19.3.08

PATRIZIA (IL DESERTO..., 12/03/2008 - 19/03/2008)
Salam! Benvenuti in Iran!

Siamo a Kerman, circa 600 km dal confine pakistano-iraniano.
In questi giorni e' festa, nel weekend ci sara' il nuovo
anno iraniano e trovare un internet cafe' aperto e' stata
un'impresa! E' solo due giorni che siamo Iran...due giorni
in cui siamo stati un po' sballottati. Il deserto da Quetta
a qui...vissuto in due paesi in maniera diversa.

12 marzo. Si riparte da Quetta dopo qualche giorno
fermi...senza aver mangiato nulla di particolarmente
gustoso! La strada non e' meravigliosa. In alcuni tratti
sterrata (la stanno rifacendo devastando quella vecchia),
altri piena di buchi ed altri appena rifatta. Costeggiamo
per la maggior parte del tempo la ferrovia. Vediamo
solamente un treno passare che va in direzione di Quetta. Il
vento ci lascia pedalre bene il mattino ma il pomeriggio
soffia contro. Per qualche km piu' vicino al confine afghano
siamo seguiti da una motoretta con due militari ed un
kalashnikof. La scorta! Ci sono dei cartelli, quando la
strada attraversa la ferrovia, curiosi: STOP, SEE, GO! e
CROSS AT YOUR OWN RISK. Lungo la strada qualche bambino con
la fionda ci mira ma guardandoli e fermandosi non ci tirano
sassi. La sera sono abbastanza scoppiata (che centri
qualcosa anche l'alimentazione?!) e sali e scendi assurdi
(per essere in mezzo al deserto) dove i camion procedono a
passo d'uomo sia in un senso che nell'altro non facilitano
l'arrivo a Noskhi. Al calar delle tenebre dopo 150 km
arriviamo a Noskhi. Un uomo in macchina ci fa luce e ci
accompagna ad un hotel. La stanza e' abbastanza abominevole
e il bagno ancor di piu' ma non credo si possa trovar di
meglio. L'importante e' avere un riparo. La citta' e' al
buio, la corrente viene bloccata per qualche ora al giorno e
poi ritorna. Ci facciamo portare la cena in stanza...pollo
immerso in salsa oliosa, chapati e qualche pezzo di carota.
Io sono abbastanza mal presa. Ho mal di stomaco e mangio
solo un pezzo di pane e una carota. Meglio non li avessi
mangiati, dopo mezzora il tutto finisce nella turca in
bagno. Pero' il vomito mi ha fatto bene, non ho piu' mal di
stomaco. Mi infilo nel sacco a pelo e dormo come un sasso.

13 marzo. Facciamo colazione e ripartiamo. Il deserto e'
piatto ma costeggiamo delle montagne. Ho l'energia di un
canarino ma se il vento ci aiuta...mmm...no, e' contro e ci
rallenta molto e piu' che altro fa far fatica. La strada e'
abbastanza brutta, asfalto tutto rotto, dove i cmaion fanno
fatica a procedere ad una velocita' dignitosa. Dopo una
40ina di km ci fermiamo. Ho mal di stomaco e fatico a
pedalare. Un pickup si ferma e ci chiede se abbiamo bisogno
di aiuto. Carichiamo le bici dietro, insieme ad una capra e
noi due davanti con altri 4. Purtroppo ci scaricano 10 km
piu' avanti in una specie di resthouse con i tappeti per
terra. Ci sediamo fuori e chiediamo se qualche camionista va
alla citta' dopo. Attendiamo due ore ma i cmaion che passano
sono troppo carichi. Sto un po' meglio e riprendiamo a
pedalre. Lungo la strada un sacco di ragazzi e ragazze ci
chiedono penne per scrivere. Purtroppo tanti appena ci
giriamo prendono un sasso in mano e provano a tirarlo. Se
continuiamo a guardare dietro a noi fino a distanza
raggiungibile non tirano niente. Un camionista ci regala dei
mandarini. Qualche km piu' avanti si ferma e ci fa segno se
vogliamo caricare le bici. Scarichiamo le bici e insieme ai
bagagli vengono messe sopra tutta la pila di scatole di
mandarini (li portano in Iran). Noi viaggiamo davanti. La
strada e' brutta, larga una corsia e il bilico procede ad
una media inferiore ai 40 km/h. Prima di arrivare a
Daulbandin dopo quasi 5 ore (110 km), il bilico buca un
gomma e si fermano a ripararla, il che ci fa stare fermi
piu' o meno un'ora e al tramonto si fermano a pregare in
mezzo al deserto. Il paesaggio e' un po' cambiato..ora e'
solo deserto piatto con la ferrovia che costeggia la strada.
Si vedono alcune carovane di dromedari. Il bilico ci lascia
davanti ad un albergo a Daulbandin (una via, piu' che un
citta'). Per compagno di stanza abbiamo un topo che ci fa
dannare per un'ora di notte. Buca il sacco della tenda.
Chissa' che odori sente. Appendiamo il cibo su un filo teso
in stanza e mettiamo tutti i baggali accatastati
nell'armadio.

