26.3.07

CLAUDIO (SIBERIA, ULAN-UDE, 26/03/2007)

Ciao a tutti, siamo arrivati sabato qui a Ulan Ude. Siamo
alloggiati nello stesso albergo che ero stato nel 2001. E'
sempre il piu' economico della citta'.
Questa mattina siamo andati al consolato mongolo per
richiedere il visto. Abbiamo parlato con un signore che
probabilmente era il console. Ci ha fatto accompagnare da
una ragazza in una agenzia non molto lontano dal consolato.
E' li che si occupano dei visti. Abbiamo pagato 61 dollari a
testa e oggi pomeriggio andiamo a ritirare i visti. E'
obbligatorio un permesso per la macchina che non e' altro
che un timbro sul passaporto che costa quasi 2 euro.

Abbiamo fatto circa 2500 chilometri da Novosibirsk. Appena
partiti dalla citta' ci siamo incasinati subito per trovare
la via giusta. E' assurdo che con tutto lo spazio che hanno
in Siberia non riescono a costruire delle circovallazioni
senza andarsi a incasinare a passare in centro citta'. La
cosa peggiore e' il fatto che non mettono un cartello
neanche a morire e alle volte uscire da una citta' significa
ore e ore di zig zag.

Lungo la strada il panorama e' cambiato, non era piu' una
pianura monotona. E' cominciata la Taiga (la foresta
siberiana) e i sali e scendi delle colline.
I posti di blocco sono sempre inesistenti, i poliziotti
preferiscono stare al caldo e non uscire a fermare le
macchine. Ci hanno fermati solamente tre volte e non hanno
neppure rotto le balle. Un poliziotto ci aveva fermato per
dirci di accendere le luci...credevo che voleva qualche
soldo invece si e' limitato a farsi una bella risata. In un
altro posto di blocco il poliziotto non ha neppure voluto
vedere i documenti, mi ha dato la mano e augurato buona
fortuna.

Il primo giorno di primavera e' cominciato con una bella
nevicata. La temperatura si e' alzata di qualche grado
quindi nevica spesso e la sera sulla strada si forma una
crosta di ghiaccio. I camion restano spesso bloccati sulla
strada, nelle salite slittano e spesso finiscono fuori
strada cercando di fare manovre assurde per prendere le
rincorse e oltrepassare il ghiaccio. Molti non hanno le
catene e chi le ha preferisce finire fuori strada piuttosto
che perdere tempo e montare le catene.

Una sera abbiamo dormito come sempre in una parcheggio di un
cafe assieme a dei camionisti. C'era un cagnolino bastardo
che non si sa per quale motivo ci aveva preso di
mira...stava vicino alla macchina e abbaiava. Il padrone del
cafe dopo un oretta e' venuto a portare via il cagnolino
prima che svegliasse tutti i camionisti e ci linciassero per
quel cagnetto del belino...

Molte volte lungo la strada avevo dei flash che mi
ricordavano il 2001 quando con la moto avevo percorso la
stessa strada. Con la neve il panorama e' ben diverso ma
alcuni particolari me li ricordavo.

Abbiamo viaggiato parecchi chilometri col 4x4 inserito per
evitare di finire fuori strada visto il ghiaccio e la neve.
C'era una lunga coda di camion e macchine sulla strada e la
causa erano due camion bloccati su una salita. Un bilico era
di traverso incastrato con un altro e non si riuscivano piu'
a muovere per il ghiaccio. Avevano bloccato la strada e non
sappiamo da quante ore erano in quella posizione. Al lato
della strada c'era un cantiere con delle ruspe parcheggiate
e una stradina dissestata sulla parete della collina. Su
quella stradina si poteva evitare l'ostacolo ma solamente i
fuori strada potevano percorrerla. Era una salita ripida,
sterrata e coperta di ghiaccio. Un russo provava a salire
con una Subaru 4x4 ma non riusciva, continuava a slittare e
toccava sotto. Prvavano a spingerla ma proprio non si
muoveva. Mi hanno proposto di passare per primo e provare a
trainare la Subaru su da quella strada. Non ero neppure
convinto che ci sarebbe riuscita la suzukina da sola,
figuriamoci a trainare un'altra macchina.... Ma in quei casi
non si puo' non aiutare qualcuno, qui si aiutano a vicenda e
non era bello andare via. Abbiamo legato la Subaru a una
balestra della suzukina messo il 4x4 e prima ridotta...
Sembrava un grillo su da quella strada, tirava su quella
Subaru come un mulo nei sentieri...slittava e sforzava
parecchio ma siamo riusciti in piu' riprese a oltrepassare
l'ostacolo. Erano tutti stupiti dalla prepotenza della
suzukina. Gridavano e ridevano a vedere il nostro macinino
tirare su un macchinone come una Subaru. Arrivati in cima
alla salita e nuovamente sull'asfalto ci conoscevano tutti.
Si era sparsa la voce che c'erano due italiani con una Super
Jeep e molti avrebbero voluto farsi trainare su quella
stradina ma erano davvero troppi e avremmo devastato il
nostro gioiellino.

La sera ci siamo fermati in un cafe a mangiare. Come abbiamo
parcheggiato e' andata via la corrente... Abbiamo portato
dentro il cafe la nostra scorta di lumini e ne abbiamo
regalato un po' alla padrona che ne ha messo uno per tavolo
e si riusciva a mangiare con un po' di luce.

La mattina abbiamo raggiunto Irkutsk, il lago Baikal era
completamente ghiacciato. Uno spettacolo unico. Siamo
arrivati sulle sponde del lago e c'erano delle tracce di
macchine che lo avevano attraversato. Ovviamente ci siamo
andati anche noi. Avremo fatto 40 metri sul ghiaccio ma non
sembrava poi tanto solido. In molti punti c'erano delle
pozzanghere, segno che il ghiaccio si stava sciogliendo.
Siamo tornati a riva, avrei voluto attraversare il lago ma
Patrizia non era molto convinta. Eravamo sulla riva quando
uno con un camioncino e' sceso sul lago e andava avanti
verso l'altra sponda. Ci siamo andati dietro tranquilli
pensando che se reggeva il camioncino reggeva certamente
anche noi. A 100 metri dalla riva il camioncino ha fatto
un'inversione veloce ed ha accelerato verso riva facendoci
segno di tornare subito indietro che il ghiaccio non
reggeva! Siamo rientrati spediti senza fermarci tanto a
guardare...

Abbiamo impiegato ancora una giornata a raggiungere Ulan
Ude. Lungo la strada si vedono quasi esclusivamente macchine
giapponesi. Sono tutte con la guida a destra e arrivano da
giappone. Le vecchie Lada sono ormai poche, tutte
rimpiazzate dalle giapponesi che i russi vanno a comprare a
Vladivostok. In Centro Asia tutti avrebbero comprato la
nostra suzukina a qualsiasi cifra mentre qui nessuno la
guarda. Vedremo in Mongolia, se anche li c'e' pieno di
macchine nuove non sara' facile vendere la Susi. Vedremo, o
la regaliamo o la abbandoniamo allo sciacallaggio...

Domani pomeriggio partiremo per la Mongolia, tra un paio di
giorni ci saremo.

Ciao Gente!

Claudio
PATRIZIA (SIBERIA, 20/03/2007 - 26/03/2007)

Ciao a tutti!

Ulan-Ude, ore 15.06 (7 ore avanti rispetto a
casa)...collegati ad internet nei computer di un ufficio
telefonico. La signora della cassa "mooolto" simpatica.
Il 19 marzo partiti da Novosibirsk (abbiamo impiegato piu'
di due ore per uscire dalla citta', le strade per i camion
passano comunque in mezzo alla citta' facendo giri assurdi e
se sbagli un incrocio una volta sei finito!) abbiamo
impiegato cinque giorni a raggiungere Ulan-Ude. Abbiamo
passato quasi tutte le notti sulla Suzukina a parte una in
una "gostinitsa" (hotel) sulla strada per farci una doccia.
Nei 2500 km percorsi fra Novosibirsk e Ulan-Ude il paesaggio
e' cambiato parecchie volte (e io che pensavo che la Siberia
fosse solo una distesa bianca), la prima parte una distesa
bianca con alberi piantati o nati a cerchio qua e la' dove
di notte i pastori fanno dormire i loro greggi. Poi foresta
fitta di pini (taiga) con ai loro piedi sempre la neve. Dopo
una strada dritta e piatta iniziano sali e scendi in mezzo
alla taiga.
Per lunghi tratti a fianco della strada non si vede altro
che la natura ed i benzinai. Ed ogni tanto qualche "kafe".
Nei villaggi le case sono praticamente fatte tutte di legno
ed in alcune, talmente storte che sembrano abbandonate, vedi
un lumino che ne illumina l'interno.
Si vedono tantissime macchine giapponesi (con la guida a
destra) che fanno Vladivostock- Novosibirsk (e forse oltre).
Se va avanti cosi' dovranno invertire il senso di marcia!

Una sera, al calare del giorno, mentre siamo in macchina,
attraversa la strada sopra il nostro naso un gufo. Tanti
corvi e uccellini stanno al lato della strada e quando
passano le macchine volano via all'ultimo secondo. I
piccioni resistono anche al freddo siberiano e zampettano
qua e la'.
I cani "siberiani" hanno le zampe corte rispetto al corpo,
sara' per il freddo!Forse Lady (la cagnolina di Claudio)
discende da queste zone!

