure 500
rupie (quasi 10 euro!!!) per fare dell riprese. Non e'
permesso entrare con le scarpe (solo a piedi nudi) ma fa
ridere che c'e' un cartello con scritto: "PROIBITO ENTRARE
CON LE SCARPE MA SE PAGHI 100 RUPIE LE PUOI TENERE". In
guesthouse conosciamo un ragazzo italiano che e' da qualche
anno che viene in India per un po' di mesi. Ci racconta un
po' di Bodhgaya, dei maestri indiani e di alcuni corsi di
meditazione. Ci sono corsi di 10/15 giorni per diversi tipi
di meditazione. E' molto interessante parlare con lui.
10 novembre. Ripartiamo da Bodhgaya e seguiamo la strada
lungo il fiume. 10 chilometri piu' a nord ci fermiamo a
Gaya. Rispetto a Bodhgaya e' molto piu' caotica e sporca.
Veniamo ricatapultati in India! Le mucche ed i tori
indisturbati mangiano la spazzatura e camminano per la
strada. Qui (come in molte altre parti dell'India) la
corrente va via molto spesso durante il giorno e la notte.
Tanti hanno un generatore a benzina per sostituire la
mancanza di corrente.
11 novembre. Saliamo su un rickshaw e ci facciamo
accompagnare al tempio Vishnu. I turisti non sono permessi
all'interno, cosi' lo apprezziamo da fuori. Sotto il tempio,
sulle rive del fiume ci sono le cerimonie funebri. I parenti
arrivano con il corpo del morto su una barella di bambu e
fasciato in dei teli bianchi o colorati. Lo appoggiano per
terra ed intanto le persone addette preparano della legna,
su cui poi verra' appoggiato il corpo e dopo altri riti
coperto con dell'altra legna. Intanto i parenti si lavano
nel fiume, pieno di spazzatura e muchhe, bufali e cani che
se la mangiano. Ai parenti stretti di sesso maschile vengono
rasati capelli e barba (non i baffi) escluso un ciuffetto
sulla nuca che viene lasciato. Poi viene acceso il fuoco sul
corpo avvolto dalla legna finche' non ne resta solo cenere.
Non e' permeso fare foto o filmati ai corpi. E' un po' come
se uno straniero si mettesse a filmare una cerimonia funebre
da noi.
12 novembre. Ripartiamo da Gaya. A pranzo mangiamo il solito
riso con le mani accompagnato da delle patate, stranamente
non piccanti. Vediamo delle carovane di dromedari camminare
lungo la strada. Camminano cosi' pacati, come mettono
tranquillita'. Gli faccio una foto ed arriva subito un
mandriano che mi chiede dei soldi. Insiste un po' e poi
visto che non c'e' 'trippa per gatti" se ne va.
Prima di arrivare a Derhi, dove ci fermeremo a dormire,
rimasti a secco, compriamo dell'acqua in uno di quei
hotel/ristorante/bar sulla strada. Le bottiglie d'acqua,
come qualsiasi altra cosa cnfezionata ha il prezzo stampato
sulla confezione. 1 litro d'acqua costa 12 rupie (a parte a
volte in posti turistici che te la possono vendere a 10
rupie), l'uomo nel hotel ci chiede 15 rupie. Dopo un po' di
proteste accettiamo comunque di prenderla, non abbiamo piu'
acqua. Alla cassa per pagare diamo 15 rupie ed il cassiere
con nostra sorpresa e quella dell'uomo ci da 3 rupie di
resto. Si era dimenticato di mettersi d'accordo con il
cassiere per fregarci! Prima di arrivare a Derhi,
percorriamo il ponte piu' lungo in India, 3,5 km. Sara'
anche il piu' lungo ma credo il piu' basso e con il fiume
quasi in secca! A Derhi troviamo un hotel, dove l'uomo alla
reception, prima di accettarci, ci manda alla polizia a
registrarci (probabilmente non aveva voglia di andarci
lui!). Alla stazione di polizia ci fanno sedere, ci chedono
i passaporti, ci fanno un po' di domande e ci offrono il te'
in dei bicchierini di terracotta che poi lanciano per terra.
Ritorniamo in hotel e c'e' un altro uomo alla reception che
ci chiede tutti i nostri dati possibili ed e' simpatico
come....!
13 novembre. ore 7.50: ci bussano alla porta. Claudio va ad
aprire. E' un tizio dell'albergo con una scopa in ano che
vuole pulire la stanza. Dopo avergli detto di passare dopo
un po' di volte se ne va. Qui si alzano tutti molto piu'
presto (alle 5 c'e' la luce). Dopo un'oretta ci bussano di
nuovo alla porta. E' un altro tizio che ci chiede se abbiamo
monete italiane, ne fa la collezione. Usciti dalla stanza
andiamo alla reception per pagare. C'e' un altro signore che
ci fa pagare meno la stanza e fa una foto con noi con il suo
cellulare. In ogni albergo o ristorantino e' impressionante
quanta gente spunta fuori che lavora o da una mano in quel
posto. A pranzo ci fermiamo in una citta'. In una specie di
pasticceria ci sono delle somosa, ne mangiamo solo due sono
troppo piccanti. Mentre mangiamo su una panca all'aperto in
5 minuti siamo circondati da almeno 20 persone. Dobbiamo
spostare le bici attaccate a noi altrimenti non le vediamo.
Un ragazzo tocca il cambio. Claudio gli da una manata. Gli
altri ridono.
Non ci sono bici con il cambio in India ed e' irresistibile
per loro il cambio. Non riescono a non toccarlo. Ogni volta
che lasciamo legate ed incustodite le biciclette qualcuno ci
ha toccato il cambio. E se lo chiedi ovviamente non sono
stati loro. Non capiscono che toccando il cambio senza far
girare i pedali si rovina. Cosi' ora quando le lasciamo da
qualche parte copriamo il cambio con deisacchettini di
plastica. SE NON VEDONO NON TOCCANO.
Pensiamo di fermarci a dormire in una citta' segnata sulla
mappa a venti chilometri da Varanasi. Non la vediamo,
probabilmente la passiamo, passiamo di 5 chilometri anche
Varanasi. Non ci sono cartelli! Ci feriamo a mangiare dei
biscottini, e' buio, Claudio ha la fronte calda come una
stufa. Verso le 8 e mezza di sera siamo nella periferia di
varanasi. Non abbiamo punti di riferimento. Finalmente
capiamo dove siamo sulla mappa, vicino alla stazione.
Chiediamo per un hotel segnato sulla guida e un poliziotto
ci da le indicazioni. Non lo troviamo. Si ferma un signore
in vespa che ci dice che non e' lontano e si offre di
accompagnarci. Non l'avremmo mai trovato da soli. Grazie! La
stanza e' confortevole, non troppo economica ma Claudio ha
la febbre, io sono cotta e staremo qui solo per una o due
notti, poi ci sposteremo nella citta' vecchia. Scendiamo per
mangiare, io ordino della pasta cinese e alla richiesta di
Claudio di latte e cornflex, il cameriere rimane un po'
stupito ma poi spiegatogli che sta male va in cucina
sorridendo!
14 novembre. Claudio sta meglio, ci riposiamo. Doani ci
sposteremo nella vera Varanasi.
Passeremo probabilmente ancora una settimana qui a Varanasi,
si sta bene, non viene la voglia i andare via da qui...
vi abbraccio,
Patrizia
4.11.07
CLAUDIO (CALCUTTA, 4/11/2007)
Ciao Gente, siamo pronti a ripartire dopo una settimana di
stop a Calcutta.
Dieci giorni fa siamo atterrati qui a Calcutta da Yangon.
Abbiamo trascorso un'ora in aeroporto a rimontare le bici e
dividere un po' il bagaglio.
Durante il trasporto alla mia bici hanno rotto il campanello
e rovinato due denti a una corona mentre a quella di
Patrizia hanno dato un bel colpo alla forcella.
Fortunatamente niente di grave.
Siamo usciti dall'aeroporto di sera, raggiungere il centro
di Calcutta col buio e' stato un disastro. Traffico intenso
di bus, taxi e motorette col clacson a tutto spiano. Un caos
da mal di testa.
Raggiunto il centro abbiamo girato un'oretta per trovare una
sistemazione decente per le notti.
Molti indiani cercavano di aiutarci, ovviamente in cambio di
soldi per il loro servizio.
Calcutta e' diversa dal resto dell'India, sempre caotica ma
con meno spazzatura delle altre citta' e senza vacche che
circolano per strada. E' la citta' dei volontari che vengono
a prestare servizio da tutto il mondo. In molti vanno negli
ospedali di Madre Teresa che ovviamente li accolgono a
braccia aperte.
Non e' una grande citta' ma per me significa molto, e' qui
che quattro anni fa ho deciso di cambiare itinerario e fare
il giro del mondo anziche' andare al nord della Russia. Ho
rivisto quella piccola agenzia nelle vie del centro che
aveva esposta la mappa del mondo che mi ha ispirato.
Questa e' l'unica citta' in India dove circolano ancora i
Rickshaw trainati dalle persone. Contribuiscono a
intralciare il traffico ma sono comunque caratteristici. I
proprietari sono come avvoltoi nelle vie del centro per
acclappiare i turisti. Ovviamente il prezzo per i turisti e'
ben diverso che per gli indiani.
Gli indiani in se non mi dispiacciono anche se molti sono un
po' spacca maroni. Sono invadenti, non badano molto agli
altri, o meglio, non pensano minimamente che ad un'altra
persona potrebbe infastidire la loro invadenza. Alle volte
ci siamo trovati in coda per fare delle determinate cose e
loro con la massina naturalezza ci passavano davanti
salendoci anche sui piedi. Una volta eravamo in banca e
stavo parlando allo sportello col cassiere e un indiano si
e' messo in mezzo e ha consegnato i suoi fogli senza
preoccuparsi che io stavo consegnando i miei di fogli. Per
loro e' normale vivere cosi' quindi siamo noi che ci
dobbiamo abituare.
