PATRIZIA (CAMBOGIA, 18/08/2007 - 29/08/2007)
Ciao a tutti...
Vi scrivo da Phnom Penh, capitale cambogiana, e' un
pomeriggio molto caldo ma il ventilatore alla parete da un
po' di sollievo!
Ritorniamo al 18 agosto...
Siamo a Saigon, il visto vietnamita e' valido ancora due
giorni, fino al 20 agosto, poi dobbiamo entrare in Cambogia.
Vorremo fermarci qulache giorno in piu' qui a Saigon.
Entrimao in un' agenzia per chiedere se si puo' estendere il
visto per pochi giorni ma l' estensione minima si puo' fare
solo per un mese e costa 25 dollari americani. Decidiamo di
non fare l' estensione e di ripartire líndomani verso il
confine cambogiano. Nel pomeriggio visitiamo il museo "Resti
di Guerra" (una volta chiamato "Crimini di guerra americani"
durente la guerra del Vietnam). Il museo e' toccante e
brutale per le foto e gli oggetti che ci sono esposti. E'
stato aperto nel settembre del 1975, pochi mesi dopo la fine
della guerra. Nel cortile sono esposti i mezzi americani
recuperati dopo la fine della guerra: caccia bombardieri, un
elicottero, carri armati, mitragliatrici, bombe ed i loro
effetti sulle persone. Ci sono poi tre sale che si
susseguono dove nella prima vengono mostrate con foto e
documenti le cause e il processo della guerra aggressiva.
Nella seconda ci sono foto scattate da reporter uccisi
durante la guerra. Foto di bambini, foto di guerriglieri,
foto di soldati americani, foto di sguardi terrorizzati,
foto di prigionieri, foto di una guerra...
Nella terza sala...i crimini commessi, sugli uomini, la
natura e l' ambiente. I numeri: 3.000.000 di vittime,
2.000.000 di feriti, 300.000 di dispersi. Ci sono le foto di
bambini, donne, uomini rimasti o nati con delle deformazioni
a causa delle armi chimiche. Tre bambini malformati dentro
un liquido morti appena nati. Foto di soldati americani con
il sorriso mentre mostrano al fotografo la testa sgozzata di
un uomo che hanno ucciso, un corpo di un vietnamita legato
nudo ad un carro, sguardi di donne e uomini con una pistola
puntata alla testa, le torture fatte sugli uomini. Le armi
usate dai soldati americani. Foto delle deformazioni che
hanno casuato le armi chimiche sui nati durante la guerra.
Un ragazzo senza braccia, un altro senza le gambe, un bimbo
di pochi mesi senza un braccio e tante altre foto, volti,
sorrisi e occhi che stanno per piangere...
In un'altra sala ci sono delle foto del dopo-guerra. In un
altro spazio del cortile e'stato ricreato il sistema di
prigionia usato e foto e rappresentazioni con le torture che
venivano fatte ai prigionieri: acqua nello stomaco, piume
sotto le unghie...
L' ultima sala e' dedicata al supporto internazionale alle
persone vietnamite durante la guerra, uno striscione
italiano cita: "il Vietnam e' la nostra coscienza". Ci sono
disegni di bambini, striscioni e foto di manifestazioni da
tutto il mondo. Due foto di due ragazzi americani che si
sono bruciati per manifestare contro la guerra del Vietnam.
Hanno fatto molto.
IL VIETNAM E' LA NOSTRA COSCIENZA (e passati piu' di 30 anni
non solo il Vietnam)...
19 agosto. Ripartiamo da Saigon oggi, domani ci scade il
visto, cosi' ci fermiamo prima della frontiera per la notte.
Durante la giornata due acquazzoni ci lavano per benino. Ci
fermiamo a Gao Dau, 10 chilometri prima del confine.
20 agosto. Alzati di buon ora in mezzoretta arriviamo alla
frontiera. Cambiamo i Dong (moneta vietnamita) che ci
rimangono in Riel (moneta cambogiana) e Dollari Americani,
sono usati sia i dollari che i Riel in territorio
cambogiano. Pensiamo di doverci passare tanto tempo ed
invece in mezzora siamo in Cambogia. La frontiera e'stata
appena rifatta. Un complesso super moderno. Forse troppo. Si
vedono ufficiali che sono letteralmente seduti su una
panchina a "leggere il giornale"! In Cambogia, appena
passata la frontiera e'pieno di hotel e guesthouse appena
costruiti. Dopo una decina di chilometri si entra nella vera
Cambogia. Bosco, campi, palme qua e la', tanto tanto verde e
buoi e mucche. Qualche casa ogni tanto, tipo palafitte di
legno o cemento. Qui la Cambogia e' molto piatta. Non si
sale molto dal livello del mare. Arriviamo in poche ore a
Svay Rieng dove ci fermiamo a pranzo ed anche a dormire.