Giovedi' mattina (il 22) lungo una strada ghiacciata ed
innevata in mezzo ai pini vediamo davanti a noi una coda di
camion e qualche macchina. Superiamo e ne capiamo il motivo.
Su una salita c'e' un bilico con il rimorchio girato che
sbarra completamente la strada ed il trattore con il muso
dentro un altro bilico. Tutto perche' su una strada
ghiacciata su cui si fa fatica persino a stare in piedi non
mettono le catene e non esistono spargi sale (solo terra).
Si vedono spesso bilici che faticano "come delle bestie" ad
inerpicarsi su delle salite ghiacciate ed altri infossati
nella neve.
Chissa' quando libereranno la strada.
Vediamo un fuoristrada sbucare da un'altra stradina. Ha
superato i camion e uo' proseguire. Facciamo anche noi
quella strada a piedi. Si puo' fare con la Suzukina, e' un
po' innevata e ghiacciata ma si puo' fare. Una subaru sta
provando a salire ma continua a slittare. Ci fa passare a
patto che poi la trainiamo (sia io che Claudio pensiamo che
non ce la possa fare e' troppo piccola la Susina). La Susi
va su com un grillo. Agganciamo la corda per trainare alla
balestra, perche' dietro non ha il gancio. Rimaniamo
sconvolti, e anche gli altri russi intorno a noi...La
Suzukina tira su la Subaru per quella stradina. Con un po'
di fatica ma la porta fuori! Passati i camion dall'altra
parte c'e' un sacco di coda. Passando qualcuno ci saluta e
sa gia' che siamo italiani: si vede che il ragazzo sulla
Subaru ha gia' fatto propaganda! Un signore ci chiede se gli
trainiamo la macchina ma la Suzukina e' troppo stanca,
rischiamo di lasciarla su quella salita.

Dopo Irkutsk vediamo il lago Baikal (profondo piu' di 1600
metri e lungo 636 km)..e' tutto ghiacciato. Proviamo a
passarne un pezzo con la Suzuki ma non siamo tropo convinti
che il ghiacco regga, percio' ritorniamo sulla strada.
La ferrovia della transiberiana corre a fianco della strada
e spesso si vedono treni passare.

Sabato 24 arriviamo ad Ulan-Ude. Alloggiamo in un albergo
dove Claudio aveva alloggiato 6 anni fa. La cifra della
stanza e' raddoppiata! Come tante altre cose in Russia!

Stamattina (26 marzo) abbiamo fatto la richiesta per il
visto mongolo...oggi pomeriggio sara' pronto!
Buon viaggio...

Patrizia

19.3.07


CLAUDIO (SIBERIA, 19/03/2007)

Ciao Gente, siamo in un internet cafe a Novosibirsk. La
citta' e' considerata la capitale della Siberia.

In Kazakistan non abbiamo passato molti giorni. Siamo
rimasti fermi ad Almaty un paio di giorni per fare la
registrazione del visto. Abbiamo alloggiato nell'albergo
piu' economico della citta'. Il parcheggio per la macchina
era a 3 km di distanza ma non abbiamo rischiato a lasciarla
in mezzo alla strada come un mese e mezzo fa con il
risultato di ritrovarci un finestrino rotto.

Prima di lasciare la citta' ci siamo fermati al bazar dove
abbiamo comprato delle fascette di plastica che servivano
per fissare il filtro della benzina sotto la macchina.

La strada per Astana era bella, poche buche e senza neve.
Dopo un centinaio di chilometri abbiamo raggiunto il lago
Balqash. E' un lago profondo 26 metri quindi col freddo era
completamente ghiacciato. C'erano delle tracce di macchine
che lo avevano attraversato quindi siamo andati anche noi
con la suzukina... Abbiamo fatto circa 40 metri sul ghiaccio
poi ho preferito fermarmi. Le tracce dele macchine che lo
avevano attraversato erano un po' vecchie quindi non volevo
rischiare che si sfondasse il ghiaccio e andare a picco...
Abbiamo fatto qualche altro metro di lago a piedi ma poi le
venature del ghiaccio non erano molto rassicuranti quindi
siamo tornati indietro.

Il panorama era come tutto il resto del Kazakistan, steppa e
deserto per centinaia di chilometri. Al lato della strada
c'era un cavalo morto, probabilmente investito da qualche
camion. Attorno a lui c'erano una decina di aquile che lo
mangiavano. Non capita tutti i giorni un pranzo del genere.

La notte l'abbiamo passata da un distributore di benzina.
C'erano molti camionisti che dormivano su quel piazzale. La
sera la temperatura e' scesa a meno 15 e durante la notte i
camionisti lasciavano i camion accesi per evitare che si
congelasse il gasolio.

La mattina abbiamo pensato bene di prendere una scorciatoia
che ci avrebbe fatto risparmiare 200 km. L'idea era buona ma
la strada era davvero schifosa. Abbiamo viaggiato per 250 km
a 50 km/h. Nel piazzale di un cafe ci siamo fermati per fare
manutenzione alla suzukina. Ho cambiato l'olio e tutti i
filtri per gli ultimi 10000 km che dovremmo fare. Ho
impiegato un ora e mezza a fare tutti i lavoretti alla
macchinina e Patrizia mi faceva da assistente...

La povera suzukina dovrebbe reggere gli ultimi chilometri,
forse riuscirebbe a fare un giro del mondo ma alle volte
tutti i rumori sono preoccupanti. Fa dei rumori di banco,
vibra un po' troppo e alle volte il cambio comincia a
grattare e bisogna fermarsi subito. Comincia a fare un
leggero TRRRRR quando e' sotto sforzo e poi parte con
TRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR continuo fin che' non ci
fermiamo. Menandogliela un po' al cambio si ripiglia e non
lo fa piu' per settimane. Povera bestia....sente i suoi 22
anni e le temperature gelide dell'Asia.

Per risparmiare ho preferito comprare l'olio 10 w 40
pensando che ormai temperature fredde come sul Pamir non ne
avremmo piu' trovate.
Quel giorno che ho cambiato l'olio, il termometro ha
raggiunto i - 20. Abbiamo raggiunto un vilaggio verso sera e
la strada era scavata nella neve, pareti alte due metri
mezzo. Il termometro segnava -23. Abbiamo raggiunto un
piazzale dove si fermavano i camionisti. C'era un
alberghetto e un cafe' dove con 5 euro a testa abbiamo
dormito al caldo. La sera ho smontato la batteria e l'ho
portata in camera vicino al calorifero. L'albergo era
gestito da una donna che assomigliava ad un cinghiale.
Usciva fuori con la maglietta a maniche corte mentre noi
eravamo in ipotermia con le giacche a nento e berretto.

La mattina alle 8 con il sole c'erano - 25 gradi. Ho
controlato l'olio e sembrava di aprire un barattolo di miele
da tanto era denso. Ho aspettato un oretta prima di
rimontare la batteria ed accendere la bestiola. Non ha fatto
nemmeno tanta fatica a partire. Fino all'ora di pranzo la
temperatura e' rimasta sotto i - 20 ma nel primo pomeriggio
e' salita quasi a - 15.

Lungo quela strada i distributori di benzina erano piuttosto
rari. Siamo rimasti a secco due volte ma per fortuna avevamo
sempre 10 litri di scorta nela tanica che ci hanno salvato.
Era solo traumatico stare fuori al freddo e al gelo a
svuotare la tanica e vedere Patrizia in macchina al caldo...

Abbiamo raggiunto la frontiera con la Russia in 3 giorni e
l'ultima sera l'abbiamo passata come al solito nel piazzale
di un distributore. Ogni tanto di notte accendevo la
macchina per evitare di rimanere senza batteria la mattina.
Dentro la suzukina si formava una crosta di ghiaccio che a
fatica si scioglieva durante il giorno.

Al mattino abbiamo raggiunto la frontiera. Gli ufficiali
kazaki erano davvero simpatici anche se rompevano un po' le
balle con domande sula droga. Avevano un cagnolino, un Coker
antidroga che hanno infilato in macchina e gli facevano
annusare tutto. Prima sui sedili davanti e poi lo hanno
messo sopra ai bagagli. Quel cazzo di cagnolino annusava
tutto e se poteva ci saltava addosso per fare le feste.
Chissa' quanta gente ha mandato in galera.
Una volta avuto il timbro abbiamo raggiunto la frontiera
russa. Quella kazaka era in un edificio nuovo appena
costruito mentre quela russa erano 6 conteiner in fila dove
in ognuno c'era un ufficio.
All'immigrazione in un minuto abbiamo avuto il timbro sul
passaporto.
Nell'ufficio della dogana dovevamo fare l'assicurazione e la
dichiarazione del mezzo. L'impiegata allo sportello ha preso
tutti i dati della macchina e prima di stampare
l'assicurazione ci ha chiesto 800 rubli. Noi avevamo i
dollari ma in quell'ufficio nessuno gli accettava.
L'impiegata e' rimasta inebetita a gurdarci dopo averci
detto il solito "nieto". Senza battere ciglio si e' rimessa
al computer a giocare a carte.

Siamo rimasti un ora nel piazzale cercando di cambiare dei
dollari. Non potevamo uscire dalla frontiera con la macchina
quindi siamo rimasti li ad aspettare che passasse qualcuno.
Un signore che viaggiava su un autobus diretto in Kazakistan
ci ha cambiato 100 dollari e siamo riusciti ad ottenere
tutti i documenti per entrare in Russia. Nonostante il
problema dei dollari siamo riusciti ad ottenere la
dichiarazione del mezzo valida un mese almeno non avremo
problemi in uscita dal paese.

Nel pomeriggio abbiamo raggiunto Omsk, Siberia.
Abbiamo dormito in albergo, il piu' economico dela citta'. I
prezzi per gli alloggi sono molto piu' cari che in Centro
Asia. Ci serviva la notte in albergo per la registrazione
del visto.
La mattina ci siamo persi in citta' cercando di imboccare la
strada per Novosibirsk. Non esistono i carteli in citta' e
queli che ci sono molte volte sono messi a caso. Abbiamo
impiegato mezza giornata a trovare la strada giusta.

A differenza del Kazakistan qui in Siberia ci sono gli
alberi. C'e' davvero molta neve e le stradine che conducono
ai villaggi molte volte sono ridotte a sentieri. Si riesce a
viaggiare sulla strada principale, quella che costeggia la
transiberiana mentre le altre spesso sono impraticabili.
Lungo la strada i cartelli stradali sono qualcosa di
indecente. Il chilometraggio segnato e' sempre sbagliato.
Alle volte nel giro di poche centinaia di metri variano di
decine di chilometri.