Per la citta' oltre ai rickshaw circola un numero illimitato
di taxi gialli. Sono delle Ambassador 1500, tutte costruite
in stile vecchio, o forse sono proprio vecchie. Nella nostra
via del centro c'e' un via vai di taxi e motorette, e' un
continuo concerto di clacson. La gente e' talmente abituata
che ormai non ci bada piu', suonarlo o non suonarlo non
cambierebbe niente.
Siamo alloggiati nella zona dove si sistemano tutti i
volontari quindi non mancano i "lussi" di una grande citta'
ma al di fuori la musica cambia.
Molta gente vive sui marciapiedi costruendo delle capanne
con teloni o materiale che recuperano nella spazzatura. Le
culle per i neonati sono dei fogli di cartone stesi sul
marciapiede. Quando i bambini si reggono in piedi vengono
mandati a elemosinare e a cercare nella spazzatura qualcusa
di commestibile che i ristoranti buttano via. In quei mucchi
di spazzatura la concorrenza di cani e corvi e' spietata,
chi arriva prima mangia di piu'.
Cucinano utilizzando il carbone e si lavano dalle pompe a
mano posizionate sul marciapiede. In alcuni punti punti
della citta' hanno piazzato dei pisciatoi all'aperto, si
riescono a localizzare dalla puzza a 50 metri di distanza.
I contrasti in India sono pazzeschi, da gente che muore di
fame sul marciapiede a macchine di lusso che circolano per
strada. La differenza da ricco a povero e' impressionante.
C'e' chi campa col suo negozietto recuperato da minuscole
cantine lungo la strada. Alcuni fanno dei piccoli bar dove
preparano il the, altri i frullati di frutta, chi si fa una
sartoria o un piccolo ristorantino con una panca dove il
cliente possa mangiare. Sono i posti piu' economici e non
manca mai qualcosa di buono.
I mezzi da lavoro solitamnte sono precari come
l'attrezzatura usata. In un cantiere non lontano dal nostro
albergo degli operai impastavano il cemento coi piedi per
poi infilarlo nei secchi con le mani e gettato per fare un
muretto.
Non abbiamo fatto molto qui a Calcutta ma ridendo e
scherzando non ci siamo fermati un'attimo. Abbiamo richiesto
il visto nepalese che abbiamo ottenuto in giornata, la parte
piu' complicata e' stata trovare l'ambasciata. Nelle strade
non sempre scrivono il nome della via e trovare la
destinazione puo' risultare un incubo. Per raggiunge
l'ambasiata abbiamo preso la metro dove c'e' una cosa
curiosa, scompartimanti per le donne e scompartimenti per
gli uomini. C'e' tanto di cartello in indiano e inglese che
indica dove sedersi.
L'altro giorno abbiamo cercato un negozio di bici per
cambiare una guaina per il mio freno dietro e un campanello
nuovo. Siamo finiti in una via di negozi di bici, e' stato
un salto di 20 anni indietro nel tempo. Tutte biciclette e
pezzi di ricambio che vedevo nei negozi da noi quando ero
bambino. Ho trovato una guaina marcia (ma meglio di quella
vecchia rotta) e un campanello che fa un rumore tipo
ranocchio agonizzante. Non potevamo trovare di meglio, e'
gia' stato un miracolo avere quei due pezzi.
Domani mattina partiremo verso ovest e in una decina di
giorni saremo a Varanasi, la citta' sacra sul fiume Gange.
Ciao a tutti, alla prossima!
Claudio
Ciao Gente, siamo pronti a ripartire dopo una settimana di
stop a Calcutta.
Dieci giorni fa siamo atterrati qui a Calcutta da Yangon.
Abbiamo trascorso un'ora in aeroporto a rimontare le bici e
dividere un po' il bagaglio.
Durante il trasporto alla mia bici hanno rotto il campanello
e rovinato due denti a una corona mentre a quella di
Patrizia hanno dato un bel colpo alla forcella.
Fortunatamente niente di grave.
Siamo usciti dall'aeroporto di sera, raggiungere il centro
di Calcutta col buio e' stato un disastro. Traffico intenso
di bus, taxi e motorette col clacson a tutto spiano. Un caos
da mal di testa.
Raggiunto il centro abbiamo girato un'oretta per trovare una
sistemazione decente per le notti.
Molti indiani cercavano di aiutarci, ovviamente in cambio di
soldi per il loro servizio.
Calcutta e' diversa dal resto dell'India, sempre caotica ma
con meno spazzatura delle altre citta' e senza vacche che
circolano per strada. E' la citta' dei volontari che vengono
a prestare servizio da tutto il mondo. In molti vanno negli
ospedali di Madre Teresa che ovviamente li accolgono a
braccia aperte.
Non e' una grande citta' ma per me significa molto, e' qui
che quattro anni fa ho deciso di cambiare itinerario e fare
il giro del mondo anziche' andare al nord della Russia. Ho
rivisto quella piccola agenzia nelle vie del centro che
aveva esposta la mappa del mondo che mi ha ispirato.
Questa e' l'unica citta' in India dove circolano ancora i
Rickshaw trainati dalle persone. Contribuiscono a
intralciare il traffico ma sono comunque caratteristici. I
proprietari sono come avvoltoi nelle vie del centro per
acclappiare i turisti. Ovviamente il prezzo per i turisti e'
ben diverso che per gli indiani.
Gli indiani in se non mi dispiacciono anche se molti sono un
po' spacca maroni. Sono invadenti, non badano molto agli
altri, o meglio, non pensano minimamente che ad un'altra
persona potrebbe infastidire la loro invadenza. Alle volte
ci siamo trovati in coda per fare delle determinate cose e
loro con la massina naturalezza ci passavano davanti
salendoci anche sui piedi. Una volta eravamo in banca e
stavo parlando allo sportello col cassiere e un indiano si
e' messo in mezzo e ha consegnato i suoi fogli senza
preoccuparsi che io stavo consegnando i miei di fogli. Per
loro e' normale vivere cosi' quindi siamo noi che ci
dobbiamo abituare.
Per la citta' oltre ai rickshaw circola un numero illimitato
di taxi gialli. Sono delle Ambassador 1500, tutte costruite
in stile vecchio, o forse sono proprio vecchie. Nella nostra
via del centro c'e' un via vai di taxi e motorette, e' un
continuo concerto di clacson. La gente e' talmente abituata
che ormai non ci bada piu', suonarlo o non suonarlo non
cambierebbe niente.
Siamo alloggiati nella zona dove si sistemano tutti i
volontari quindi non mancano i "lussi" di una grande citta'
ma al di fuori la musica cambia.
Molta gente vive sui marciapiedi costruendo delle capanne
con teloni o materiale che recuperano nella spazzatura. Le
culle per i neonati sono dei fogli di cartone stesi sul
marciapiede. Quando i bambini si reggono in piedi vengono
mandati a elemosinare e a cercare nella spazzatura qualcusa
di commestibile che i ristoranti buttano via. In quei mucchi
di spazzatura la concorrenza di cani e corvi e' spietata,
chi arriva prima mangia di piu'.
Cucinano utilizzando il carbone e si lavano dalle pompe a
mano posizionate sul marciapiede. In alcuni punti punti
della citta' hanno piazzato dei pisciatoi all'aperto, si
riescono a localizzare dalla puzza a 50 metri di distanza.
I contrasti in India sono pazzeschi, da gente che muore di
fame sul marciapiede a macchine di lusso che circolano per
strada. La differenza da ricco a povero e' impressionante.
C'e' chi campa col suo negozietto recuperato da minuscole
cantine lungo la strada. Alcuni fanno dei piccoli bar dove
preparano il the, altri i frullati di frutta, chi si fa una
sartoria o un piccolo ristorantino con una panca dove il
cliente possa mangiare. Sono i posti piu' economici e non
manca mai qualcosa di buono.
I mezzi da lavoro solitamnte sono precari come
l'attrezzatura usata. In un cantiere non lontano dal nostro
albergo degli operai impastavano il cemento coi piedi per
poi infilarlo nei secchi con le mani e gettato per fare un
muretto.
Non abbiamo fatto molto qui a Calcutta ma ridendo e
scherzando non ci siamo fermati un'attimo. Abbiamo richiesto
il visto nepalese che abbiamo ottenuto in giornata, la parte
piu' complicata e' stata trovare l'ambasciata. Nelle strade
non sempre scrivono il nome della via e trovare la
destinazione puo' risultare un incubo. Per raggiunge
l'ambasiata abbiamo preso la metro dove c'e' una cosa
curiosa, scompartimanti per le donne e scompartimenti per
gli uomini. C'e' tanto di cartello in indiano e inglese che
indica dove sedersi.
L'altro giorno abbiamo cercato un negozio di bici per
cambiare una guaina per il mio freno dietro e un campanello
nuovo. Siamo finiti in una via di negozi di bici, e' stato
un salto di 20 anni indietro nel tempo. Tutte biciclette e
pezzi di ricambio che vedevo nei negozi da noi quando ero
bambino. Ho trovato una guaina marcia (ma meglio di quella
vecchia rotta) e un campanello che fa un rumore tipo
ranocchio agonizzante. Non potevamo trovare di meglio, e'
gia' stato un miracolo avere quei due pezzi.
Domani mattina partiremo verso ovest e in una decina di
giorni saremo a Varanasi, la citta' sacra sul fiume Gange.
Ciao a tutti, alla prossima!
Claudio
PATRIZIA (CALCUTTA, 27/10/2007 - 4/11/2007)
Ciao ragazzi,
vi scrivo da un internet cafe' di Sudder street a Calcutta.
Intorno ai tavoli con i computer sono appese borse, vestiti,
pantaloni, maglie, sciarpe...
Sono le 8 di sera e appena finiamo di scrivere andiamo a
cenare.