21 agosto. Il vento e' sempre contro. La prendiamo con
filosofia e pedaliamo! Dopo una 60 di chilometri da Svay
Rieng la strada termina e c' é un traghetto che porta
dall' altra parte del fiume motorini, bici, auto, pullman e
camion. Saliamo anche noi ed in diecvi minuti scendiamo
sull' altra sponda. Da qui la strada e' per alcuni pezzi
sterrata e per altri con asfalto appena gettato. Dopo 125
chilometri intorno alle 17.30 arriviamo a Phnom Penh. Al
primo tentativo di ricerca di un posto per dormire ci
fermiamo. E' una guesthouse molto carina, i propietari sono
molto gentili e c'e' lo spazio per le biciclette.
22 agosto. Beh non c'e' molto da raccontare...si puo'
riassumere tutto in una parola...riposo!!
23 agosto. Ore 8.00 ci incontriamo in una guesthouse per
colazione con Lucia. Un' amica italiana che lavora presso
una ONG. E' una scuola dove alcuni ragazzi imparano il
mestiere dell' orafo e lavorando l' argento creano opere
d'arte. In mattinata visitiamo la scuola. Orecchini,
braccialetti, collane e anelli creati con argento, l'ottone
recuperato dalle mine anti-uomo, seta e smalti.
Incontriamo Uattana, figlio di Lucia e dopo il pranzo in un
ristorante Khmer (cambogiano) passiamo la giornata con lui.
Che bimbo (ragazzino ormai, ha 12 anni!) pieno di energia.
Molto solare ed educato. Giochiamo a biliardo, ping pong e
anche a qualche videogame in una sala giochi in un centro
commerciale. Qui Uattana, cambogiano di nascita, vedendo
degli ufficiali ad un ingresso ci dice che e' meglio entrare
dall'altra parte. Ci spiega il perche'. La polizia spesso
chiede i documenti a occidentali che vede con bambini
cambogiani. La prostituzione minorile da questi parti e' un
problema molto grosso. E' proibita e punita ma cresce sempre
di piu'.
Prima di cena prendiamo una motoretta, l'autista, Uattana
davanti ed io e Claudio dietro e andiamo in un ristorante
dove Lucia ci attende per cenare. E' un ristorante dove i
ragazzi che servono e cucinano vanno a "scuola" presso un
ONG francese (che ha aperto questo ristorante) dove imparano
l' arte del mestiere. Il cibo e' favoloso. Occidentale e
Khmer. A cena con noi ci sono anche Igino, papa' di Uattana,
e un gruppo di italiani. Dopo cena arriaviamo in guesthouse
abbastanza cotti. Appena toccato il letto ci addormentiamo
come due ghiri.
24 agosto. Abbiamo appuntamento con Lucia per visitare Tuol
Sleng (o Security Prison 21), la scuola trasformata in
carcere, da Pol Pot durante la sua dittatura (1975-1979). Il
piu'grande luogo di prigionia e torura del paese. Salito al
potere Pol Pot, gli stranieri che vivevano in Cambogia sono
fuggiti dal paese vedendo cio' che stava succedendo. Il
disinteresse dell'Occidente, da noi non se ne e' parlato. In
quattro anni sono morti piu' di due milioni di persone per
la follia di un pazzo. Lucia ci fa da guida. Le persone
imprigionate, erano imprigionate per motivi futili, di
tradimento a non si sa cosa. A volte erano fratelli a
denunciarsi fra di loro o figli che denunciavo genitori. Chi
eseguiva le torure spesso diventava la vittima dopo qualche
mese. Denunciato da un altro "macellaio". Le sale dove
venivano torturati erano le classi della scuola. Le persone
venivano "catalogate", "numerate" prima e dopo le torure. Ci
sono foto di volti, persone prima e dopo. Dopo persone
ridotte all'osso. Sguardi di disperazione, di occhi che
stanno per piangere, che non sanno se sperare ancora. Nel
cortile e' esposto un regolamento per chi era nel carcere.