A differenza della Russia europea qui i poliziotti sono piu'
furbi. Fa troppo freddo per fare i posti di blocco quindi si
chiudono dentro i check point e non escono a fermare le
macchine. Per noi e' un gran sollievo altrimenti saremmo
sempre fermi ad ogni check point!!

Ciao Gente

Claudio

PATRIZIA (ALMATY - NOVOSIBIRSK, 12/03/2007 - 19/03/2007)

Ciao! Siamo a Novosibirsk, la "capitale" della Siberia...dopo
aver cercato per piu' di un'ora un internet cafe' lo abbiamo
trovato!

12 Marzo 2007, sveglia ore 8.00. Claudio e' piu' operativo,
in 20 minuti e' vestito e lavato. Io ci metto un po' di piu'
(sono un po' lenta il mattino e Claudio si lamenta!!)... Ore
9.00: siamo all'entrata di quello che crediamo sia
l'OVIR...dobbiamo registrare il visto. E' l'ufficio
sbagliato. Un signore che parla inglese ci scrive su un
pezzo di carta l'indirizzo del giusto ufficio OVIR. Alle 10
meno 20, dopo aver chiesto ad altre due persone lo troviamo.
La sala e' affollata. Ci sono una decina di sportelli. Sono
ancora chiusi ma al nostro c'e' gia' una lista di venti
persone. Scriviamo i nostri nomi sulla lista. In mezzora
riusciamo a consegnare i passaporti ed a pagare la cifra per
la registrazione. La registrazione sara' pronta alle 18.00,
percio' un'altra giornata ed un'altra notte ad Almaty ci
attende! Giriamo tutto il giorno per le gia' "poco" viste
strade di Almaty. La sera ritiriamo il visto, ceniamo e poi
rientriamo in albergo.

13 Marzo 2007, Claudio si sveglia (prima di me!) e va a
prendere la Suzukina al parcheggio. Si parte da Alamty!
Impieghiamo piu' di un'ora per uscire dalla citta'
imbottigliati in mezzo al traffico. Ci fermiamo al bazar
(conteiner e baracche di lamiera all'aperto dove se hai
tempo e tanta buona volonta' potresti trovare qualunque cosa
per l'auto!), dove Claudio compra delle fascette (troppo
"squince"). Passiamo la giornata in macchina.
In un tratto di steppa, a lato della strada vediamo la
carogna di un cavallo e tre aquile. Un po' piu indietro
appollaiate in mezzo al prato ce ne sono un'altra decina.
Costeggiamo il lago Balqash, enorme di superficie e profondo
solo 26 metri. E' tutto ghiacciato. Notiamo dei segni di
ruote e cosi' facciamo un tratto di strada anche noi con la
Suzukina sulle acque ghiacciate.
Intorno a noi c'e' ancora tanta neve e le temperature si
aggirano intorno ai meno 10, meno 15 gradi. La notte
dormiamo in macchina e ogni tanto Claudio l'accende.

14 Marzo 2007, andiamo sempre piu' a nord e la steppa
intorno a noi e' sempre piu' ghiacciata. Prima di pranzo ci
fermiamo in un parcheggio e Claudio cambia l'olio del
motore, il filtro dell'olio e il filtro dell'aria. Io
assisto munita di macchina fotografica! Passiamo da
Karaghandy, citta' costruita in parte dalle persone
costrette ai lavori forzati nei gulag. La sera ci fermiamo
in un parcheggio di camion, davanti ad un cafe' ed un
albergo. Scendiamo dalla macchina. Fa veramente freddo.
Entriamo nel cafe' a mangiare. Quando usciamo il termometro
segna meno 20 gradi. Fa troppo freddo per dormire in
macchina. Tolta la batteria entriamo nell'alberghetto.

15 Marzo 2007. Al nostro risveglio verso le 7 e 30 del
mattino il sole e' gia' sorto e la temperatura del
termometro attaccato alla suzukina e' di meno 25 gradi!
Guidiamo tutto il giorno e la sera ci fermiamo in un paese a
30 km dalla frontiera russa. La temperatura e'aslita un po'.
Si aggira intorno ai meno 15!
Dormiamo in macchina e ogni tanto Claudio accende la
Suzukina. Il risveglio e' al calduccio e con la musica
dell'autoradio.

16 Marzo 2007. Ore 9.30 frontiera kazaka. Un edificio nuovo
ed enorme. Gli ufficiali ci controllano la macchina e
caricano un simpatico cocker anti-droga (che mi salta
addosso anche per farmi le feste!) sulla Suzukina che inizia
ad annusare ovunque. Ovviamente non trova niente a parte
qualche biscotto. Ci timbrano il passaporto e dopo qualche
minuto arriviamo davanti alla sbarra della frontiera russa.
La frontiera e' composta da 6 o 7 conteiner. Attendiamo un
quarto d'ora e poi ci fanno oltrepassare la sbarra. In un
attimo ci timbrano il passaporto. Ci dirigiamo in un altro
conteiner che funge da ufficio per fare assicurazione e
dichiarazione alla Suzukina. La signora allo sportello (una
faccia da... e con le unghie tipo Crudelia Demon)!) finito
di compilare il foglio per l'assicurazione ci chiede il
pagamento di 772 rubli. Tiriamo fuori i dollari. Ci dice
nieto dollari e rimane a fissarci inebetita. Gli chiediamo
dove possiamo cambiare i dollari o gli euro ma rimane
inebetita. Si mette a giocare a solitario al computer (la
collaborazione russa negli uffici!). Cosa facciamo?
Chiediamo ad un po' di persone ma nessuno ci cambia rubli
per dollari. Dopo un'ora di attesa vediamo arrivare un
pullman dalla Russia e un signore puo' cambiare i rubli, ma
vuole cambiare l'equivalente di 100 dollari. Ci fa un tasso
piu' che equo. Meno male. Pensavamo gia' di passare la notte
in frontiera. In mezzora facciamo la dichiarazione e
l'assicurazione e paghiamo in rubli un equivalente di 28
dollari. Ore 13.00 siamo in Siberia!
Il pomeriggio arriviamo ad Omsk, dove dopo un'oretta di
imbottigliamento nel traffico troviamo un albergo per
dormire e dove ci faranno la registrazione del visto.

17 Marzo, giriamo tutta la mattina in mezzo alla citta' per
trovare la strada per Novosibirsk. Alle 3 del pomeriggio
finalmente siamo sulla transiberiana. Per ora le strade in
Russia sono tenute un po' meglio che in Kazakistan.
La temperatura al contrario di ogni aspettativa e' intorno a
meno 5, piu' 2 gradi. Si dorme in macchina in un parcheggio
per camion lungo la strada. Il mattino si riparte e una 30
di km prima di Novosimbirsk ci fermiamo a mangiare e
dormire.

Stamattina (19 Marzo) siamo arrivati a Novosibirsk...
Per ora ci hanno fermat solo a due posti di blocco i
poliziotti (DPS)...non sembra vero...chissa' se romperanno
ancora per la registrazione...

Alla prossima gente...

Patrizia

11.3.07

CLAUDIO (KIRGHIZISTAN, 11/03/2007)

Ciao gente, siamo arrivati ieri ad Almaty, un'altra volta in
Kazakistan!

Abbiamo girato in lungo e in largo il Kirghizistan ed e'
stato proprio un gran bel paese. Eravamo arrivati a Osh dopo
aver oltrepassato il Pamir ed eravamo piuttosto cotti. La
citta' non sembrava molto sicura, probabilmente eravamo
abituati alla gente delle montagne e passeggiare per quella
citta' non mi rendeva tranquillo. Avevamo alloggiato in un
alberghetto con la doccia calda perche' ne avevamo troppo
bisogno. Il giorno dopo siamo andati all'OVIR a vedere se
qualcuno poteva risolvere il problema del timbro sul
passaporto. Nell'ufficio c'era una ragazza che parlava
solamente russo e non capiva molto bene il "mio di russo"
quando gli spiegavo che in frontiera non avevano timbrato i
nostri passaporti. Alla fine, sorridendo e non capendo un
cazzo di quello che avevo detto ha risposto "no problem".
Non era molto rassicurante.

Il giorno dopo prima di prendere la strada per Bishkek siamo
andati in aeroporto a vedere se li c'era qualcuno un po'
piu' competente. Siamo andati all'ufficio informazioni dove
ci hanno liquidato con il solito "nieto".

Siamo cosi' partiti verso Bishkek fregandocene del timbro.
Non e' che ci potevamo fare molto.
La strada era impeccabile, finalmente dopo tante giornate
passate ai 25 km/h riuscivamo a viaggiare agli 80 km/h! In
quell'asfalto liscio si sentivano tutti i rumori anomali
della povera macchinina.
Il paesaggio era fantastico, sali e scendi costeggiando
fiumi e vallate. In un tratto di strada dove c'erano diverse
gallerie bisognava pagare un pedaggio di 5 dollari. Il
motivo erano proprio le gallerie costruite da pochi anni.

In un posto di blocco sulla strada un ufficiale ci dice che
la strada per Bishkek era interrotta e faceva dei gesti
indicando che c'era una frana sulla strada. Dopo venti
minuti di chiacchierata ci dice che con il fuoristrada pero'
si puo' passare...lo poteva dire anche prima quel balordo!

La notte ci siamo fermati in un alberghetto sulla strada.
Costava 3 euro in due ed era proprio zozzo. Abbiamo dormito
dentro i sacchi a pelo per evitare di prenderci dei
parassiti. Almeno aveva il parcheggio per la suzukina quindi
potevo dormire tranquillo.

La mattina ho fatto gonfiare le gomme e invece di pagare il
gommista gli ho regalato la tanica della benzina. Per il
resto del viaggio ora e' sufficiente una sola tanica di
scorta, non dovremmo fare altre strade come il Pamir.

In tarda mattinata abbiamo raggiunto il punto dove la strada
era interrotta. C'era una slavina enorme che aveva coperto
una bella fetta di strada. Degli operai che lavoravano per
liberare la strada avevano scavato un corridoio dove
potevano passare le macchine ma al momento i camion
rimanevano ancora bloccati. Infatti lungo la strada c'erano
molti autisti fermi da giornio ad aspettare che liberassero
la strada per proseguire il viaggio.