Siamo da dieci giorni a Calcutta. Abbiamo girato un po'
per le strade ed i vicoli. Visitato zone piu' povere,
grandi market e centri commerciali. Quando cammini per
strada c'e' perennemente il rumore assordante dei clacson,
taxi gialli che sembrano di un'altra epoca. Rickshaw tirati
a mano da uomini o anziani. Suonano un campanellino per
attirare la tua attenzione e chiederti se nuoi prendere il
rickshaw. Bancarelle e negozietti sono ricavati ovunque, in
ogni angolo e buco. Lungo la strada ci sono dei "pisciatoi"
(di solito due attaccati all'aria aperta divisi da un muro
che arriva fino a mezzo busto) dove gli uomini si fermano a
fare pipi girati di spalle. E' meglio tappare il naso quando
ci si passa davanti. In alcune zone i marciapiedi sono la
casa di qualcuno. Con legni e teloni e' costruita una
capanna. Bambini, uomini e donne li abitano. Fa effetto
vedere cani, corvi, gazze e uomini insieme che ravattano nei
mucchi di spazzatura per strada. Ci sono dei pompe a mano
lungo la strada, dove la gente piu' povere si lava, lava
tegami e stoviglie e prende l'acqua da bere.
E' molto caotica ma abbastanza pulita.
La zona dove ci sono tutti le guesthouse e gli hotel piu'
economici (qualita'/prezzo) e' Sudder street (e dintorni).
Ci sono ristoranti economici che cucinano indiano, cinese e
continentale. In una vietta parallela a Sudder street c'e'
un chioschetto pieno di frutta che prepara gustosi
milk-shake e ottimi succhi di frutta freschi. Ci sono
turisti e volontari. Chi sta per un mese, chi sei, chi di
piu'. Fanno volontariato per varie ONG presenti a Calcutta.
Abbiamo fatto qualche commissione. Cambiato la nostra guida
del sud-est asiatico con un'altra. Cercato e trovato dei
negozi di biciclette, ma veramente con delle bici e dei
pezzi di ricambio antichi e scadenti. Per fortuna serviva
solo un campanello per la bici di Claudio (lo hanno rotto in
aereo), una guaina per il freno e dell'olio, questo lo
abbiamo trovato in un ferramenta. Per il campanello era
indeciso fra un campanellino normale ed una trombetta tipo
quelle da stadio, ma poi a optato per il campanello (la
trombetta era troppo ingombrante!).Abbiamo richiesto il
visto al consolato nepalese.
Un giorno io ed un giorno Claudio siamo stati a letto con la
febbre, probabilmente l'aria condizionata ed i ventilatori!
Con nostra sorpresa, essendo convinti che la stagione delle
pioggie fosse finita, ha piovuto due giorni. Per evitare di
mettere i piedi nei laghi d'acqua che si creano in poche ore
di pioggia, abbiamo fatto delle deviazioni assurde per
raggiungere dei posti a 300 metri dalla guesthouse!
Dovrebbero esserci ancora una decina di giorni di possibile
pioggia e poi dovrebbe finalmente finire! E' da Shanghai che
prendiamo pioggia per un po' di giorni al mese! Fa caldo, ma
la sera si sta bene, e' un po' piu' fresco.
Stasera e' l'ultima qui a Calcutta, domani ripartiamo.
Direzione ovest. Verso Varanasi. E inzia la vera India...
A presto,
Patrizia
Ciao ragazzi,
vi scrivo da un internet cafe' di Sudder street a Calcutta.
Intorno ai tavoli con i computer sono appese borse, vestiti,
pantaloni, maglie, sciarpe...
Sono le 8 di sera e appena finiamo di scrivere andiamo a
cenare.
Siamo da dieci giorni a Calcutta. Abbiamo girato un po'
per le strade ed i vicoli. Visitato zone piu' povere,
grandi market e centri commerciali. Quando cammini per
strada c'e' perennemente il rumore assordante dei clacson,
taxi gialli che sembrano di un'altra epoca. Rickshaw tirati
a mano da uomini o anziani. Suonano un campanellino per
attirare la tua attenzione e chiederti se nuoi prendere il
rickshaw. Bancarelle e negozietti sono ricavati ovunque, in
ogni angolo e buco. Lungo la strada ci sono dei "pisciatoi"
(di solito due attaccati all'aria aperta divisi da un muro
che arriva fino a mezzo busto) dove gli uomini si fermano a
fare pipi girati di spalle. E' meglio tappare il naso quando
ci si passa davanti. In alcune zone i marciapiedi sono la
casa di qualcuno. Con legni e teloni e' costruita una
capanna. Bambini, uomini e donne li abitano. Fa effetto
vedere cani, corvi, gazze e uomini insieme che ravattano nei
mucchi di spazzatura per strada. Ci sono dei pompe a mano
lungo la strada, dove la gente piu' povere si lava, lava
tegami e stoviglie e prende l'acqua da bere.
E' molto caotica ma abbastanza pulita.
La zona dove ci sono tutti le guesthouse e gli hotel piu'
economici (qualita'/prezzo) e' Sudder street (e dintorni).
Ci sono ristoranti economici che cucinano indiano, cinese e
continentale. In una vietta parallela a Sudder street c'e'
un chioschetto pieno di frutta che prepara gustosi
milk-shake e ottimi succhi di frutta freschi. Ci sono
turisti e volontari. Chi sta per un mese, chi sei, chi di
piu'. Fanno volontariato per varie ONG presenti a Calcutta.
Abbiamo fatto qualche commissione. Cambiato la nostra guida
del sud-est asiatico con un'altra. Cercato e trovato dei
negozi di biciclette, ma veramente con delle bici e dei
pezzi di ricambio antichi e scadenti. Per fortuna serviva
solo un campanello per la bici di Claudio (lo hanno rotto in
aereo), una guaina per il freno e dell'olio, questo lo
abbiamo trovato in un ferramenta. Per il campanello era
indeciso fra un campanellino normale ed una trombetta tipo
quelle da stadio, ma poi a optato per il campanello (la
trombetta era troppo ingombrante!).Abbiamo richiesto il
visto al consolato nepalese.
Un giorno io ed un giorno Claudio siamo stati a letto con la
febbre, probabilmente l'aria condizionata ed i ventilatori!
Con nostra sorpresa, essendo convinti che la stagione delle
pioggie fosse finita, ha piovuto due giorni. Per evitare di
mettere i piedi nei laghi d'acqua che si creano in poche ore
di pioggia, abbiamo fatto delle deviazioni assurde per
raggiungere dei posti a 300 metri dalla guesthouse!
Dovrebbero esserci ancora una decina di giorni di possibile
pioggia e poi dovrebbe finalmente finire! E' da Shanghai che
prendiamo pioggia per un po' di giorni al mese! Fa caldo, ma
la sera si sta bene, e' un po' piu' fresco.
Stasera e' l'ultima qui a Calcutta, domani ripartiamo.
Direzione ovest. Verso Varanasi. E inzia la vera India...
A presto,
Patrizia
1.11.07
CLAUDIO (BIRMANIA 3, 26/10/2007)
Il 18 ottobre siamo partiti da Meikitala all'alba, per
raggiungere Pynmana mancavano 150 km e non volevamo
arrivarci di notte. La strada e' cominciata con dei sali e
scendi durati una ventina di chilometri e poi tutto in piano
per un centinaio di chilometri. Pedalando eravamo sempre
alle prese con le solite gare in bici, coi sorpassi dei
birmani che tentavano la fuga ma che dopo un paio di
chilometri eravamo costretti a risorpassarli.
A pranzo ci siamo fermati a Tatkon, una citta' a meta'
strada per Pynmana.
Non c'era molta scelta per fermarsi a mangiare e siamo
capitati in una sala da the dove facevano anche qualcosa da
mangiare. Il pranzo peggiore di tutta la Birmania,
uovo fritto su una fetta di pane, il tutto coperto con un
velo di zucchero. Dalla fame ne ho mangiati 3 ma alla fine
ne avevo la nausea.
Mentre mangiavamo sono entrati quattro personaggi che
dicevano di essere degli ispettori, hanno voluto il
passaporto per fotocopiarlo e si volevano assicurare che non
trascorressimo la notte nella citta'. La zona era vietata
agli stranieri e ci hanno avvisato che anche a Pynmana
avremmo avuto lo stesso problema. Il loro consiglio era di
raggiungere la citta' in serata e di prendere un bus per la
citta' successiva che distava altri 120 km. Erano
dispiaciuti mentre ci parlavano e giustificavano il fatto
dicendo: "e' il nostro lavoro".
Gli ultimi chilometri per raggiungere Pynmana sono stati
micidiali per Patrizia, sali e scendi per 30 km e la
consapevolezza di arrivare col buio in una citta' dove non
ci avrebbero accettato a dormire. Effettivamente per lei la
Birmania e' stata troppo dura, sveglia alle 6 e mezza e
pedalare per piu' di 150 km quasi tutti i giorni. In quegli
ultimi chilometri le e' venuto da piangere e se avesse avuto
ancora un po' di energia mi avrebbe messo le mani addosso...
Arrivati in citta' col buio abbiamo comunque cercato una
guest house per la notte. Abbiamo chiesto solamente ad una e
la risposta e' stata chiara, nessuno straniero puo' dormire
nella citta'. C'era un cliente dentro la guest house che
vedendoci in difficolta' cercava di spiegarci dove poter
passare la notte. Parlava di una "Hotel zone" dove gli
stranieri potevano trascorrere la notte. Con una mappa alla
mano ha chiesto ai padroni della guest house e ad altra
gente
di indicarci la zona ma nessuno aveva molto le idee chiare.
Ha contattato un mototaxi che per 3 dollari ci avrebbe
accompagnato all'hotel zone a 15 chilometri di distanza.
Simpatico il motodriver che vedendo Patrizia stanca le ha
proposto di guidare lei la moto e lui avrebbe pedalato.