14 marzo. Stiamo fermi a Daulbandin. Non c'e'
fondalmentamente niente, a parte qualche negozietto e il
ristorante dell'albergo che serve pollo o capra e chapati.
Il topo..che poi scopriamo non essere solo (sono due o tre
minuscoli), passeggia tranquillamente sulle bici (che sono
in camera) e appena mi sveglio lo vedo arrampicarsi sulla
tenda e poi spuntare sul davanzale in piedi sopra la testa
di Claudio. Dopo qualche ciabattata e qualche colpo non li
vediamo piu' tornare.

15 marzo. Ripartiamo, c'e' un po' di vento contro ma la
strada e' molto bella, appena rifatta e si riesce a pedalare
bene. Dopo 175 km di deserto, una pausa te' in una stazione
di polizia in mezzo al deserto e qualche foto arriviamo a
Nokkundi. Pensiamo di trovare un buco per dormire ma in
effetti non c'e' nulla. Case basse di fango e qualche
negozietto che vende prodotti principalmente importati dal
vicino Iran. Chiediamo a dei poliziotti e ci dicono di
andare al Custom (Dogana). Entriamo, chiediamo a qualcuno
per dormire e ci indicano un punto in mezzo al cortile.
Monteremo la tenda. Prima torniamo in paese per comprare
qualcosa per cenare e per la colazione. Torniamo al custom,
stiamo per montare la tenda ma arriva un ufficiale che ci
dice "room". Ci porta nella sua stanza. Ringraziamo per
l'ospitalita' ma non siamo troppo felici quando scopriamo
che anche lui dorme li'. Ci cuciniamo della pasta 'chimica'
(quella precotta che cuoce in due minuti nell'acqua
bollente) e mangiamo del chapati. Il tizio che ci ha dato la
stanza e' amichevole ma strano. Ci chiede se abbiamo la
macchina fotografica. Gli diaciamo di si. Gli faccio una
foto a lui e a Clkaudio e poi Claudio la fa a me e a lui. Mi
stringe un po' troppo stretta cosi' poi mi stacco e gli sto
a debita distanza. Si gratta la schiena (presuppongo perche'
gli prudeva ma non lo so) e mi chiede se posso grattargliela
io. Gli dico di no e sto a debita distanza. Gli indico
Claudio e gli faccio segno che se vuole gliela gartta lui la
schiena. Io e Claudio dormiamo sul letto e lui per terra per
fortuna dall'altra parte della stanza. Mi infilo nel sacco a
pelo. Sudo come una bestia ma sto anche con il velo in testa
per dormire. Non mi piace quello li'. Dormo con un occhio
mezzo aperto e di notte penso di sentir dei rumori e
qualcuno che mi tocca il piede. Mi giro di scatto e Claudio
si sveglia. Mi da la mano e gli dico che c'e' lui in piedi.
Accendiamo la pila ma dorme la per terra. Era il piede di
Claudio che toccava il mio. Claudio vede che non sono
tranquilla cosi' mi dice di dormire che sta sveglio. Verso
le 4 e mezza un ufficile entra in camera e sveglia lui. Gli
deve dare il cambio. Esce dalla stanza e ci accende la luce.
Dice di tenerla accesa. Io sto girata dall'altra parte e non
gli rivolgo la parola. Claudio poi mi dice il mattino che e'
stato a fissarci per 10 minuti fuori dalla porta. Per
fortuna poi se ne va a fare il turno di guardia.