Regole assurde. In un'altra ala della scuola le classi sono
stae trasformate in celle. Al piano terra loculi costruiti
in muratura e al piano superiore in legno. Una persona non
poteva nemmeno farla finita. Lungo tutta la parete con i
balconi e le finestre era stato messo tutto il filo spi
anto. Non ci si poteva buttare di sotto. In un'altra ala
tenevano l' "amministrazione". A volte piu' di cento persone
al giorno venivano uccise. Nel carcere ci sono delle mappe
che spiegano il piano di Pol Pot: riportare le persone nelle
zone rurali e la disgregazione delle famiglie. I corpi delle
persone venivano buttati in fosse comuni a pochi chilometri
da Phnom Penh. In quegli anni e' stato minato tutto il
territorio cambogiano. Le persone ne fanno le spese a
tutt'oggi.
Dopo la visita del carcere ci incontriamo con Uattana. Noi
prendiamo le nostre biciclette e lui ne affita una. Andiamo
all'ísola della seta. Dieci chilometri da Phnom Penh al
traghetto e poi arriviamo sull'isola. Un posto selvaggio e
affascinante pedaliamo in mezzo al fango e alla terra. Le
bici sono un po' zozze e noi pure ma ci siamo divertiti! Per
pranzo abbiamo dei panini che ci fermiamo a mangiare su un
tavolo sotto una tettoia trovato miracolosamente! A volte la
provvidenza! Rientrati in citta' ci fermiamo in un
auto-lavaggio a lavare le biciclette. Sono troppo zozze. Se
gli riportiamo quella di uattana cosi'a quella che ce l'ha
affittata non ci rida' il deposito!!
Torniamo in guesthouse un po' cotti e infangati ma con il
sorriso.
25 agosto. Dormiamo fino a mezzogiorno...come eravamo cotti!
Nel pomeriggio facciamo qualche commissione per la bici. La
sera ci vediamo a cena con Lucia, Igino e Uattana. Lunedi'
Igino e Uattana partono per l'Italia cosi' li salutiamo.
26 agosto. Comprato uno zainetto e lasciato i bagagli in
guesthouse, affittiamo una moto da cross 250cc. Andiamo
verso sud qualche giorno. Visitiamo Kep. Un villagio a sud
sull'Oceano dove i francesi venivano a fare le vacanze prima
di Pol Pot. Il posto e' molto bello. Oceano, spiaggia e
pochi turisti. I resti delle case francesi fatte bruciare da
Pol Pot. Ci dirigiamo verso Kampot. Dove ci fermiamo per la
notte.
27 agosto. In meno di due ore percorriamo i 100 chilometri
che separano Kampot da Sihanoukville. E' pieno di guesthouse
e hotel. Troppo turistico ma una spiaggia fantastica!
Pranziamo sulla spiaggia e dopo un bel bagno nell'Oceano
ritorniamo in guesthouse. Prima di cena inizia a piovere ma
quando usciamo smette. Ceniamo sulla spiaggia...sembra di
essere in un posto da sogno. Peccato solo i troppi turisti.
28 agosto. Si riparte verso Phnom Penh. Piove e anche con
delle mantelline per la pioggia ci laviamo le gambe. Quando
smette di piovere qua e la' si vede qualche nuvola nera e la
pioggia che scende ma tu non ti bagni (sembra come nei
fumetti quando c'e' la nuvola nera sulla testa di
qualcuno...beh non proprio cosi'!). Ad un certo punto dietro
la pioggia vediamo qualcosa di grosso. Un elefante...un
vietnamita con i suoi bagagli e' seduto in cima ad un
elefante che silenzioso e lentissimo avanza con i suoi
zamponi sull'asfalto. Com'e' grande e pacato. La proboscide
e' cosi' lunga che striscia quasi per terra. Lungo la strada
si vedono un sacco di persone che dormono sulle amache ed i
bambini vengono cullati dentro le amache, a volte le mamme
gli fanno fare quasi il giro della morte per cullarli!
Arriviamo a Phnom Penh nel tardo pomeriggio. Consegnamo la
moto e andiamo in guesthouse.
29 agosto. Stamattina abbiamo fatto un po' di commissioni ed
ora eccoci qua ad internet. Domani o dopo ripartiamo.
Andiamo verso Siem Riep e poi la Thailandia.
A presto cari,
Patrizia
No comments:
Post a Comment