Abbiamo rifiutato l'offerta, la bicicletta e' troppo
preziosa e Patrizia a guidare una moto di notte si sarebbe
ammucchiata dentro qualche cunetta.
Prima di raggiungere la zona degli hotel ci siamo resi conto
di dove eravamo finiti, in un cartello c'era scritto
Naypitaw, la nuova capitale della Birmania.
La citta' e' ancora in costruzione, la periferia e'
inquietante tipo le periferie cinesi tutte uguali. Abbiamo
percorso una strada a sei corsie tutta illuminata dai
lampioni e in mezzo al nulla c'era una rotonda decorata coi
fiori
e una fontana. La pelle d'oca e' arrivata vedendo la zona
degli hotel... una fila di resort da panico, lodge, piscine,
ristoranti e laghetti... Non avevamo molte alternative, ero
imbarazzato a pagare 3 dollari per il mototaxi e dopo una
trattativa coi padroni del resort abbiamo deciso di
trascorrere la notte. Avevo proposto al padrone di montare
la mia tenda nel giardino e pure Patrizia e' scoppiata a
ridere... Effettivamente la proposta era da ridere.
La stanza era un lusso esagerato, in quei metri quadri ci
sarebbero stati 12 letti matrimoniali. C'era ogni cosa che
uno desiderasse. Infradito di gomma per il bagno, infradito
di velluto per la camera e un accapatoio tipo quelli usati
da Rocco Siffredi.
Per cena pane e marmellata e caffe dell'albergo, unica cosa
gratis che si poteva bere...
Compresa nel prezzo c'era una mega colazione a buffet dove
abbiamo mangiato come bufali. C'era veramente l'imbarazzo
della scelta.
Anche nelle guest house da 10 dollari e' quasi sempre
compresa la colazione, uova fritte, marmellata e pane
tostato.
Troppo stanchi ma troppo caro il resort per fermarci
un'altra notte siamo partiti per Tongoo, una citta' a 120 km
di
distanza. Per i primi chilometri abbiamo percorso un pezzo
della
nuova autostrada che colleghera' Mandalay - Yangon. Al
momento e' ancora vietata ai camion per qualche strano
motivo, bici e carretti possono circolare... forse
dovrebbero
rivedere un po' il codice della strada.
Il resto della strada e' la solita lingua di asfalto mal
ridotto, molta gente stende il peperoncino a essicare
occupando un pezzo d'alsfalto costringendo macchine e camion
a frenare per non finire fuori strada. L'asfalto e' di
tutti!
Abbiamo raggiunto Tongoo col buio, ormai eravamo abituati a
partire
presto e arrivare tardi. Ci siamo alloggiati in una
bellissima guest
house di legno in mezzo alle risaie. Se non era per le
zanzare che ci divoravano sarebbe stato un paradiso.
La sera abbiamo mangiato in un ristorantino sulla strada e
il
padrone ci ha raccontato che era stato a Genova. Aveva
vissuto sulle navi per 12 anni, era un radiofonista ma poi
con la tecnologia troppo avanzata ha perso il suo lavoro.
Ormai coi sistemi satellitari i radiofonisti servono a poco.
E' bello parlare coi birmani, moltissimi parlano inglese ed
hanno una gran voglia di dialogare con gli stranieri.
Siamo rimasti due giorni a Tongoo per riposare, le colazioni
sul
terrazzo della guest house erano strane ma buone. Tutte
cosine preparate da loro, palline di riso fritte, cocco,
somosa, banane fritte e molta altra frutta. La cosa
inquietante era la padrona che ci guardava mangiare e ogni
cosa ci spiegava cos'era e domandava: "buono?!!". Abbiamo
dovuto mangiare fino all'ultima bricciola con lei come
un'avvoltoio che ci fissava.... se parlavo con Patrizia mi
diceva: "non ti piace?!!"... ma che palle! Dopo ha avuto la
brillante idea di prendere il ventilatore, metterlo sul
tavolo e puntarcelo in faccia...sembrava di fare colazione
su un motorino.
La tappa per il giorno seguente sarebbe stata la piu' dura
di tutte, per 200 chilometri non sapevamo se ci avrebbero
accettato a dormire. Visto com'erano andate le giornate
precedenti non avevamo molte speranze. Patrizia non mi ha
lasciato scelta... IL BUS! Ho provato a convincerla, ho
provato a proporle di prenderlo da sola che io l'avrei
raggiunta in serata ma niente! Le ho anche detto che io
patisco il bus... ma chi se ne frega! Era troppo determinata
a prendere un cazzo di bus. Quando si impuntano le donne non
ci esci vivo!
Abbiamo comprato i biglietti del bus per raggiungere Bago,
la
padrona della guest house si e' occupata di tutto. La
mattina ci
hanno buttato giu' dal letto, ci hanno impacchettato la
colazione e via
ad aspettare il bus in mezzo alla strada. La padrona della
guest house si era proposta di accompagnarci alla fermata ma
dopo che le avevamo pagato le notti con la moneta locale e
non coi dollari si era offesa e ci aveva mandato alla
fermata con una
ragazzina non molto arguta...povera ragazzina, non c'era
prorpio di testa. Avevamo il dubbio che ci caricasse sul bus
sbagliato.
Siamo partiti caricando le bici nel portabagagli del bus per
poi trasferirle dopo pochi chilometri in coda al bus legate
con le corde al
paraurti. Nei vani dovevano caricare dei sacchi di carbone e
le bici davano fastidio.
Ci siamo fermati a fare gasolio in una stazione di servizio
piuttosto mal messa. Hanno riempito il serbatoio con dei
secchi e attorno all'area di
servizio c'erano i cartelli "vietato fotografare".
Abbiamo impiegato cinque ore per raggiungere Bago, eravamo
sempre fermi a caricare gente. A meta' strada ho cominciato
a patire come una bestia, ho vomitato in un sacchettino che
ho lanciato dal finestrino e per tutta la durata del viaggio
ho rinfacciato a Patrizia di avermi fatto stare male! Basta
bus fino a casa! Patisco meno a fare 200 chilometri.
Arrivati a Bago abbiamo ricaricato le bici e pedalato pochi
chilometri per raggiungere il centro. Un tizio in motorino
ci ha accompagnati in una guest house fuori dalla citta' ma
molto
carina e silenziosa. Ne avevamo gia' girate alcune ma
cercavamo una guest house che avesse la TV satellitare
(vizio
mai cercato) per vedere l'ultima gara di formula uno. Il
proprietario mi aveva promesso che l'avrei vista in TV, l'ho
minacciato di non pagarlo se cosi' non fosse stato. Ridevamo
a parlare della formula uno, un motivo in piu' per
raccontarci qualcosa.
La sera il proprietario armeggiava con la TV preoccupato
perche' non si vedeva niente, continuava a fare zapping con
la speranza di beccare la formula uno. Le TV satellitari in
Birmania sono una figata, hanno un solo decoder in reception
ed e' il proprietario che decide cosa far guardare al
cliente in
camera. Verso le 23 col telefono interno mi ha chiamato
dicendo "sir, formula one!". Aveva trovato un canale dove
trasmettevano la formula uno, mancava ogni tanto il segnale
quindi le macchine andavano a tratti e non si capiva molto
ma andava bene lo stesso. Almeno l'audio era in inglese.
Siamo rimasti un giorno a Bago a girare per la citta',
bisognerebbe pagare al governo 10 dollari per visitare le
pagode all'interno ma ci siamo rifiutati. Ci siamo
accontentati di
vederle dall'esterno con le biciclette. Abbiamo trascorso
qualche ora
in una sala da the, alle volte si ha la sensazione di
tornare indietreo nel tempo di 50 anni.
Dopo aver pedalato 90 chilometri abbiamo raggiunto Yangon
nel primo
pomeriggio, ultima tappa in Birmania. Raggiungere il centro
e' stato un suicidio, code di bus e taxi paralizzano il
traffico.
Siamo andati avanti a zig zag tra i bus stando attenti alla
gente che
sputava dai finestrini e dalla gente che camminava in mezzo
alla
strada senza badare a chi stava passando. I clacson e le
grida
dei padroni dei bus in cerca di clienti era snervante, tutto
il caos che non c'e' in Birmania e' concentrato in quella
citta'. Abbiamo alloggiato in una guest house poco bella,
tutto era
caro e non offriva niente di buono. Avevamo una stanza con
due
letti e il bagno in comune con un indiano che pisciava
sempre fuori dalla tazza.
Siamo rimasti in citta' due giorni, giusto il tempo di
aspettare
il nostro volo per l'India.
Il padrone della guest house ci ha tranquillizzati sulla
situazione nel paese, con un filo di tristezza diceva che le
proteste erano finite, non c'era piu' il coprifuoco e che le
cose per loro non erano cambiate.
Il nostro albergo non era molto lontano dalla casa di Aung
San Suu Kyi, la leader democratica agli arresti domiciliari
dal 2002.
Il governo ha arrestato lei e il padre quando
inaspettatamente avevano vinto le elezioni nel '89. L'hanno
messa agli arresti domiciliari con l'opzione di essere
esiliata. Lei ha preferito restare in Birmania altrimenti
non sarebbe servito a nulla tutto quello che aveva fatto. Il
padre e' morto anni fa, le cause non si sanno, o meglio,
dicono che sia stato ucciso ma il governo "non e' stato".
Molta gente va a visitare Aung San Suu Kyi, e' la speranza
di tutti i birmani.
Ora la giunta ha fatto alcuni colloqui con lei, la gente
spera, i monaci sono pronti a protestare di nuovo... ma
all'occidente frega qualcosa?
Il 26 ottobre siamo andati in aeroporto, il volo e' stato
meno piacevole per le biciclette, questa volta le abbiamo
dovute smontare e impacchettare altrimenti non le
caricavano.
In un paio d'ore abbiamo raggiunto Calcutta, montato le bici
e raggiunto il centro della citta'. Ora siamo alloggiati in
una guest house in centro, tra qualche giorno ricominciamo a
pedalare verso il Nepal.