16 marzo. Ci alziamo il mattino. Sistemiamo i bagagli e poi
arriva con il kalashnikof al braccio. Siamo molto reclutanti
nel parlare con lui, io soprattutto. Ci offre la colazione
ma beviamo solo un sorso di te. Carichiamo le bici e ce ne
andiamo senza quasi salutarlo. Ci chiedeva ancora della
macchina fotografica ma Claudio gli dice categorico che non
abbiamo le pile cariche. Che brutto tizio. Facciamo
colazione qualche km dopo in mezzo al deserto. Ci sono
raffiche di vento forti da destra e sinistra e procedere e'
davvero faticoso. Impieghiamo una vita ad arrivare al
confine a Taftan. Lungo la strada ci segue sempre la
ferrovie ed ogni tanto ci sono vecchie stazioni di fango,
alcune ancora abitate. Dove chiediamo dell'acqua che ci
viene data da giare di terracotta. Passano tanti camion
carichi di mandarini, dove prima della frontiera vengono
caricati dai camion pakistani (splendidamente decorati e
malmessi) sui camion iraniani (camion piu' belli e moderni).
Taftan e' abbastanza inquietante. Caotica, brutti ceffi e
tutti che provano a tirar su il prezzo. Per una stanza
schifosa ci chiedono 1000 rupie (10 euro). Lo mandiamo a
quel paese e troviamo un altra stanza nelle stesse
condizioni per 250 rupie.

17 marzo. Cambiamo le rupie pakistane avanzate in un
ristorante a Taftan, in Rial iraniani. All'imigrazione
pakistan le code uomini/donne sono separate. Entro
nell'ufficio per far timbrare il passaporto e alla donna
davanti a me, coperta completamente (solo gli occhi
scoperti), l'ufficiale chiede di scoprire il viso e togliere
gli occhiali. Avuto il timbro sul passaporto, attendiamo di
fronte al cancello della frontriera iraniana. E' ancora
chiusa (si potevano coordinare le due immigrazioni!). Dopo
un po' aprono il cancello e fra tutta la folla ammassata
davanti, due ufficiali fanno apripre un varco per far
passare me e' Claudio con le bici. All'immigrazione c'e' un
ufficiale antipatico. Gli diamo i nostri passaporti e dopo
un po' se ne va con i nostri passaporti in mano facendom
aspettare tutta la coda creatasi dietro di noi. Torna
l'ufficiale e ci dice: "scorta". Aspettiamo seduti e dopo un
po' arriva un uomo che parla inglese e ci spiega che non
possiamo pedalare perche' e' pericoloso per noi. Siamo
attaccati al confine afghano e hanno paura che rapiscano
qualche straniero. Cosi' carichiamo le bici nel bagagliaio
della macchina del tizio che parla inglese e con noi viene
un militare che tinen in mno i nostri passaporti. Ce li
daranno solamente quando ci avvrano lasciato in un albergo a
Zhaedan. A Zhaedan ci fanno girare come delle trottole in
macchina senza farci scendere prima di scaricarci
nell'albergo forse piu' caro della citta'. Non abbimo molte
alternative, non possiamo stare in alberghi economici
considerati non sicuri per noi. In Iran non si possono usare
bancomat o carta di credito (cioe' ci sono i bancomat ma
solo chi ha un conto in Iran puo' prelevare) cosi' dobbiamo
cambiare dollari o euro in moneta locale (Rial). Per andare
in banca ci viene a prendere una macchina della polizia che
ci accompagna e ci riporta in albergo. Finalmente soli. Per
fortuna c'e' il ristorante in hotel, altrimenti prima di
uscire dovremmo chiamare la polizia. In camera c'e' la tv,
ma solo canali iraniani veramente terribili. Ci laviamo dopo
una settimana e laviamo tutti i vestiti! A cena nel
risotrante dell'albergo c'e' un matrimonio. La sala e'
divisa in due da un separait, da una parte uomini e
dall'altra donne. Tutte le donne dai 9 anni in su devono
indossare il velo per legge. Tante sono vestite di nero, ma
alcune abbastanza colorate. Le bimbe sono molto colorate e
senza velo (sotto i 9 anni). Io mi sento strana ad indossare
il velo e probabilmente anche loro notano che non lo porto
di solito (si vede qualche film occidentale (criptato ad
arte) con donne senza velo). Ritornando al matrimonio...c'e'
un ragazzo che suona la tastiera ed uno che canta con le
casse a tutto volume. Non canta particolarmente bene ed i
commensali sembrano notarlo..la sala si dimezza!