Abbiamo raggiunto Bishkek in serata e dopo tanti giorni di
digiuno siamo andati a mangiare in un ristorante italiano!
Spaghetti alla bolognese!!!
Il proprietario si chiama Walter ed e' il consigliere del
console. Ci ha raccontato molte cose sul Kirghizistan e
della sua vita nel ristorante. Gli abbiamo spiegato il
nostro problema del timbro e in caso di problemi in
frontiera ci avrebbe aiutato ad uscire dal paese senza tante
rogne.

Siamo rimasti un paio di giorni in capitale, una citta'
senza grandi cose ma all'apparenza molto tranquilla.

Il confine con il Kazakistan dista solamente 20 km ma prima
siamo andati verso est sul lago Issyk-Kul ai piedi del Tian
Shan, la catena montuosa che segna il confine con la Cina.
Lungo la strada non sono mancati i posti di blocco. Erano
passati pochi chilometri da Bishkek quando un poliziotto con
l'autovelox ci ha fermati. Avevamo superato il limite di 10
km/h e bisognava pagare la multa. Subito ha cercato di
fregarmi provando a farmi pagare il doppio. Mi sono
incazzato e ho preteso di vedere il regolamento e come
immaginavo cercava di incularmi. Alla fine ho pagato 60
centesimi di euro per la multa...mai pagato cosi' poco. Non
molti chilometri dopo a un altro posto di blocco un
poliziotto ha cercato di farmi credere che viaggiavo a 70
km/h dove il limite era dei 50.
Ho sorriso, mi sono ripreso i documenti e sono ripartito. Ci
avra' provato con qualcun'altro quell'imbecille.

Abbiamo raggiunto Karakol in serata, la citta' ai piedi del
Tian Shan. Abbiamo alloggiato in un alberghetto dove la
proprietaria ci ha lavato trutta la nostra roba a mano.
Alcune cose erano mesi che non le lavavamo, quella povera
donna avra' bestemmiato tutto il pomeriggio cercando di far
venir puliti i nostri vestiti.

La citta' non era gran che bella ma la vista era
spettacolare. Da una parte la catena montuosa che ci
divideva con la Cina e dall'altra sponda del lago l'altra
catena montuosa che ci divideva col Kazakistan.

Per tornare a Bishkek abbiamo preso la strada a sud del
lago. Paesaggisticamente piu' bella ma un asfalto del cazzo
pieno di buche per 220 chilometri. Lungo quella strada
c'erano molti pascoli di pecore, cavalli e mucche. Nei
villaggi probabilmente c'erano piu' cavalli che persone. E'
il mezzo di trasporto piu' usato fuori dalle citta'. Alle
volte si vedevano bambini di 4 o 5 anni che andavano a
cavallo a pascolare le pecore. I bambini imparano prima a
cavalcare che a camminare.
Lungo quella strada abbiamo fatto una deviziane per visitare
delle cascate che non abbiamo visto! Abbiamo fatto 60 km di
sterrato costeggiando un fiume che diventava sempre piu'
piccolo fino a scomparire. magari le cascate c'erano ma era
l'acqua che mancava!

Avevamo quasi raggiunto la strada principale per Bishkek,
mancavano ormai pochi chilometri ma stavamo per rimanere a
secco. Avevo gia' svuotato la tanica nel serbatoio quindi
eravamo costretti a comprare la benzina nelle bottiglie che
vendono i privati. Cinque litri di benzina 80 ottani
anacquata per raggiungere il primo distributore. La bellezza
della suzukina e' che brucia di tutto... probabilmente anche
il carbone.

Abbiamo raggiunto Bishkek di sera tardi, l'alberghetto dove
c'eravamo alloggiati giorni prima era al completo quindi
siamo stati in un altro non molto lontano. Costava meno,
aveva la tv e il bagno in camera allagato. Come compagnia
avevamo una tana di un topo e scarafaggi che camminavano sul
pavimento. Le lenzuola probabilmente era sei mesi che
nessuno le cambiava. Abbiamo fatto una sola notte e la
mattina abbiamo cambiato alloggio.
Siamo ritornati da Walter a mangiarci un altro piatto di
pasta e metterci d'accordo sui probabili problemi che
avremmo avuto il giorno dopo a passare il confine. E' stata
una gran bella serata, ci ha raccontato un po' di storielle
dei suoi dipendenti. Dice che e' come lavorare all'asilo,
gli da i premi se fanno i bravi e le multe se si comportano
male.

La mattina dopo alla frontiera e' andata meglio di quello
che ci potessimo immaginare. C'e' molto traffico su quella
frontiera quindi gli ufficiali non si perdono molto nei
controlli. Alla dogana nessuno ha controllato niente ma
all'imigrazione un ufficiale si e' accorto del timbro. Gli
ho spiegato che nessuno aveva timbrato i passaporti ma lui
non capiva molto quello che gli dicevo. Ha chiamato un altro
uffiaciale che in due minuti ha fatto mettere il timbro
d'uscita e fuori dalle balle!

All'immigrazione kazaka e' andata ancora meglio. L'ufficiale
ci ha fatto passare davanti a tutti e in due minuti avevamo
il timbro sul passaporto. La dichiarazione della macchina
l'ha compilata un altro ufficiale che ci aveva visto in
difficolta' con i moduli in russo.
Alla dogana nessuno ha controllato niente, abbiamo fatto
l'assicurazione per due settimane che e' costata 7 euro e
via verso Almaty.
Abbiamo ripercorso la stessa strada che avevamo fatto un
mese e mezzo fa. La differenza era che non c'e' piu' molta
neve ai bordi della strada e non c'erano piu' lastre di
ghiaccio sul passo prima di raggiungere la citta'.

In periferia ci siamo fermati al bazar a comprare le
spazzole del tergicristallo che erano ormai alla frutta e
abbiamo comprato l'olio che cambiero' tra qualche giorno.
Ora siamo in albergo economico, la Susi e' in parcheggio
custodito a 3 km di distanza ma e' l'unico che c'e' ad
Almaty.

Domani andremo a fare la registrazione del visto e nel
pomeriggio partiremo verso nord. Tra una settimana entreremo
in Siberia e riprenderemo la strada verso la Mongolia. Forza
suzukina ancora 10000 chilometri...

Ciao

Claudio
PATRIZIA (BISHKEK - ALMATY, 6/03/2007 - 11/03/2007)

Ciao gente!

E' domenica 11 marzo. Sono seduta davanti ad un computer,
come sempre di fianco a me Claudio (anche lui davanti ad un
computer) in un internet cafe' ad Almaty.

Martedi' 6 marzo siamo partiti in prima mattinata da
Bishkek. All'ora di pranzo ci siamo fermati in un cafe'
lungo la strada a mangiare. In coda per pagare il conto una
signora si gira verso e chiede se siamo americani. Gli
diciamo che siamo italiani. Alla nostra risposta inizia a
parlare in italiano. Che sorpresa. E' una signora kirghisa
che vive in Sardegna ed ora e' in Kirghizistan a trovare i
parenti. Ci lascia il suo numero e il suo indirizzo in caso
avessimo dei problemi. Il pomeriggio costeggiamo la parte
nord del lago Issyk-Kul (il secondo lago alpino piu' alto al
mondo), il colore dell'acqua e' blu intenso e tutto intorno
e' circondato da montagne innevate. E' talmente grande che
in alcuni punti si distingue poco la sponda difronte a noi.

In serata arriviamo a Karakol. Cerchiamo un posto per
dormire. Troviamo alloggio in una guesthouse dove Tarlai, il
figlio che parla inglese, ci racconta un po' di cose sul
lago e sulla cittadina. La madre e' un'ottima cuoca e il
padre e' un "mito" (nelle foto che ci fa vedere il figlio
cambiano i paesaggi e le persone ma il padre, sempre nella
stessa "spontanea" posa, e' presente in tutte le foto!). Di
solito, armati da sapone, laviamo i nostri vestiti nei bagni
degli alberghi dove alloggiamo, ma dato che abbiamo un sacco
di cose da lavare approfittiamo del servizio lavanderia!

Giovedi' 8, con tutti i vestiti piegati e profumati nello
zaino, ripartiamo da Karakol. Consigliati da Tarlai facciamo
una deviazione verso le montagne, dalla strada principale
che costeggia la riva sud del lago, a Barksoon. Ad una
ventina di km Dovrebbero esserci le cascate di Barksoon.
Dopo un'ora e mezza di tragitto ed un dislivello di piu' di
1.000 metri, non avendo visto nemmeno l'ombra di una cascata
ma solo un piccolo fiume, torniamo indietro!

Arrivati a Balykchy, all'estremita' ovest del lago,
cerchiamo
un albergo che dopo aver girato un'ora non troviamo. Cosi'
decidiamo di proseguire per Bishkek. Anche se ci arriveremo
tardi in serata sappiamo gia' dove andare a dormire. Come
non detto: arriviamo all'albergo dove pensavamo di dormire
ma e' al completo! Ormai e' mezzanotte. Proviamo a chiedere
ad un altro albergo vicino. Dopo aver dato un'occhiata
veloce alla stanza la prendiamo. Costa meno ed ha anche il
bagno in camera. Portati i bagagli in camera ci accorgiamo
degli scarafaggi che vagano liberi per la stanza, delle
lenzuola non troppo pulite e del lavandino che perde (pero'
c'e' la tv e le parenti sono ridipinte: l'apparenza!). La
sera dopo andiamo a cena al ristorante di Walter, che passa
al tavolo con noi tutta la serata. E' una persona veramente
piacevole. Ci racconta un sacco di cose su come "girano le
cose" in Kirghizistan e paesi vicini. Ci salutiamo!