Ciao a tutti!
Claudio
Il 18 ottobre siamo partiti da Meikitala all'alba, per
raggiungere Pynmana mancavano 150 km e non volevamo
arrivarci di notte. La strada e' cominciata con dei sali e
scendi durati una ventina di chilometri e poi tutto in piano
per un centinaio di chilometri. Pedalando eravamo sempre
alle prese con le solite gare in bici, coi sorpassi dei
birmani che tentavano la fuga ma che dopo un paio di
chilometri eravamo costretti a risorpassarli.
A pranzo ci siamo fermati a Tatkon, una citta' a meta'
strada per Pynmana.
Non c'era molta scelta per fermarsi a mangiare e siamo
capitati in una sala da the dove facevano anche qualcosa da
mangiare. Il pranzo peggiore di tutta la Birmania,
uovo fritto su una fetta di pane, il tutto coperto con un
velo di zucchero. Dalla fame ne ho mangiati 3 ma alla fine
ne avevo la nausea.
Mentre mangiavamo sono entrati quattro personaggi che
dicevano di essere degli ispettori, hanno voluto il
passaporto per fotocopiarlo e si volevano assicurare che non
trascorressimo la notte nella citta'. La zona era vietata
agli stranieri e ci hanno avvisato che anche a Pynmana
avremmo avuto lo stesso problema. Il loro consiglio era di
raggiungere la citta' in serata e di prendere un bus per la
citta' successiva che distava altri 120 km. Erano
dispiaciuti mentre ci parlavano e giustificavano il fatto
dicendo: "e' il nostro lavoro".
Gli ultimi chilometri per raggiungere Pynmana sono stati
micidiali per Patrizia, sali e scendi per 30 km e la
consapevolezza di arrivare col buio in una citta' dove non
ci avrebbero accettato a dormire. Effettivamente per lei la
Birmania e' stata troppo dura, sveglia alle 6 e mezza e
pedalare per piu' di 150 km quasi tutti i giorni. In quegli
ultimi chilometri le e' venuto da piangere e se avesse avuto
ancora un po' di energia mi avrebbe messo le mani addosso...
Arrivati in citta' col buio abbiamo comunque cercato una
guest house per la notte. Abbiamo chiesto solamente ad una e
la risposta e' stata chiara, nessuno straniero puo' dormire
nella citta'. C'era un cliente dentro la guest house che
vedendoci in difficolta' cercava di spiegarci dove poter
passare la notte. Parlava di una "Hotel zone" dove gli
stranieri potevano trascorrere la notte. Con una mappa alla
mano ha chiesto ai padroni della guest house e ad altra
gente
di indicarci la zona ma nessuno aveva molto le idee chiare.
Ha contattato un mototaxi che per 3 dollari ci avrebbe
accompagnato all'hotel zone a 15 chilometri di distanza.
Simpatico il motodriver che vedendo Patrizia stanca le ha
proposto di guidare lei la moto e lui avrebbe pedalato.
Abbiamo rifiutato l'offerta, la bicicletta e' troppo
preziosa e Patrizia a guidare una moto di notte si sarebbe
ammucchiata dentro qualche cunetta.
Prima di raggiungere la zona degli hotel ci siamo resi conto
di dove eravamo finiti, in un cartello c'era scritto
Naypitaw, la nuova capitale della Birmania.
La citta' e' ancora in costruzione, la periferia e'
inquietante tipo le periferie cinesi tutte uguali. Abbiamo
percorso una strada a sei corsie tutta illuminata dai
lampioni e in mezzo al nulla c'era una rotonda decorata coi
fiori
e una fontana. La pelle d'oca e' arrivata vedendo la zona
degli hotel... una fila di resort da panico, lodge, piscine,
ristoranti e laghetti... Non avevamo molte alternative, ero
imbarazzato a pagare 3 dollari per il mototaxi e dopo una
trattativa coi padroni del resort abbiamo deciso di
trascorrere la notte. Avevo proposto al padrone di montare
la mia tenda nel giardino e pure Patrizia e' scoppiata a
ridere... Effettivamente la proposta era da ridere.
La stanza era un lusso esagerato, in quei metri quadri ci
sarebbero stati 12 letti matrimoniali. C'era ogni cosa che
uno desiderasse. Infradito di gomma per il bagno, infradito
di velluto per la camera e un accapatoio tipo quelli usati
da Rocco Siffredi.
Per cena pane e marmellata e caffe dell'albergo, unica cosa
gratis che si poteva bere...
Compresa nel prezzo c'era una mega colazione a buffet dove
abbiamo mangiato come bufali. C'era veramente l'imbarazzo
della scelta.
Anche nelle guest house da 10 dollari e' quasi sempre
compresa la colazione, uova fritte, marmellata e pane
tostato.
Troppo stanchi ma troppo caro il resort per fermarci
un'altra notte siamo partiti per Tongoo, una citta' a 120 km
di
distanza. Per i primi chilometri abbiamo percorso un pezzo
della
nuova autostrada che colleghera' Mandalay - Yangon. Al
momento e' ancora vietata ai camion per qualche strano
motivo, bici e carretti possono circolare... forse
dovrebbero
rivedere un po' il codice della strada.
Il resto della strada e' la solita lingua di asfalto mal
ridotto, molta gente stende il peperoncino a essicare
occupando un pezzo d'alsfalto costringendo macchine e camion
a frenare per non finire fuori strada. L'asfalto e' di
tutti!
Abbiamo raggiunto Tongoo col buio, ormai eravamo abituati a
partire
presto e arrivare tardi. Ci siamo alloggiati in una
bellissima guest
house di legno in mezzo alle risaie. Se non era per le
zanzare che ci divoravano sarebbe stato un paradiso.
La sera abbiamo mangiato in un ristorantino sulla strada e
il
padrone ci ha raccontato che era stato a Genova. Aveva
vissuto sulle navi per 12 anni, era un radiofonista ma poi
con la tecnologia troppo avanzata ha perso il suo lavoro.
Ormai coi sistemi satellitari i radiofonisti servono a poco.
E' bello parlare coi birmani, moltissimi parlano inglese ed
hanno una gran voglia di dialogare con gli stranieri.
Siamo rimasti due giorni a Tongoo per riposare, le colazioni
sul
terrazzo della guest house erano strane ma buone. Tutte
cosine preparate da loro, palline di riso fritte, cocco,
somosa, banane fritte e molta altra frutta. La cosa
inquietante era la padrona che ci guardava mangiare e ogni
cosa ci spiegava cos'era e domandava: "buono?!!". Abbiamo
dovuto mangiare fino all'ultima bricciola con lei come
un'avvoltoio che ci fissava.... se parlavo con Patrizia mi
diceva: "non ti piace?!!"... ma che palle! Dopo ha avuto la
brillante idea di prendere il ventilatore, metterlo sul
tavolo e puntarcelo in faccia...sembrava di fare colazione
su un motorino.
La tappa per il giorno seguente sarebbe stata la piu' dura
di tutte, per 200 chilometri non sapevamo se ci avrebbero
accettato a dormire. Visto com'erano andate le giornate
precedenti non avevamo molte speranze. Patrizia non mi ha
lasciato scelta... IL BUS! Ho provato a convincerla, ho
provato a proporle di prenderlo da sola che io l'avrei
raggiunta in serata ma niente! Le ho anche detto che io
patisco il bus... ma chi se ne frega! Era troppo determinata
a prendere un cazzo di bus. Quando si impuntano le donne non
ci esci vivo!
Abbiamo comprato i biglietti del bus per raggiungere Bago,
la
padrona della guest house si e' occupata di tutto. La
mattina ci
hanno buttato giu' dal letto, ci hanno impacchettato la
colazione e via
ad aspettare il bus in mezzo alla strada. La padrona della
guest house si era proposta di accompagnarci alla fermata ma
dopo che le avevamo pagato le notti con la moneta locale e
non coi dollari si era offesa e ci aveva mandato alla
fermata con una
ragazzina non molto arguta...povera ragazzina, non c'era
prorpio di testa. Avevamo il dubbio che ci caricasse sul bus
sbagliato.
Siamo partiti caricando le bici nel portabagagli del bus per
poi trasferirle dopo pochi chilometri in coda al bus legate
con le corde al
paraurti. Nei vani dovevano caricare dei sacchi di carbone e
le bici davano fastidio.
Ci siamo fermati a fare gasolio in una stazione di servizio
piuttosto mal messa. Hanno riempito il serbatoio con dei
secchi e attorno all'area di
servizio c'erano i cartelli "vietato fotografare".
Abbiamo impiegato cinque ore per raggiungere Bago, eravamo
sempre fermi a caricare gente. A meta' strada ho cominciato
a patire come una bestia, ho vomitato in un sacchettino che
ho lanciato dal finestrino e per tutta la durata del viaggio
ho rinfacciato a Patrizia di avermi fatto stare male! Basta
bus fino a casa! Patisco meno a fare 200 chilometri.
Arrivati a Bago abbiamo ricaricato le bici e pedalato pochi
chilometri per raggiungere il centro. Un tizio in motorino
ci ha accompagnati in una guest house fuori dalla citta' ma
molto
carina e silenziosa. Ne avevamo gia' girate alcune ma
cercavamo una guest house che avesse la TV satellitare
(vizio
mai cercato) per vedere l'ultima gara di formula uno. Il
proprietario mi aveva promesso che l'avrei vista in TV, l'ho
minacciato di non pagarlo se cosi' non fosse stato. Ridevamo
a parlare della formula uno, un motivo in piu' per
raccontarci qualcosa.