18 marzo. Prepariamo i bagagli e scendiamo in reception.
Dobbiamo andare alla stazione degli autobus. Non possiamo
pedalare fino Kerman. E' una zona considerata non sicura
per il contarbbando di alcolici provenienti dal Pakistanm
(in Iran le bevande alcoliche sono illegali). Arriva la
macchina della polizia che ci scorta fino alla stazione
degli autobus. Rincontriamo il tizio che parla inglese che
il girono prima ci ha portato dal confine a Zhaedan. Ci
aiuta a fare il biglietto (in una stazione che scritte
solamente in arabo) per Kerman. Fatichiamo a farci caricare
le bici sul autobus. Paghiamo 90.000 Rial (piu' o meno 6
euro) per noi e altrettanti per le bici. Non abbiamo troppa
voglia di discutere. Finalmente seduti. L'autobus e' tipo i
nostri. Aria condizionata e largo. Le strade sono molto piu'
belle rispetto a quelle pakistane ed i mezzi altrettanto.
Lungo la strada ci fermiamo a due o tre posti di blocco dove
controllano i bagagli ed a noi chiedono anche i passaporti.
Mentre siamo in pullman ci sorpassano due camion carichi di
dromedari...che belli che sono. Fino a Kerman e' tutto
deserto, in alcuni punti di dune ed in altri piatto e con
piccoli arbusti. Arriviamo a Kerman tardissimo. Il pullman
ci scarica piu' o meno a 6 km dal centro. Sono le 22.30 e
non sappiamo da che parte andare. Un uomo grassissimo in
moto si offre di accompagnarci in centro. Gli facciamo
vedere il nome di un hotel sulla guida. Arrivati al hotel
l'uomo alla reception ci dice che e' al completo. Ce ne
indica un altro. Chiediamo il prezzo...100.000 Rial (7
euro). La stanza e' grossa ma le lenzuole non pulite, il
bagno in comune e senza doccia. Siamo stanchi e gli diciamo
che va bene. Ringraziamo il tizio che ci ha aiutato e
saliamo in cmaera. Ci viene a bussare, dice che ci ha
aiutato e vuole dei soldi. Lo mandiamo a cagare. Insiste e
gli chiediamo quanto vuole ci dice due dollari. Claudio gli
dice che se vuole i soldi li chiede prima. L'aiuto dovrebbe
essere gratuito. Alla fine pensiamo che abbiamo le bici di
sotto (mai gli venisse di bucare una gomma o altro) e gli
diamo qualche Rial. Insiste che vuole qualcos altro. Gli
chiudiamo la porta in faccia. Discute poi ancora un po' con
il tizio dell'albergo e se ne va. Alla faccia
dell'ospitalita' musulmana!

19 marzo. Cerchiamo qualche albergo ma ai due che chiediamo
ci icono che sono pieni. Cosi' paghiamo un'altra notte nel
nostro. Cambiamo dei dollari ad un ufficio di cambio e
giriamo un po' a zonzo per la citta'. Belle pasticcerie,
negozi che fanno frullati e gelato, citta' abbastanza
ordinata (simile piu' alle nostre che al caos pakistano ed
indiano...sono un po' spaesata!). Si vedono molte donne in
giro (al contario del Pakistan), lavorare in negozi e
alberghi. Molte vestite di nero ma alcune colorate e
truccate.

Domani probabilmente staremo ancora qui e poi ripartiamo
verso Yazd. Siamo stati catapultati un po' troppo
velocemente in questo Iran...non ho ancora avuto il tempo di
assaporare e calarmi nell'ambiente...
Beh vi saluto cari, ci sentiamo da Yazd. Ciao,

Patrizia

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