Sabato 10 marzo: la frontiera kirghisa-kazaka a 20 km da
Bishkek ci attende. Alle 9 e mezza del mattino arriviamo in
frontiera. E' molto trafficata. Un ufficiale della dogana ci
chiede cosa abbiamo nel baule sul tetto e dopo nemmeno un
minuto ci lascia proseguire. E' il turno dell'immigrazione,
dove ci dovranno mettere il timbro d'uscita sul passaporto.
Due ufficiali ci guardano il passaporto e non trovando il
timbro d'inresso ci chiedono spiegazioni. In inglese (gli
ufficiali parlavano solo kirghiso) gli diciamo che nn ce
l'hanno messo alla frontiera kighisa sotto il Pamir. Arriva
un signore tutto vestito bene e non in divisa che, dopo aver
guardato i nostri passaporti, a quanto capiamo, chiede prima
ad un ufficiale se abbiamo il visto e poi gli dice di
metterci il timbro d'uscita. In dieci minuti siamo alla
frontiera kazaka. Anche qui il bagaglio non ci viene nemmeno
controllato e dopo le solite formalita' della dogana
(dichiarazione e assicurazione per l'auto, timbro d'ingresso
e foglio per la registrazione del visto) usciamo dalla
frontiera. Siamo di nuovo in Kazakistan.

Nel pomeriggio arriviamo ad Almaty. Ci fermiamo al bazar per
le auto dove compriamo l'olio per la Suzukina e le spazzole
dei vetri (erano troppo consumate...non pulivano piu'
nulla!). Domani faremo la registrazione del visto presso
l'OVIR (oggi e' domenica ed e' chiuso) e ripartiremo da
Almaty.

Attraverseremo il Kazakistan da sud a nord verso la Siberia...
A presto, buon viaggio...

Patrizia

5.3.07


CLAUDIO (TAGIKISTAN, 3/03/2007)

Ciao Gente, siamo in un internet point a Bishkek, la
capitale del Kirghizistan.

Abbiamo percorso la strada del Pamir che parte da Dushanbe
in Tagikistan e arriva a Osh in Kirghizistan.

A Dushanbe abbiamo alloggiato a casa di Zarina, la ragazza
che si e' occupata dei permessi per il Pamir che ci
servivano. Siamo stati due giorni in citta' e poi via verso
le montagne.

A pochi chilometri dalla citta' la strada era gia' un
disastro. Abbiamo riempito il serbatoio e le taniche per
evitare di rimanere a piedi. La roba che avevamo sul tetto
l'ho spostata dentro al bagaliaio per evitare di sfondare il
portapacchi con la strada piena di buche.
Ci siamo persi due o tre volte prima di imboccare la via
giusta. Ogni dieci chilometri chiedevamo informazioni visto
che i cartelli sono inesistenti.

Il primo giorno abbiamo fatto 60 chilometri a vuoto. Abbiamo
mancato un incrocio e siamo finiti in una valle dove la
strada scorreva liscia e in pianura...troppa pianura...era
logico che eravamo fuori strada.

Siamo tornati indietro ed abbiamo imboccato la via giusta.
La strata cominciava a salire e diventare sempre peggio man
mano che si andava avanti. La strada procedeva su per una
gola, qualche frana ogni tanto e mucchi di neve che solo con
un 4x4 si potevano oltrepassare.
In alcuni punti ai lati della strada c'era qualche
carrarmato abbandonato dell'unione sovietica. Erano stati lasciati li
ad arruginire e allo sciacallaggio. Ci siamo ritrovati a
viaggiare al buio lungo quella stradina tra guadi e burroni.
Verso le nove abbiamo raggiunto un villaggio e abbiamo
imboccato una stradina che portava in mezzo alle case.
Abbiamo chiesto ospitalita' ad un signore che non si e' rifiutato di
aiutarci. Ci ha portato a casa sua dove c'era la moglie e un
sacco di figli... Sembrava di essere entrati in una sauna.
La stufa a legna era caricata al massimo e la moglie
cucinava la zuppa per la famiglia. Abbiamo passato la serata
a lume di lampade a petrolio e parlare in "russo" col marito
curioso di sapere come si viveva da noi. Ci hanno preparato
una camera da letto, probabilmente la loro, con la stufa a
legna e una montagna di coperte. La mattina abbiamo scattato
un po' di foto con la Polaroid, i bambini erano pieni di
gioia a vedere le loro facce impresse sulle foto. Quella
mattina c'erano -5 e i bambini erano fuori a giocare con la
maglietta a maniche corte mentre noi battevamo i denti.
Siamo ripartiti con un po' di dubbi visto che la sera il
marito ci aveva detto che la strada per il Pamir era chiusa.
Diceva che sul passo che distava 60 km c'era troppa neve e
non si passava.

Siamo andati avanti lo stesso, la strada era sempre peggio,
ormai era diventato un fuoristrada estremo. Dopo pochi
chilometri abbiamo incontrato un anziano in mezzo alla
strada che cercava un passaggio per raggiungere una moschea a 20
chilometri di distanza. Patrizia si e' andata a sedere nel
bagagliaio sopra agli zaini e l'anziano signore era seduto
affianco a me. Non diceva nessuna parola ma rispondeva alle
mie domande lentamente per farmi capire. Quando passavamo
davanti ai villaggi lo salutavano tutti.

Scaricato l'anziano davanti alla moschea abbiamo
proseguito ancora venti chilometri. Abbiamo raggiunto un
villaggio dove vendevano della benzina e abbiamo chiesto
informazioni sul Pamir. Brutte notizie..."la strada e'
chiusa, tornate indietro". Il passo di 3200 metri e' coperto
di neve ed e' tre mesi che la strada e' inagibile. La cosa
che mi ha fatto incazzare di piu' e' che i poliziotti che ci
avevano fermato il giorno prima probabilmente lo sapevano e
potevano anche avvisarci!

C'era pero' un alternativa, tornare indietro a Dushanbe e
prendere una strada alternativa che ci avrebbe portato a
Kalaikum, sulla strada del Pamir. Non eravamo molto
fiduciosi, sapevamo che il Pamir e' sopra i 4000 metri
quindi la strada poteva benissimo essere chiusa. Abbiamo
fatto 400 km a vuoto e siamo tornati indietro per imboccare
la strada che ci avevano consigliato. Abbiamo impiegato una
giornata a rifare la strada da panico e raggiunto nuovamente
l'asfalto in serata. La notte l'abbiamo passata in un
alberghetto con due tizi inquietanti che lo gestivano.
Abbiamo pagato 3 euro in due e abbiamo dormito dentro i
sacchi a pelo per evitare di prendere le piattole.

Il giorno dopo abbiamo raggiunto nuovamente i monti. Su
quella strada c'era un posto di blocco dei militari. Ci
hanno tenuti una mezz'ora per controllare i documenti e i
permessi per il Pamir. L'unica cosa utile e' che ci hanno
confermato che la strada per il Pamir era aperta. Poco dopo
un'altro posto di blocco della polizia dove ci hanno
scassato un po' le balle.

Nel pomeriggio abbiamo raggiunto la gola dove scorreva il
fiume Pyanj, il fiume che segna il confine tra il Tagikistan
e l'Afganistan. Dalla nostra parte c'era la strada sterrata
mentre dalla parte afgana un misero sentiero dove la gente
si spostava a piedi e con asini carichi di provviste e
legna. Ci divedeva un fiume largo una ventina di metri. I
villaggi afgani erano simili a quelli tagiki. In un punto,
dove il fiume scorreva meno impetuoso alcuni tagiki
contrabbandavano con gli afgani. Dalla parte tagika c'erano
dei camion fermi e dalla parte afgana gente con gli asini
carichi. Trasportavano del materiale su una zattera di
legno. Non sapevamo cosa fosse ma non sembrava nulla di
legale.

Lungo il confine dalla parte tagika c'erano molti posti di
controllo dei militari. Solitamente i milatari erano divisi
in coppie e camminavano lungo il confine controllando che
nessun afgano attraversasse il fiume. Tutto il confine era
minato. Ogni tanto c'erano i cartelli che indicavano il
pericolo di mine anti uomo e invitavano la gente a non
uscire fuori strada per non fare il botto.

Era ormai diventato buio e la strada in condizioni peggiori.
In alcuni punti usavo le ridotte per non sforzare troppo la
frizione. Ad un posto di blocco militare abbiamo regalato
della benzina per il generatore. Erano rimasti al buio e
aspettavano che passasse qualcuno per ciucciare un po' di
benzina dal serbatoio e riavere la luce. Nei villaggi
usavano le lampade a petrolio e cosi' facevano anche gli
afgani. Molte volte si vedevano i falo' dell'Afganistan o la
gente con le torce che tornava a casa con la legna e le
provviste.

Dopo ore di strada devastata abbiamo raggiunto l'ennesimo
posto di blocco, il nono della giornata. Patrizia mi
aspettava in macchina e io sono andato a portare i
passaporti dentro quell'edificio semi abbandonato. Dovevo
fare luce con la torcia in modo che l'ufficiale potesse
scrivere i nostri dati sul registro. Poi le solite domande
su cosa trasportavamo, se avevamo armi o droga e poi si
poteva ripartire. Mancavano 65 km a Kalaikum, ero cotto e la
strada era un disastro. Non potevamo fermarci a dormire in
tenda o in macchina altrimenti i militari ci avrebbero
svegliato e mandato via. Lungo la strada del Pamir c'e' un
gran traffico di oppio che arriva dall'Afganistan quindi
lungo quella strada non e' consigliato fermarsi a
campeggiare.

In un tratto di 40 km la strada e' diventata uno splendore,
un asfalto perfetto, marciapiedi e cartelli che indicavano
qualunque cosa. Una strada migliore di quelle europee. Il
motivo era assurdo....dalla parte afgana c'erano molti piu'
villaggi e avevano la corrente elettrica quindi i tagiki
hanno pensato bene di far vedere che da loro si sta meglio e
hanno la strada perfetta. Finiti i villaggi afgani e'
ricominciata una gran strada di merda che ci ha accompagnati
fino a Kalaikum. Ero ormai cotto e non vedevo l'ora di
trovare un letto. Una ONG chiamata ACTED ha fatto un
progetto sulla strada del Pamir. Praticamente ci sono degli
affittacamere che hanno dei prezzi fissi lungo tutta la
strada del Pamir. Pagando pochissimo avevamo cena, colazione
e un letto per dormire.