La sera il proprietario armeggiava con la TV preoccupato
perche' non si vedeva niente, continuava a fare zapping con
la speranza di beccare la formula uno. Le TV satellitari in
Birmania sono una figata, hanno un solo decoder in reception
ed e' il proprietario che decide cosa far guardare al
cliente in
camera. Verso le 23 col telefono interno mi ha chiamato
dicendo "sir, formula one!". Aveva trovato un canale dove
trasmettevano la formula uno, mancava ogni tanto il segnale
quindi le macchine andavano a tratti e non si capiva molto
ma andava bene lo stesso. Almeno l'audio era in inglese.
Siamo rimasti un giorno a Bago a girare per la citta',
bisognerebbe pagare al governo 10 dollari per visitare le
pagode all'interno ma ci siamo rifiutati. Ci siamo
accontentati di
vederle dall'esterno con le biciclette. Abbiamo trascorso
qualche ora
in una sala da the, alle volte si ha la sensazione di
tornare indietreo nel tempo di 50 anni.
Dopo aver pedalato 90 chilometri abbiamo raggiunto Yangon
nel primo
pomeriggio, ultima tappa in Birmania. Raggiungere il centro
e' stato un suicidio, code di bus e taxi paralizzano il
traffico.
Siamo andati avanti a zig zag tra i bus stando attenti alla
gente che
sputava dai finestrini e dalla gente che camminava in mezzo
alla
strada senza badare a chi stava passando. I clacson e le
grida
dei padroni dei bus in cerca di clienti era snervante, tutto
il caos che non c'e' in Birmania e' concentrato in quella
citta'. Abbiamo alloggiato in una guest house poco bella,
tutto era
caro e non offriva niente di buono. Avevamo una stanza con
due
letti e il bagno in comune con un indiano che pisciava
sempre fuori dalla tazza.
Siamo rimasti in citta' due giorni, giusto il tempo di
aspettare
il nostro volo per l'India.
Il padrone della guest house ci ha tranquillizzati sulla
situazione nel paese, con un filo di tristezza diceva che le
proteste erano finite, non c'era piu' il coprifuoco e che le
cose per loro non erano cambiate.
Il nostro albergo non era molto lontano dalla casa di Aung
San Suu Kyi, la leader democratica agli arresti domiciliari
dal 2002.
Il governo ha arrestato lei e il padre quando
inaspettatamente avevano vinto le elezioni nel '89. L'hanno
messa agli arresti domiciliari con l'opzione di essere
esiliata. Lei ha preferito restare in Birmania altrimenti
non sarebbe servito a nulla tutto quello che aveva fatto. Il
padre e' morto anni fa, le cause non si sanno, o meglio,
dicono che sia stato ucciso ma il governo "non e' stato".
Molta gente va a visitare Aung San Suu Kyi, e' la speranza
di tutti i birmani.
Ora la giunta ha fatto alcuni colloqui con lei, la gente
spera, i monaci sono pronti a protestare di nuovo... ma
all'occidente frega qualcosa?
Il 26 ottobre siamo andati in aeroporto, il volo e' stato
meno piacevole per le biciclette, questa volta le abbiamo
dovute smontare e impacchettare altrimenti non le
caricavano.
In un paio d'ore abbiamo raggiunto Calcutta, montato le bici
e raggiunto il centro della citta'. Ora siamo alloggiati in
una guest house in centro, tra qualche giorno ricominciamo a
pedalare verso il Nepal.
Ciao a tutti!
Claudio
CLAUDIO (BIRMANIA 2, 17/10/2007)
Il 10 ottobre siamo ripartiti da Bagan con la speranza che
davvero si potesse alloggiare a 50 km. La strada e'
cominciata in salita dopo pochi chilometri e non ha smesso
per altri 40. Abbiamo costeggiato il monte Popa, un monte
sacro
alto 1500 metri. Lungo la strada si incrociano i soliti
villaggi di capanne e palafitte. In ogni villaggio non manca
mai una sala da the dove gente trascorre la giornata in
compagnia dei suoi amici. Nei villaggi piu' grandi si
possono trovare anche due ristorantini dove i camionisti
si fermano a riposare un po' le ossa.
In quella strada alternativa c'era una sola misera lingua di
asfalto dove passava a malapena un camion. Molte volte erano
costretti ad uscire fuori strada col risultato di squarciare
le gomme sui sassi. I camion in Birmania sono piuttosto
precari, un po' come tutti i mezzi che circolano nel paese.
Non ci sono le differenze che c'erano negli altri paesi del
Sud Est Asiatico o in China, in Birmania lo standard di vita
e' uguale per tutti. C'e' chi e' piu' ricco ma a ben poco di
piu' di un povero.
Molti pastori portano a pascolare le loro capre o buoi che
accudiscono con una fionda, se l'animale non si muove prende
una fiondata nel culo. Sono abbastanza pigri i pastori...
Raggiunta Kyaukpadang abbiamo avuto la bella sorpresa di non
essere accettati a dormire nell'unica guest hose della
citta'. La citta' successiva era a 100 km ed era troppo
tardi per raggiungerla ma di tornare indietro ci siamo
rifiutati. Il padrone della guest house era molto gentile e
ci spiegava che non poteva accettarci e se lo avesse fatto
avrebbe avuto grossi problemi. Ci ha indicato il monte Popa,
a 18 km ci ha confermato che avremmo potuto dormire ma
probabilmente era caro. Meglio una deviazione di 18 km che
spararsi 100 km alle 2 del pomeriggio. La strada e' stata
meta' in discesa e meta' in salita ma la parte che saliva
era un muro asfaltato. L'energia per fare quella salita
veniva dalla speranza di trovare un posto per dormire.
18 km e abbiamo raggiunto la base del monte Popa, uno
spettacolo unico. C'era un monastero costruito sulla vetta
di un monolite e alla base della roccia un piccolo paese in
stile tibetano. Sembrava un'angolo di Lhasa portato in
Birmania. Abbiamo alloggiato in un motel non molto lontano
dal monolite. La sera hanno tenuto il generatore acceso
finche' non siamo rientrati in stanza verso le 9 di sera,
dopo due candele ci hanno illuminato la stanza prima di
addormantarci.
Il giorno dopo alzati di buon ora siamo ripartiti per
Mekitila, una citta' a 120 km. Ormai eravamo abituati ad
alzarci presto, col fatto che in molti posti nessun albergo
ci accettava avevamo preso il giro di partire alle 7 di
mattina per non essere costretti a raggiungere la citta'
successiva col buio.
La strada per Meikitila era un continuo sali e scendi per i
primi chilometri, il paesaggio monotono smorzato un po'
dalla presenza dei buoi.
La stagione delle piogge quasi terminata ci ha regalato
ancora delle belle docce. Una volta al giorno prendevamo il
nostro acquazzone. La gente che viaggia con mezzi di
trasporto improvvisati e' penalizzata dalla stagione delle
piogge. Quando cominciava a piovere la gente ammucchiata nei
cassoni dei pick up o sui tetti dei minibus si copriva con
un telone cercando di bagnarsi il meno possibile.
Con la pioggia e le strade piene di sabbia le bici sono
sempre state in condizioni pietose. Attraversando i fiumi in
secca in mezzo alla sabbia era il colpo di grazia per le
catene e le corone. Avevo preso il giro di pulire le catene
ogni due giorni per evitare che si consumassero troppo.
Prima di raggiungere Meikitila abbiamo conosciuto un ragazzo
birmano che si stava dirigendo a casa di suo zio e faceva la
nostra stessa strada. Si ostinava a parlare inglese anche se
alle volte dalla bocca gli uscivano versi incomprensibili,
non stava zitto un attimo. Facevamo a turno con Patrizia per
non farci fondere il cervello. Prima di raggiungere la
citta' abbiamo incrociato l'autostrada in costruzione da
Yangon a Mandalay. Il ragazzo diceva che ci sarebbero voluti
6 anni per terminarla e poi avrebbe collegato le due citta'.
Mentre mi parlava di Yangon gli ho chiesto come si chiamava
il suo paese, "si chiama Birmania o Myanmar?" ma mi cambiava
discorso, gli ripetevo la domanda ma continuava a parlare d'
altro. Molti hanno paura a parlare del loro paese, nessuno
ci ha mai parlato male direttamente del loro governo. La
giunta militare ha cambiato il nome al paese chiamandolo
Myanmar, ha cambiato i nomi da Pagan a Bagan, da Rangoon a
Yangon, da Pago a Bago e trasferendo la capitale in mezzo
alla foresta a 400 km a nord da Yangon chiamndola Naipitaw.
Sono tutti consapevoli della dittatura a cui sono sottomessi
ma la maggior parte della popolazione ha paura delle
consueguenze se andasse a protestare.
Raggiunta Meikitila abbiamo trovato alloggio in un albergo
sul fiume e la mattina ci siamo alzati all'alba per
percorrere i 120 km per raggiungere Kalaw. Non era tanto il
chilometraggio ma i 1500 metri di dislivello. Avevamo
tracciato un'itinerario per raggiungere un lago in mezzo
alle montagne, una deviazione di 300 km che poi ci avrebbe
riportato a Meikitila una settimana dopo.
La strada e' stata in pianura per i primi 40 km e poi ha
cominciato a salire e procedere con numerosi sali e scendi .
Patrizia in pianura non ha problemi ma in salita soffre
sempre troppo, sembra una lumachina. Il pranzo per niente
energetico a base di riso e una coscia di pollo non ha
aiutato le nostre gambe nell'ultima parte di salita. Mentre
mangiavamo abbiamo conosciuto un tizio strano che era
sorpreso di conoscere due italiani, i primi due che avesse
mai visto. Spiegava in maniera bizzarra la strada in salita,
diceva che mancavano 10 km di pianura e poi la strada andava
su su su su su su u u u u u u u... Poi ha provato a
crestarci sul mangiare ma lo ha fatto in maniera tanto
stupida che lo abbiamo beccato subito e pagato il giusto.
Non aveva torto sulla strada, la salita era era davvero
dura, 25 km molto ripidi e un dislivello di 1000 metri.
Abbiamo costeggiato il fiume per diversi chilometri dove la
gente riempiva dei sacchi di sabbia e li caricava a mano sui
camion impiegando una giornata intera per effettuare un
carico. La merce pesante solitamente la trasportano in
testa, una volta abbiamo visto una donna che trasportava un
tronco appoggiato sul capo.
Il paesaggio era decisamente molto piu' bello del resto
della Birmania, le montagne sono molto meglio di una piatta
pianura. Il bamboo che nasce in quella regione viene usato
per costruire pannelli che serviranno per le pareti delle
capanne. Lo intrecciavano al bordo della strada e lo
esponevano nelle piazzole sterrate in attesa di clienti.
Le stazioni di servizio come nel resto della Birmania erano
baracche di legno con taniche e bottiglie di benzina e
gasolio anacquato.
Lungo quella strada transitavano molti camion carichi di
legname, tutti rigorosamente in sovracarico lungo quella
lingua di asfalto a tornanti.
In un tornante quasi in cima alla salita un camion bloccava
il passaggio a tutti i mezzi, aveva rotto una balestra ed
era quasi appoggiato su un fianco con una ruota anteriore
sollevata. Tutti i camionisti in coda consapevoli che ci
sarebbe voluta una giornata a muovere quel mezzo erano
tranquilli e seremi seduti sull'asfalto. La fretta e gli
orari non sono problemi che riguardano molti dei paesi
asiatici. Quando sposteranno il camion si potra'
poseguire...piu' semplice di cosi'. Per noi il problema era
minimo, un varco per passare con la bicicletta si trova
sempre e in serata col buio abbiamo raggiunto Kalaw.
Era da Shanghai che non mettevamo una felpa, il freddo delle
montagne era una benedizione, trascorrere qualche notte
senza ventilatore puntato addosso sembrava di essere in
un'altro mondo. La sera abbiamo mangiato in un ristorantino
nepalese, era davvero un'altro mondo.
Il giorno seguente siamo partiti con calma, avevamo solo 60
km da fare per raggiungere Inle Lake, l'unico lago in mezzo
alle montagne della Birmania.
La strada e' stata piu' discesa che salita e visto come
eravamo scoppiati e' stato meglio cosi'.
Raggiunto il lago abbiamo dovuto pagare tre dollari al
governo, le solite tasse per i posti piu' visitati nel
paese.
Siamo rimasti tre giorni a Inle Lake a riposare un po' le
ossa e sperare di fare una bella dormita. Purtroppo col
ritmo che avevamo ci ritrovavamo a dormire alle 9 e alle 7
di mattina eravamo gia' con gli occhi aperti.
Quella zona era molto turistica anche se di stranieri al
momento c'eravamo noi e altri 4 o 5. Tutti i locali erano
vuoti, chiunque ci guardava con la speranza che andassimo a
mangiare nel loro ristorante o a dormire nel loro albergo.
Abbiamo fatto una grande collezione di biglietti da visita,
chiunque per avere un po' di pubblicita' ci dava il suo
biglietto col risultato di avere il nostro portafogli pieno.
I birmani sono davvero cortesi, simpatici ed amichevoli,
cantano spesso quando lavorano, quando vanno in bici o
qualunque cosa facciano ma in questo periodo nei loro occhi
si legge una gran tristezza. C'e' tristezza nell'aria, c'e'
malinconia e si ci sente dei topi in trappola in un paese
che puoi raggiungere e lasciare solamente con un volo.
Abbiamo percorso una trentina di chilometri per raggiungere
il lago e goderci la vista. Usano canoe a motore per
trasportare le merci a tutti i paesini attorno al lago.
Alcune canoe sono usate come taxi, il mezzo piu' rapido per
arrivare a casa. Attorno al lago ci sono molti templi e
pagode dove i monaci anziani insegnano ai bambini. Fa
effetto vedere bambini rasati che indossano il saio
passeggiare per la
citta', fa ancora piu' effetto vedere le donne monache che
non avevo mai visto prima. Rasate anche loro e con un saio
rosa. I monasteri sono separati, uomini da una parte e donne
dall'altra.
In quel periodo che siamo stati a Inle Lake c'era un grande
festival che toccava tutti i templi e pagode attorno al
lago. Dopo una settimana sarebbe arrivato dove eravamo noi
ma c' era troppo tempo da aspettare e noi non lo avevamo.
Per l'occasione dipingevano le facciate dei templi e
tagliavano l'erba attorno.
Ogni giorno in Birmania era un'esperienza nuova,
completamente diverso dal resto del Sud Est Asiatico. Il
paesaggio non era niente di che' ma i birmani erano davvero
interessanti e stupivano sempre in qualche modo. Una volta
ci siamo fermati a fotografare due galli in piedi sulla
sella di una bicicletta, il padrone ci ha visti e sorridendo
ha chiamato i suoi galli che sono corsi da lui dentro la
capanna e gli sono saliti in braccio a farsi fare le
coccole.
Il 16 ottobre siamo ripartiti per tornare a Kalaw, questa
volta
con molta piu' energia di quando eravamo arrivati. Stare
fermi qualche giorno ci ha fatto bene.
Probabilmente per il festival che stava arrivando i monaci
lungo la strada elemosinavano con una ciotola di alluminio
piena di sassolini che scrollavano per fare rumore.
Allestivano capanne dove mettevano un megafono con della
musica e tutti in fila sbattevano le loro ciotole al
passaggio delle macchine.
Tornati a Kalaw ci siamo alloggiati in un'altra guest house
gestita da una famiglia del Bangladesh. Erano dei personaggi
inqueietanti che non hanno detto una parola. La mattina
hanno preso confidenza perche' gli serviva un consiglio per
le loro bici. Avevano due MTB che hanno comprato da due
viaggiatori, una aveva un problema al movimento centrale che
non potevo sistemargli senza attrezzi ma gli ho consigliato
come fare. Non potevo far altro. Poi ero piuttosto stordito,
la mattina ci avevano svegliato all'alba gli ululati dei
cani randagi. Ovunque in Birmania ci sono cani randagi e
quando le cagnette vanno in calore si salvi chi puo'!
Raggiungere nuovamente Meikitila e' stato uno spasso, siamo
partiti facendo 30 km di discesa, niente di meglio per
cominciare la giornata. La strada infangata dalla stagione
delle piogge ha inzozzato per l'ennesima volta le bici.
Continuare
a pulire le bici era una battaglia persa. E' che non
sopportavo di
sentire la catena che macinava con la sabbia con quello che
ci
erano costate risistemarle a Bangkok.
A Meikitila facciamo le scorte di biscotti per i giorni
seguenti. Da adesso si procede verso sud, verso Yangon.
Continua....
Il 10 ottobre siamo ripartiti da Bagan con la speranza che
davvero si potesse alloggiare a 50 km. La strada e'
cominciata in salita dopo pochi chilometri e non ha smesso
per altri 40. Abbiamo costeggiato il monte Popa, un monte
sacro
alto 1500 metri. Lungo la strada si incrociano i soliti
villaggi di capanne e palafitte. In ogni villaggio non manca
mai una sala da the dove gente trascorre la giornata in
compagnia dei suoi amici. Nei villaggi piu' grandi si
possono trovare anche due ristorantini dove i camionisti
si fermano a riposare un po' le ossa.
In quella strada alternativa c'era una sola misera lingua di
asfalto dove passava a malapena un camion. Molte volte erano
costretti ad uscire fuori strada col risultato di squarciare
le gomme sui sassi. I camion in Birmania sono piuttosto
precari, un po' come tutti i mezzi che circolano nel paese.
Non ci sono le differenze che c'erano negli altri paesi del
Sud Est Asiatico o in China, in Birmania lo standard di vita
e' uguale per tutti. C'e' chi e' piu' ricco ma a ben poco di
piu' di un povero.
Molti pastori portano a pascolare le loro capre o buoi che
accudiscono con una fionda, se l'animale non si muove prende
una fiondata nel culo. Sono abbastanza pigri i pastori...
Raggiunta Kyaukpadang abbiamo avuto la bella sorpresa di non
essere accettati a dormire nell'unica guest hose della
citta'. La citta' successiva era a 100 km ed era troppo
tardi per raggiungerla ma di tornare indietro ci siamo
rifiutati. Il padrone della guest house era molto gentile e
ci spiegava che non poteva accettarci e se lo avesse fatto
avrebbe avuto grossi problemi. Ci ha indicato il monte Popa,
a 18 km ci ha confermato che avremmo potuto dormire ma
probabilmente era caro. Meglio una deviazione di 18 km che
spararsi 100 km alle 2 del pomeriggio. La strada e' stata
meta' in discesa e meta' in salita ma la parte che saliva
era un muro asfaltato. L'energia per fare quella salita
veniva dalla speranza di trovare un posto per dormire.
18 km e abbiamo raggiunto la base del monte Popa, uno
spettacolo unico. C'era un monastero costruito sulla vetta
di un monolite e alla base della roccia un piccolo paese in
stile tibetano. Sembrava un'angolo di Lhasa portato in
Birmania. Abbiamo alloggiato in un motel non molto lontano
dal monolite. La sera hanno tenuto il generatore acceso
finche' non siamo rientrati in stanza verso le 9 di sera,
dopo due candele ci hanno illuminato la stanza prima di
addormantarci.
Il giorno dopo alzati di buon ora siamo ripartiti per
Mekitila, una citta' a 120 km. Ormai eravamo abituati ad
alzarci presto, col fatto che in molti posti nessun albergo
ci accettava avevamo preso il giro di partire alle 7 di
mattina per non essere costretti a raggiungere la citta'
successiva col buio.
La strada per Meikitila era un continuo sali e scendi per i
primi chilometri, il paesaggio monotono smorzato un po'
dalla presenza dei buoi.
La stagione delle piogge quasi terminata ci ha regalato
ancora delle belle docce. Una volta al giorno prendevamo il
nostro acquazzone. La gente che viaggia con mezzi di
trasporto improvvisati e' penalizzata dalla stagione delle
piogge. Quando cominciava a piovere la gente ammucchiata nei
cassoni dei pick up o sui tetti dei minibus si copriva con
un telone cercando di bagnarsi il meno possibile.