A Kalaikum abbiamo fatto il primo pieno di benzina. Non
hanno corrente elettrica quindi tengono la benzina dentro i
bidoni e per fare rifornimento alle macchine usano imbuti e
secchi da dieci o cinque litri. Vendono la benzina da 92 o
95 ottani anche se in realta' sara' da 80 ottani diluita con
l'acqua. Dei camioncini con la cisterna vanno a rifornire i
benzinai che poi a loro volta riempono taniche o diluiscono
a loro piacimento. C'e' solo quella benzina quindi prendere
o lasciare.

Dopo il rifornimento ci siamo dovuti registrare alla
stazione di polizia. Una assurdita' del Pamir e' quella.
All'ultimo posto di blocco prima di una citta' ci
registravano tutti i dati e poi ci dicevano di registrarci
alla stazione di polizia una volta raggiunta la citta'. La
registrazione non e' altro che scrivere i nostri nomi sul
registro e controllare i permessi per il Pamir.

La strada e' migliorata molto dopo Kalaikum, riuscivamo a
mantenere i 30 km/h e non usare le ridotte. Abbiamo
costeggiato l'Afganistan ancora per 240 km. Dalla parte
afgana i sentieri molte volte erano scavati sulle pareti rocciose con ponti
costruiti con tronchi e sassi. In molti punti gli afgani
dovevano scaricare gli asini e proseguire a piedi
caricandosi le provviste sulle spalle. Una volta passato il
punto critico ricaricavano l'asino e proseguivano il
cammino. Lungo il confine continuavano le marce dei militari
e non mancavano i cartelli che segnalavano le mine anti
uomo. Molte volte i militari ci facevano segno di accostare
e ci chiedevano biscotti o sigarette.

Nel tardo pomeriggio abbiamo raggiunto Khorog. Una citta' a
2100 metri dove si trova il ponte che attraversa il fiume e
conduce in Afganistan. Abbiamo dormito in un albergo,
l'unico che aveva l'acqua calda. La notte sono stato male,
avevo un po' di febbre e non sono riuscito a dormire. La
mattina ho fatto un po' di manutenzione alla povera Susi.
Con la strada in quelle condizioni c'erano un po' di
lavoretti da fare. Con le vibrazioni si era rotta la staffa
che teneva un faro di profondita', il portapacchi stava
sfonando il tetto quindi ho tolto le ultime cose che avevo
lasciato dentro il baule per alleggerirlo ancora di piu'.
Mentre sistemavo la suzukina ho letto una scritta sul
finestrino..."UN SALUTO DA UN ALTRO GENOVESE, KHOROG
26-02-07".
Che figata, un'altro genovese per il mondo! Peccato che non
lo abbiamo conosciuto. Finita la manutenzione siamo andati
all'OVIR per la registrazione che ci e' costata ben 20 dollari a testa.

Ero abbastanza mal preso ma avevamo voglia di ripartire e
cosi' abbiamo fatto. La strada dopo pochi chilometri era
coperta di neve e il passaggio di fuoristrada era calato
notevolmente. Si procedeva bene, riuscivamo a mantenere una
media superiore ai 30 km/h, alle volte toccavamo i 40. Lungo
la strada non mancavano i villaggi e la gente rideva e ci
salutava. I tagiki sono persone squisite, un po' come tutte
le persone che vivono sulle montagne. Per salutare si
mettono una mano sul petto e poi tendono la mano per toccare
la mia. Solitamente la mano la davano solo a me e non a
Patrizia. Anche i poliziotti mi davano sempre la mano e
molte volte non controllavano neppure i documenti.
In un altro rifornimento con secchi e imbuti abbiamo
riempito il serbatoio. I trenta litri di benzina nella
tanica non volevo usarli perche' li tenevamo per le
emergenze.

Quel giorno abbiamo fatto 140 chilometri e piu' di 2000
metri di dislivello. Abbiamo raggiunto Jelandi, un villaggio
di poche case prima di un passo di 4200 metri. C'era un
alberghetto con le acque termali. Abbiamo aspettato fuori
una mezz'ora che arrivasse il padrone. L'edificio sembrava
abbandonato, dentro c'era un gatto, l'unico essere vivente
li dentro. C'era una grossa vasca piena di acqua calda e una
gran puzza di uovo marcio in tutto l'edificio. A noi andava
bene, era caldo e pagavamo 4 euro in due. Il gatto era un
gran rompi maroni. Era il boss dell'albergo, entrava in
camera e se non lo consideravamo diventava insopportabile. Sulla
parete nel corridoio c'era un buco fatto da un topo e il
gatto passava la giornata ad aspettare che uscisse per
acciuffarlo...era patetico...magari il topo era gia' morto
da 10 anni...

Verso le nove di sera Patrizia ha cominciato a stare male,
il mal di montagna.
Probabilmente 2000 metri di dislivello in un giorno sono
parecchi ma non c'era altro posto per fermarsi prima e
andare piu' lentamente significava raggiungere Jelandi di
notte ed era pericoloso visto la strada coperta di neve.

Si e' coricata in letto e io mi sono preparato la pastina
con il fornello a benzina chiuso nel bagno.

La notte mi e' risalita la febbre e ho dormito davvero male.
Avevo la temperatura a 37.4 ma mi sembrava di averla a 39.
Ero uno straccio, male alle ossa e giramenti di testa.

La mattina e' stato traumatico accendere la suzukina.
C'erano -12 dentro la macchina e di partire non aveva la
minima intenzione. C'e' voluto un quarto d'ora per riuscire a
metterla in moto. Perdeva olio dal filtro e scendeva denso
come nutella. Al quinto tentativo ho aperto il cofano e il
motore era completamente coperto di neve. Di notte c'era
stato molto vento e la neve era entrata dalle fessure del
cofano. Ho pulito le pipette e lo spinterogeno e dopo
svariati tentativi e' partita. L'abbiamo scaldata un oretta
prima di ripartire.

Prima di avventurarci verso il passo siamo tornati indietro
un paio di chilometri in modo che scendendo di qualche metro
a Patrizia sarebbe passato il mal di montagna. Siamo stati
un quarto d'ora fermi, tempo sufficiente per capire che
nessuno era passato su quella strada. Eravamo i primi della
giornata a salire sul passo. Non era molto rassicurante, il
vento soffiava forte e ammucchiava la neve in mezzo alla
strada. Su dal passo procedevamo in prima, tra l'altitudine
e la benzina anacquata la suzukina aveva la potenza di un
ape 50! Sulla strada si formavano dei mucchi di neve quindi
non ho mollato l'acceleratore un attimo per non rischiare di
rimanerci. Tutta a fuoco per un paio di chilometri con il
risultato che la povera bestia e' andata in
ebolizione...sono sceso e con il coltello ho tagliato la
mascherina di gomma in modo che si rafreddasse il radiatore.
Fuori c'erano -15 e il vento soffiava forte. Abbiamo
raggiunto il passo di 4271 metri come dei pionieri...il
peggio lo avevamo passato. La strada e' scesa lentamente e
le montagne si sono ritirate formando il magnifico altopiano
del Pamir. Assieme alle montagne si e' ritirata anche la
neve, troppo freddo per nevicare. Le montagne attorno erano
appena spruzzate di bianco, se non fosse stato per il vento
che la trasportava non ce ne sarebbe stata. Abbiamo
viaggiato ore senza incontrare anima viva, alcune case lungo
la strada erano abbandonate, in altre invece c'era del fumo
che usciva dai camini.

Il Pamir e' considerato il tetto del mondo, da qui partono
le piu' alte catene montuose del mondo, tra cui l'Himalaya,
il Karakoram, l'Hindu Kush e il Tian Shan.

Il panorama variava continuamente, peccato il cielo coperto
di nuvole e il vento forte. Alle porte di un villaggio a
4000 metri c'era un camion infossato nella neve, abbiamo
aspettato una mezz'ora che si liberasse la strada e poi con
una bella rincorsa siamo riusciti a oltrepassare l'ostacolo.

Nel bel mezzo del niente, a -15 e un vento che portava via
abbiamo avuto la bella idea di cucinarci la pastina...il
fornello non riusciva a far bollire l'acqua e noi
rischiavamo
l'assideramento facendo da paravento al fornello.
Un pranzo coi fiocchi!!
Mentre smontavo il fornello e risistemavo la roba Patrizia
cercava invano di lavare la gavetta, non faceva in tempo a
versare l'acqua che si gelava...alla fine ha rinunciato.

Il secondo passo della giornata era di 4314 metri ma era
molto piu' semplice di quello fatto al mattino. In serata
abbiamo raggiunto Murgab e ci siamo alloggiati sempre da un
affittacamere. La sera ho smontato la batteria della Susi
per evitare di rimanere a piedi il giorno dopo. La mia
febbre non passava mai, durante il giorno stavo bene, ero
sempre concentrato sulla strada ma appena mi rilassavo un
po' mi sentivo uno straccio. Quella notte, in quella casa,
c'erano anche due francesi che erano venuti sul Pamir in
vacanza. Loro lavoravano per un associazione a Kabul in
Afganistan. La mattina la temperatura era scesa sotto i -20
ed abbiamo aspettato che salisse di qualche grado prima di
rimontare la batteria e provare ad accendere la suzukina.
Una volta in moto siamo andati a fare rifornimento. Una
signora teneva delle taniche di benzina dentro il suo
cortile. Abbiamo comprato 25 litri di benzina ma l'ultima
tanichetta da 5 litri sono convinto che era almeno 50%
d'acqua.
Abbiamo riempito il serbatoio e siamo ripartiti verso il
penultimo passo del Tagikistan, 4655 metri, il piu' alto.
La potenza della suzukina era davvero imbarazzante, se mi
fermavo in salita non riusciva piu' a ripartire...molte
volte servivano le ridotte per ripartire.

Verso il passo c'era molta neve quindi entravamo a fuoco
dentro i mucchi di neve con la speranza di non rimanerci
infossati. Sarebbe stato un guaio visto che nessuno passava
su quella strada. Prima di raggiungere il passo mi sono
accorto che alla povera bestiola si era rotta una
balestra...bel danno ma al momento nessuno sarebbe stato in
grado di riparare.

Nel pomeriggio abbiamo raggiunto Karakul. Prima di entrare
nel villaggio c'era l'ennesimo posto di blocco. Mentre un
poliziotto scriveva i dati sul registro un altro cercava di
vendermi dei rubini. Fanno qualunque cosa per guadagnarsi
qualche soldo.

Karakul e' un villaggio che sorge sull'omonimo lago che e'
ghiaggiato da novembre a maggio. Qui abbiamo alloggiato da
un altro affitacamere. Era una bella famiglia, molto gentili
come tutti i tagiki. Erano marito e moglie con un bambino.
Il bimbo molte volte piangeva perche' aveva mal di
testa per l'altitudine ma quando stava bene era una peste.
C'era un torello nel villaggio e lui lo e' andato a prendere
e se l'e' chiuso nel cortile nonostante la sua mamma gli
diceva di portarlo fuori.
La sera ho nuovamente smontato la batteria e messa nella
stanza con la stufa a legna. Abbiamo cenato con loro e
parlato del piu' e del meno. Il marito ci spiegava che molti
stranieri ma sopratutto americani vanno li per cacciare le
pecore di Marco Polo. Per poter sparare a una di queste
bestie bisogna avere un permesso che costa la bellezza di
50000 dollari!
Un po' come in Africa con gli elefanti, e' vietato ma se si
paga si puo' abbattere una bestia.

La mattina alle 7 quando sono sceso in bagno c'erano -23
gradi. La
latrina era a 50 metri da casa e ho rischiato
l'assideramento per fare la pipi'!!
La suzukina e' partita per miracolo... Ho provato almeno 20
minuti a metterla in moto ma appena si accendeva si spegneva
immediatamente. Probabilmente la benzina nel serbatoio era
al massimo 80 ottani senza considerare la percentuale
d'acqua che c'era. E' stato emozionante quando finalmente si
e' accesa...povera la mia bestiolina.

La strada ha costeggiato la Cina per molti chilometri. A
differenza con l'Afganistan che c'era un confine naturale
qui i cinesi hanno costruito un recinto di filospinato che
neanche un animale potrebbe oltrepassare. In alcuni punti
pero' qualcuno ha tagliato la recinzione ed ha
sconfinato.

Abbiamo raggiunto il confine kirghiso in mattinata e la
frontiera non
era altro che una baracca di lamiera. Gli ufficiali hanno
controllato il bagaglio e timbrato il passaporto,
arrivederci Tagikistan. La frontiera kirghisa era a 20 km.
La strada scendeva giu' per la valle e peggiorava man mano
che andavamo avanti. Gli ufficiali alla dogana erano
simpatici, hanno segnato i dati della macchina, chiesto se
avevamo droga o armi e poi via all'immigrazione. Qui c'era
un ufficiale ciccione e cretino che non ci ha fatti nemmeno
entrare dentreo l'edificio. Abbiamo insistito inutilmente
per avere un cazzo di timbro di ingresso sul passaporto ma
non
c'e' stato verso. La sua risposta e' stata "NIETO"...lo
avrei strozzato! Siamo cosi' entrati in un paese senza
timbro sul passaporto e senza dichiarazione del mezzo...come
cazzo facciamo ad essere qui nessuno lo sa...perfetto. Sara'
un bel casino alla frontiera quando usciremo.

Eravamo tanto preoccupati per il Pamir ma la strada peggiore
iniziava adesso... Abbiamo percorso 20 km in una strada con
mezzo metro di neve dove passavano solamente alcuni camion
diretti sul Pamir. Quei 20 km gli abbiamo fatti tutti a
fuoco in prima e seconda sperando di non rimanere infossati.
Il differenziale continuava a raschiare sulla neve,
sembravamo un piccolo spazzaneve. A meta' strada abbiamo
incrociato un camion che ha fermato la nostra corsa. Con le
ridotte e un po' di manovre siamo riusciti a rimetterci
sulla pista e raggiungere finalmente la strada decente.
Abbiamo fatto ancora due passi di 3500 metri prima di
raggiungere Osh, la prima citta' kirghisa, la fine del
Pamir.
Ora facciamo riposare un po' il mostriciattolo e poi si
riparte!

Ciao Gente!

Claudio
PATRIZIA (M 41 STRADA DEL PAMIR, 22/02/2007 - 5/03/2007)

Un saluto a tutti!

Bishkek, lunedi' 5 marzo 2007, ore 14.25.
Vi scrivo da uno dei tanti internet cafe' lungo le strade di
questa citta'...

Giovedi' 22 febbraio Zarina, la figlia di Sadullo, ci
riconsegna i nostri passaporti con il permesso per il GBAO,
necessario per percorre la strada del Pamir (la M41 da
Kalaikhum a Karakul), e la registrazione del visto tagiko
fatta presso un albergo invece che all'OVIR, valida solo per
le due notti passate a Dushanbe (andra' bene lo
stesso?!...lo scopriremo in seguito!).
Lo stesso giorno partiamo da Dushanbe diretti a Kalaikhum
sulla strada per il Pamir. La strada gia' dopo non molti
chilometri diventa piena di buche e in molti tratti
sterrata. Dopo un centinaio di chilometri incontriamo un
bivio e senza dare troppa importanza alla stradina minuscola
alla nostra destra proseguiamo dritti. Dopo una 30 di km
vediamo un cartello che indica due citta' che non dovrebbero
essere sulla nostra strada. Abbiamo sbagliato strada.
Torniamo indietro e imbocchiamo la stradina che non avevamo
preso in considerazione. Dopo appena due chilometri entriamo
in una valle piuttosto inquietante, la stradina, che in
alcuni punti sembra franare da un momento al altro nel fiume
in mezzo alla valle, diventa sterrata, piena di neve, piu'
stretta e si inerpica su un lato della montagna. Sono gia'
le sei di sera e sta per diventare buio. Sembra passare una
vita per percorrere 10 chilometri. In mezzo al nulla dopo
una dozzina di chilometri compare davanti ai nostri occhi un
villaggio privo di corrente elettrica.

Cerchiamo ospitalita'. Un uomo di mezza eta' ci fa
accomodare nella sua casa.
Nella stanza ci sono sua moglie ed i suoi cinque
figli. Una stufa, dei tappeti per terra e sulle pareti fanno
d'arredamento. Ci sediamo su dei cuscini per terra e davanti
a noi viene distesa una tovaglia. Ci offrono del te e una
zuppa di riso. Noi mangiamo con il papa', mentre moglie e
figli si siedono in un'altra parte della stanza. Finita la
cena il padre musulmano si mette a pregare in mezzo al caos
che fanno i bimbi. Ci chiedono se siamo sposati, se abbiamo
dei figli e la nostra eta' (domande consuete!). Per loro e'
un onore avere tanti figli e il fatto che noi alla "nostra"
eta' (!!!) non abbiamo ancora figli li lascia un po'
stupiti. Pero' dicendogli che al ritorno in Italia faremo
dei bimbi gli rissoleviamo il morale. Alle nove, dopo aver
fatto i nostri bisogni nella latrina dietro la casa, veniamo
accompagnati in un'altra stanza dove ci hanno preparato il
letto, coperte distese su dei tappeti, e acceso la stufa. Il
mattino alle sette veniamo svegliati dalle voci dei bambini
che giocano fuori. Un bimbo apre la porta della nostra
stanza e resta per un po' fermo incantato sulla porta.La
figlia piu' grande mi da dell'acqua scaldata sulla stufa per
lavarmi le mani e il viso. Poi entriamo in casa dove ci
viene offerta una zuppa e del te' per colazione. Dopo
un'oretta arriva praticamente meta' paese a salutarci. Tutte
le donne vengono verso di me, mi sorridono e mi danno la
mano. Fatte delle foto di gruppo con la polaroid e
ringraziato e salutato per l'ospitalita' ci dirigiamo verso
la Suzukina. Tanti ci seguono fino alla macchina. Con un po'
di magone li salutiamo nuovamente, partiamo e andiamo verso
Kalaikhum.

Dopo nemmeno 10 km, su quella strada apparentemente in mezzo
al nulla, un signore anziano con una lunga barba bianca ed
un bastone ci chiede un passaggio per una ventina di km. Io
mi siedo nel bagagliaio e ripartiamo. Il signore scende
davanti ad una moschea (probabilmente l'unica nella valle) e
ci ringrazia mettendosi una mano sul petto. Lungo le strade
in Tagikistan tanti ci saluteranno tenendo la mano sul petto
e facendoci un cenno col capo. A Tavildara, fatti un'altra
40 di km, scopriamo che il passo Khaburabot (3252 m) e'
chiuso. Si torna indietro fino a Kofarnikhon, un paese 20 km
dopo Dushanbe, da dove e' possibile fare un'altra strada per
arrivare a Kalaikhum.