Con la pioggia e le strade piene di sabbia le bici sono
sempre state in condizioni pietose. Attraversando i fiumi in
secca in mezzo alla sabbia era il colpo di grazia per le
catene e le corone. Avevo preso il giro di pulire le catene
ogni due giorni per evitare che si consumassero troppo.
Prima di raggiungere Meikitila abbiamo conosciuto un ragazzo
birmano che si stava dirigendo a casa di suo zio e faceva la
nostra stessa strada. Si ostinava a parlare inglese anche se
alle volte dalla bocca gli uscivano versi incomprensibili,
non stava zitto un attimo. Facevamo a turno con Patrizia per
non farci fondere il cervello. Prima di raggiungere la
citta' abbiamo incrociato l'autostrada in costruzione da
Yangon a Mandalay. Il ragazzo diceva che ci sarebbero voluti
6 anni per terminarla e poi avrebbe collegato le due citta'.
Mentre mi parlava di Yangon gli ho chiesto come si chiamava
il suo paese, "si chiama Birmania o Myanmar?" ma mi cambiava
discorso, gli ripetevo la domanda ma continuava a parlare d'
altro. Molti hanno paura a parlare del loro paese, nessuno
ci ha mai parlato male direttamente del loro governo. La
giunta militare ha cambiato il nome al paese chiamandolo
Myanmar, ha cambiato i nomi da Pagan a Bagan, da Rangoon a
Yangon, da Pago a Bago e trasferendo la capitale in mezzo
alla foresta a 400 km a nord da Yangon chiamndola Naipitaw.
Sono tutti consapevoli della dittatura a cui sono sottomessi
ma la maggior parte della popolazione ha paura delle
consueguenze se andasse a protestare.
Raggiunta Meikitila abbiamo trovato alloggio in un albergo
sul fiume e la mattina ci siamo alzati all'alba per
percorrere i 120 km per raggiungere Kalaw. Non era tanto il
chilometraggio ma i 1500 metri di dislivello. Avevamo
tracciato un'itinerario per raggiungere un lago in mezzo
alle montagne, una deviazione di 300 km che poi ci avrebbe
riportato a Meikitila una settimana dopo.
La strada e' stata in pianura per i primi 40 km e poi ha
cominciato a salire e procedere con numerosi sali e scendi .
Patrizia in pianura non ha problemi ma in salita soffre
sempre troppo, sembra una lumachina. Il pranzo per niente
energetico a base di riso e una coscia di pollo non ha
aiutato le nostre gambe nell'ultima parte di salita. Mentre
mangiavamo abbiamo conosciuto un tizio strano che era
sorpreso di conoscere due italiani, i primi due che avesse
mai visto. Spiegava in maniera bizzarra la strada in salita,
diceva che mancavano 10 km di pianura e poi la strada andava
su su su su su su u u u u u u u... Poi ha provato a
crestarci sul mangiare ma lo ha fatto in maniera tanto
stupida che lo abbiamo beccato subito e pagato il giusto.
Non aveva torto sulla strada, la salita era era davvero
dura, 25 km molto ripidi e un dislivello di 1000 metri.
Abbiamo costeggiato il fiume per diversi chilometri dove la
gente riempiva dei sacchi di sabbia e li caricava a mano sui
camion impiegando una giornata intera per effettuare un
carico. La merce pesante solitamente la trasportano in
testa, una volta abbiamo visto una donna che trasportava un
tronco appoggiato sul capo.
Il paesaggio era decisamente molto piu' bello del resto
della Birmania, le montagne sono molto meglio di una piatta
pianura. Il bamboo che nasce in quella regione viene usato
per costruire pannelli che serviranno per le pareti delle
capanne. Lo intrecciavano al bordo della strada e lo
esponevano nelle piazzole sterrate in attesa di clienti.
Le stazioni di servizio come nel resto della Birmania erano
baracche di legno con taniche e bottiglie di benzina e
gasolio anacquato.
Lungo quella strada transitavano molti camion carichi di
legname, tutti rigorosamente in sovracarico lungo quella
lingua di asfalto a tornanti.
In un tornante quasi in cima alla salita un camion bloccava
il passaggio a tutti i mezzi, aveva rotto una balestra ed
era quasi appoggiato su un fianco con una ruota anteriore
sollevata. Tutti i camionisti in coda consapevoli che ci
sarebbe voluta una giornata a muovere quel mezzo erano
tranquilli e seremi seduti sull'asfalto. La fretta e gli
orari non sono problemi che riguardano molti dei paesi
asiatici. Quando sposteranno il camion si potra'
poseguire...piu' semplice di cosi'. Per noi il problema era
minimo, un varco per passare con la bicicletta si trova
sempre e in serata col buio abbiamo raggiunto Kalaw.
Era da Shanghai che non mettevamo una felpa, il freddo delle
montagne era una benedizione, trascorrere qualche notte
senza ventilatore puntato addosso sembrava di essere in
un'altro mondo. La sera abbiamo mangiato in un ristorantino
nepalese, era davvero un'altro mondo.
Il giorno seguente siamo partiti con calma, avevamo solo 60
km da fare per raggiungere Inle Lake, l'unico lago in mezzo
alle montagne della Birmania.
La strada e' stata piu' discesa che salita e visto come
eravamo scoppiati e' stato meglio cosi'.
Raggiunto il lago abbiamo dovuto pagare tre dollari al
governo, le solite tasse per i posti piu' visitati nel
paese.
Siamo rimasti tre giorni a Inle Lake a riposare un po' le
ossa e sperare di fare una bella dormita. Purtroppo col
ritmo che avevamo ci ritrovavamo a dormire alle 9 e alle 7
di mattina eravamo gia' con gli occhi aperti.
Quella zona era molto turistica anche se di stranieri al
momento c'eravamo noi e altri 4 o 5. Tutti i locali erano
vuoti, chiunque ci guardava con la speranza che andassimo a
mangiare nel loro ristorante o a dormire nel loro albergo.
Abbiamo fatto una grande collezione di biglietti da visita,
chiunque per avere un po' di pubblicita' ci dava il suo
biglietto col risultato di avere il nostro portafogli pieno.
I birmani sono davvero cortesi, simpatici ed amichevoli,
cantano spesso quando lavorano, quando vanno in bici o
qualunque cosa facciano ma in questo periodo nei loro occhi
si legge una gran tristezza. C'e' tristezza nell'aria, c'e'
malinconia e si ci sente dei topi in trappola in un paese
che puoi raggiungere e lasciare solamente con un volo.
Abbiamo percorso una trentina di chilometri per raggiungere
il lago e goderci la vista. Usano canoe a motore per
trasportare le merci a tutti i paesini attorno al lago.
Alcune canoe sono usate come taxi, il mezzo piu' rapido per
arrivare a casa. Attorno al lago ci sono molti templi e
pagode dove i monaci anziani insegnano ai bambini. Fa
effetto vedere bambini rasati che indossano il saio
passeggiare per la
citta', fa ancora piu' effetto vedere le donne monache che
non avevo mai visto prima. Rasate anche loro e con un saio
rosa. I monasteri sono separati, uomini da una parte e donne
dall'altra.
In quel periodo che siamo stati a Inle Lake c'era un grande
festival che toccava tutti i templi e pagode attorno al
lago. Dopo una settimana sarebbe arrivato dove eravamo noi
ma c' era troppo tempo da aspettare e noi non lo avevamo.
Per l'occasione dipingevano le facciate dei templi e
tagliavano l'erba attorno.
Ogni giorno in Birmania era un'esperienza nuova,
completamente diverso dal resto del Sud Est Asiatico. Il
paesaggio non era niente di che' ma i birmani erano davvero
interessanti e stupivano sempre in qualche modo. Una volta
ci siamo fermati a fotografare due galli in piedi sulla
sella di una bicicletta, il padrone ci ha visti e sorridendo
ha chiamato i suoi galli che sono corsi da lui dentro la
capanna e gli sono saliti in braccio a farsi fare le
coccole.
Il 16 ottobre siamo ripartiti per tornare a Kalaw, questa
volta
con molta piu' energia di quando eravamo arrivati. Stare
fermi qualche giorno ci ha fatto bene.
Probabilmente per il festival che stava arrivando i monaci
lungo la strada elemosinavano con una ciotola di alluminio
piena di sassolini che scrollavano per fare rumore.
Allestivano capanne dove mettevano un megafono con della
musica e tutti in fila sbattevano le loro ciotole al
passaggio delle macchine.
Tornati a Kalaw ci siamo alloggiati in un'altra guest house
gestita da una famiglia del Bangladesh. Erano dei personaggi
inqueietanti che non hanno detto una parola. La mattina
hanno preso confidenza perche' gli serviva un consiglio per
le loro bici. Avevano due MTB che hanno comprato da due
viaggiatori, una aveva un problema al movimento centrale che
non potevo sistemargli senza attrezzi ma gli ho consigliato
come fare. Non potevo far altro. Poi ero piuttosto stordito,
la mattina ci avevano svegliato all'alba gli ululati dei
cani randagi. Ovunque in Birmania ci sono cani randagi e
quando le cagnette vanno in calore si salvi chi puo'!
Raggiungere nuovamente Meikitila e' stato uno spasso, siamo
partiti facendo 30 km di discesa, niente di meglio per
cominciare la giornata. La strada infangata dalla stagione
delle piogge ha inzozzato per l'ennesima volta le bici.
Continuare
a pulire le bici era una battaglia persa. E' che non
sopportavo di
sentire la catena che macinava con la sabbia con quello che
ci
erano costate risistemarle a Bangkok.
A Meikitila facciamo le scorte di biscotti per i giorni
seguenti. Da adesso si procede verso sud, verso Yangon.
Continua....
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