Sabato 24, dopo aver dormito a Kofarnikhon, in una
"gostinitsa" (hotel) per un euro e mezzo a testa,
ripartiamo. Si prova a fare l'altra strada. Una strada che
inizia con un asfalto impeccabile. Dubitiamo possa essere la
strada giusta. Passiamo da Nurek, Dangara, Kulyab e infine
giungiamo a Shurabad. Qui, in due posti di blocco, prima uno
militare e poi uno della polizia ci controllano i passaporti
e ci registrano (scrivono su dei fantomatici quaderni i
nostri dati). Dopo Shurabad inizia la strada un po'
asfaltata e un po' sterrata che costeggia il confine
afghano. A separare Tagikistan e Afghanistan solo il fiume
Pyanj. Lungo la strada incontriamo pochi villaggi, greggi di
pecore, capre, mucche, cavalli e cartelli di progetti per lo
sviluppo di alcune aree, finanziati da Unione Europea, WWF
ed altri enti. Dopo una trentina di km lungo le sponde del
fiume, sia afghane che tagike, vediamo dei camion
parcheggiati e uomini che portano merce da una sponda
all'altra (chissa' cosa contrabbandano?). Il Tagikistan
meridionale e la regione del Pamir sono aree criciali lungo
le vie del contrabbando di droga attraverso l'Asia Centrale.
Ci sono numerosi posti di blocco e ogni tanto s'incontrano
giovani militari che camminano lungo la strada. Diventa buio
e la strada s'inerpica lungo una stretta valle. Ad un posto
di blocco ci chiedono tre litri di benzina per far
funzionare il loro generatore. Chissa' quanti km dobbiamo
ancora percorrere per arrivare a Kalaikhum?...sulla cartina
non sono segnati e da quelli a cui chiediamo ci vengono date
informazioni troppo differenti! Al nono posto di blocco
della giornata, verso le 8 di sera, ci controllano i
passaporti e mancando la corrente elettrica, Claudio deve
accendere la sua pila per fare luce all'ufficiale che scrive
i nostri dati sui registri. Chiediamo all'ufficiale quanti
chilometri mancano per Kalaikhum e ci viene risposto 65.
Rimaniamo un po' stupiti dalla decisione con cui ci vengono
detti i km. Pensavamo che ne mancassero massimo una
trentina. Un po' sconsolati proseguiamo pensando di fermarci
a dormire prima della nostra meta.
Dopo nemmeno un chilometro inizia una strada di asfalto nero
e liscio, con i marciapiedi (i marciapiedi!!), cartelli
stradali, i catadriotti a lato della strada, il nome di
inizio e fine di ogni paese scritto in tre lingue, muri a
lato della strada per le frane e muretti all'altro lato per
il fiume...sembra un miraggio. All'inizio non ne capiamo il
motivo ma poi guardando l'altra sponda realizziamo: in quel
tratto di Afghanistan i villaggi hanno l'elettricita', non
si sa se creata da generatori o fili della corrente
elettrica ma hanno tanta luce. Non finisco nemmeno di
pronunciare le seguenti parole: "chissa' quanto dura
questa..." - e la strada diventa piena di buche e sterrata -
"...meravigliosa strada?!". Alle 10 di sera arrviamo a
Kalaikhum dove alloggiamo in un affittacamere del MSDSP
(Progetto di sostegno per lo sviluppo delle comunita'
montane, che ha dei programmi per lo sviluppo del turismo
locale).

Domenica mattina (il 25), dopo esserci registrati presso la
stazione di polizia, ci dirigiamo verso Khorog. Lungo tutto
il tragitto della giornata costeggiamo ancora il fiume che
ci divide dall'Afghanistan, dove ci sono villaggi di tanto
in tanto e un sentiero che costeggia tutto il fiume. In
alcuni punti e' scavato nella roccia con sostegni di paglia
e fango. In un tratto vediamo degli afghani che percorrono
il tragitto con un asinello, che viene scaricato dei bagagli
nei punti piu' brutti del sentiero.
A lato della strada fra Kalaikhum e Khorog vediamo spesso
dei cartelli gialli, che con un immagine di una gamba
spezzata e delle scritte in cirillico, segnalano mine
antiuomo nei terreni circostanti la strada. Primi di vederli
pensavo di fare i miei bisogni nel prato. Poi starmene
attaccata alla macchina m'e' sembrata un'idea migliore!

La sera arrivati a Khorog (2100 m) cerchiamo un alloggio che
abbia una doccia calda. La scelta e' forzata...c'e' solo un
alloggio del MSDSP che costa un po' caro rispetto al solito.
Ma abbiamo troppo bisogno di lavarci. Qui c'e' la corrente
elettrica ma alle 9 sotto la doccia scopro che la staccano!
Finisco di lavarmi al buio e torno in camera dove c'e'
Claudio con una lampada a petrolio.

Lunedi' 26 ci svegliamo e sul finestrino della macchina
troviamo una curiosa scritta: "ciao da un altro genovese"
(Oggi abbiamo scoperto che si chiama Fabrizio, lavora in
Asia Centrale ed ora e' anche lui qui a Bishkek, ha mangiato
oggi a pranzo nello stesso posto dove abbiamo mangiato noi
ieri sera ma non l'abbiamo incontrato!). Ci rechiamo presso
l'OVIR di Khorog dove ci viene fatta pagare la registrazione
perche' non abbiamo la registrazione dell'OVIR di Dushanbe
(pensiamo a Zarina!).
Ripartiamo da Khorog e in quattro ore arriviamo a Jelandy.
In questo paese a 3500 metri alloggiamo in un albergo deserto.
C'e' acqua termale e un gatto che gli fa da custode. Entra con
noi in stanza e si fa fare un po' di coccole. Poi si piazza davanti
ad un buco nel muro nel corridoio dove spera esca un topo,
ma probabilmente il topo s'e' gia' trasferito a temperature
piu' miti da tempo! Qui io ho un po' di mal di montagna,
giramento di testa e nausea, ma il mattino sto gia' meglio.
Claudio e' un po' febbricciante lungo tutta la strada del
Pamir, debilitato maggiormente dall'altitudine elevata. La
mattina la Suzukina fa un po' fatica a partire ma poi ce la
fa.

Martedi' 27 nel pomeriggio, dopo un altro controllo
passaporti, arriviamo a Murgab. Qui ci rechiamo all'ONG
Acted (ha un progetto che prevede alloggi presso privati: da
6 a 10 dollari per persona per notte, 1,50 dollari per la
colazione e 2,25 dollari per ogni pasto), che ci trova un
alloggio presso un affittacamere privato. La mattina dopo
scopriamo che nella camera a fianco alla nostra, la sera prima,
sono arrivati due ragazzi francesi. Facciamo colazione con
loro e raccontano che lavorano presso una ONG a Kabul e
trascorreranno sul Pamir dieci giorni di vacanza. Si
riparte! Ci attendono i 4655 metri (il punto piu' alto della
strada del Pamir) del passo Ak-Baital. Prima di salire sul
passo sentiamo un rumore anomalo provenire dalla
Suzukina...s'e' rotto un foglio di una balestra della ruota
anteriore destra. Nel pomeriggio dopo l'ennesimo posto di
controllo passaporti prima di una citta', dove gli ufficiali
volevano vendere a Claudio dei rubini grezzi arriviamo a
Karakul. Questo villaggio che sorge sull'omonimo lago
(immenso e ghiacciato per sette mesi all'anno anche essendo
salato) si trova a quasi
4.000 metri d'altitudine. Vedo per la prima volta gli Yak e
sento il loro particolare verso. Alloggiamo presso un
affittacamere dell'Acted. Qui il padrone di casa ci racconta
che Europei e Americani possono uccidere una pecora di Marco
Polo (hanno delle corna lunghe e particolari e sono
diminuite paurosamente negli ultimi anni) pagando 50.000
dollari e portarsi a casa la testa come souvenir. La sera nella
casa una scena colpisce Claudio: oltre al marito anche la moglie
prega (entrambi musulmani). E' raro vedere una donna
musulmana pregare. Al nostro risveglio il mattino il termometro
segna MENO 23 GRADI. La suzukina fa non poca fatica a partire,
a causa del freddo ma anche della benzina annacquata e con
pochi ottani con cui probabilmente hanno riempito il
serbatoio.

Giovedi' 1 marzo arriviamo alla frontiera tagika. E'
situata a 4.000 metri di altitudine e assomiglia di piu' ad
una baracca che ad una frontiera. Ci accolgono nel loro
"ufficio", dove
c'e' un tavolo, una stufa e le loro brande ber dormire. In
meno di mezzora ci timbrano il passaporto e ci fanno
passare. In tagikistan i poliziotti e i militari ci hanno
fermato 22 volte in 10 giorni!
Ci dirigiamo verso la frontiera kirghisa che dista una
ventina di chilometri.
Arriviamo in dogana e anche qui l'ufficio dove scrivono i
nostri dati sul registro e' una camerata di letti piena di
militari. L'ufficiale kirghiso che dovrebbe apporre il
timbro d'ingresso nel paese sul nostro passaporto ci dice
nieto e areoporto di Osh. Cosi' senza un timbro e nessuna
dichiarazione per la macchina oltrepassiamo la frontiera. La
strada dal confine a Sary-Tash (20 km dopo) e' una pista di
neve dove procedendo a tutto gas speriamo di non rimanere
bloccati. Ci fermiamo solo per far passare un camion che
proveniva nella nostra direzione. Da Sary-Tash a Osh (circa
190 km) la strada e' un disastro...buche, asfalto rotto e
tratti di sterrato. Solo alcuni tratti di strada ci danno un
po' di sollievo.

Arriviamo a Osh in serata, cerchiamo un albergo, un cambia
valute per cambiare i somoni tagiki in som kirghisi e ci
rifocilliamo in un cafe'. Il mattino dopo (2 marzo) ci
rechiamo all'OVIR dove chiediamo per il timbro d'ingresso e
ci dicono che non c'e' nessun problema. Strano! Il giorno
dopo prima di partire per Bishkek ci rechiamo all'areoporto
di Osh, come consigliato dall'ufficiale in frontiera, ma
quando allo sportello "INFORMAZIONI" dell'areoporto ci viene
detto: "nieto information" ce ne andiamo. Proveremo a
risolvere il problema a Bishkek.

In due giorni (il 4 marzo) arriviamo a Bishkek. Troviamo
alloggio vicino al centro con il parcheggio per la Suzukina.
La sera decidiamo di andare a mangiare della pasta in un
ristorante italiano (basta carne e ravioli di capra e
cipolla!). Qui conosciamo Walter (il padrone del locale) e
Domenico. Ci raccontano un sacco di cose sul Kirghizistan e
passiamo con loro una piacevole serata. Walter se avremo dei
problemi ci potra' aiutare in frontiera per il timbro
d'ingresso che non ci hanno impresso sul passaporto.

Domattina partiamo da Bishkek diretti al lago Issyk-Kul...
Buon viaggio, a presto...

Patrizia